Neutrini e fusione nucleare nelle stelle

(Di G. Giammarchi) - Tutti sappiamo che il calore generato dal Sole proviene dalle reazioni nucleari che hanno luogo al suo interno.
Fu Hans Bethe, nel 1938, il primo a formulare una ipotesi concreta sulla forma di questi processi. Secondo questa ipotesi, poi rivelatasi corretta, una stella trasforma idrogeno in elio realizzando quindi la fusione nucleare grazie all'elevatissima temperatura delle sue regioni centrali (decine di milioni di gradi). Le reazioni possibili sono essenzialmente di due tipi; una serie di reazioni del cosiddetto ciclo protone-protone (ciclo pp) e un'altra serie nella quale la trasformazione di protoni in elio viene assistita dalla presenza di elementi pesanti (il ciclo CNO, Carbonio, Azoto, Ossigeno individuato da Bethe e anche da Karl von Weiszacker).

Per una stella delle caratteristiche del nostro Sole, con una temperatura centrale di circa 15 milioni di gradi, la maggioranza dell'energia (il 99%) viene prodotta nel corso del ciclo pp. Tuttavia i due cicli hanno dipendenze molto diverse dalla temperatura, ed a 20 milioni di gradi il ciclo dominante - caratteristico di stelle piu' pesanti - e' proprio il ciclo CNO.

Mentre da un lato conosciamo ormai bene la forma di questi cicli e comprendiamo bene il funzionamento delle stelle, l'evidenza sperimentale diretta delle reazioni nucleari al centro del Sole e' estremamente difficile da conseguire. L'energia prodotta nelle zone centrali - le uniche dove la fusione puo' avvenire - viene trasportata (radiativamente o per convezione) verso gli strati superficiali. Il tempo tipico necessario per tale trasporto di energia - dal centro alla superficie - e' dell'ordine di duecentomila anni. Una volta arrivata in superficie, l'energia radiante (fotoni) raggiunge quindi la Terra e gli altri pianeti del sistema solare. Quindi del Sole noi conosciamo principalmente la sua superficie, che si trova ad una temperatura di "soli" 5800 gradi.

Come avere informazioni dirette sul funzionamento del centro del Sole? La risposta a questa domanda si puo' trovare facendo l'osservazione cruciale che nelle reazioni nucleari al centro del Sole vengono emessi neutrini.  Ed i neutrini - contrariamente ai fotoni - non vengono assorbiti e poi riemessi per arrivare in superficie dopo molto tempo. I neutrini, quasi indifferenti alla materia, lasciano il centro del Sole, ne attraversano la massa come se non esistesse e 8 minuti dopo si presentano come nulla fosse sulla superficie del nostro pianeta.

Furono Ray Davis e John Bahcall - negli anni 60 - i primi a credere nella possibilita' di rivelare i netrini dal Sole e a pensare alla costruzione di un rivelatore dedicato. Un rivelatore che - situato sulla Terra - sarebbe stato sensibile a quello che avveniva al centro del Sole. Per comprendere l'audacia dell'idea di Davis e Bahcall bisogna ricordare che erano passati appena dieci anni da quando i neutrini stessi erano stati osservati sperimentalmente. La loro idea fu talmente innovativa che l'esperimento - effettivamente realizzato in una miniera in South Dakota - fu l'unico a osservare neutrini solari per oltre vent'anni.

L'esperimento di Davis e' stato il primo esempio di un "Telescopio a Neutrini", un osservatorio per misurare neutrini da sorgenti cosmiche. Insieme all'Eliosismologia lo studio dei neutrini e' l'unica possibilita' che abbiamo di "osservare" in modo diretto l'interno del Sole. E diversamente dall'Eliosismologia, la capacita' di penetrazione dei neutrini si mantiene inalterata fino a sondare proprio il centro della stella.

L'esperimento di Davis fu un'impresa di grandissimo successo, seguita da altri esperimenti di simile concezione, come Kamiokande, GALLEX, Superkamiokande, Kamland, SNO, GNO. Il lavoro di questi esperimenti fu fondamentale per conseguire una delle piu' grandi scoperte del secolo scorso: l'oscillazione (e la massa) del neutrino. Ray Davis ricevette il Premio Nobel per la Fisica nel 2002 per il suo contributo pioneristico alla fisica dei neutrini solari.

Nel 2007 entro' in funzione un nuovo esperimento sui neutrini solari: Borexino al Laboratorio del Gran Sasso. Borexino, originariamente proposto dalla mente geniale di Raju Raghavan (allora ai Bell Labs) e frutto di oltre un decennio di ricerca e sviluppo condotta in gran parte in Italia, si propone di affrontare la problematica dei neutrini con uno strumento speciale: l'eccezionale radiopurezza del suo scintillatore. Grazie a questa purezza, il fondo radioattivo (che ostacola la rivelazione dei neutrini) e' molto inferiore a quello degli altri rivelatori. Di conseguenza la soglia energetica in Borexino (200 keV) e' sensibilmente minore della soglia degli altri esperimenti (5 MeV) permettendo cosi' di osservare una grande parte del flusso solare, che e' concentrata proprio in quella regione energetica.

La serie dei successi di Borexino e' considerevole: non appena acceso il rivelatore fu in grado di misurare la componente del Be-7 dei neutrini solari, mai osservata in precedenza in modo diretto. Questa osservazione fu poi seguita da imporanti miglioramenti nell'accuratezza della stessa, dalla prima osservazione diretta dei neutrini solari dalla reazione del B-8 al di sotto di 5 MeV e dalla prima osservazione al Gran Sasso dei geoneutrini (neutrini prodotti dalla radioattivita' terrestre). Le misure di oscillazione di Borexino hanno permesso di stabilire in modo definitivo la transizione tra "regime di vuoto" e "regime MSW" delle oscillazioni dei neutrini solari.

L'ultima misura di Borexino, quella appena pubblicata, e' particolarmente importante perche' si riferisce a una componente del ciclo pp mai misurata in precedenza. Questa reazione e' la cosiddetta reazione "pep", una reazione che sta all'inizio del ciclo pp e che consiste nella fusione termonucleare a tre corpi, due protoni e un elettrone. Questo processo, che e' molto rara, si trova proprio all'inizio della catena di reazioni del ciclo pep ed e' quindi correlata in modo diretto con la luminosita' del Sole, andando a quantificare la reazione iniziale del ciclo energetico. Ed e' la prima volta che viene misurata direttamente una delle reazioni di partenza del ciclo di una stella. Il risultato della misura e' peraltro in accordo sia con i modelli solari (dei quali proprio John Bahcall fu il maggiore artefice) che con il meccanismo di oscillazione dei neutrini.

Da notare infine che queste misure si riferiscono tutte ancora a reazioni facenti parte del ciclo pp. Ma cosa dire del ciclo CNO? Al momento su questa componente abbiamo solo un limite superiore, sempre dovuto a Borexino. Tuttavia nel futuro dell'esperimento esiste una possibilita' molto interessante: quella di migliorare ancora la radiopurezza dello scintillatore. Se questo sara' possibile forse si apriranno le porte di una impresa ancora piu' importante: la prima rivelazione diretta del ciclo CNO in una stella.

Borexino, vale la pena ricordarlo, e' una collaborazione internazionale con un importante contributo dell'Infn, guidata dal Prof. Bellini dell'Universita' di Milano. Tra le fila della collaborazione e in particolare nel Gruppo di Milano troviamo molti membri del nostro istituto come Emanuela Meroni, Gioacchino Ranucci, Barbara Caccianiga, Davide d'Angelo, Lino Miramonti, Paolo Lombardi, Livia Ludhova. E infine...anche l'autore del presente articolo, scritto proprio della sala controllo di Borexino nella Hall C del Gran Sasso. In un certo senso, una caverna sotterranea in diretta comunicazione con il centro del Sole, grazie alla magia dei neutrini.

Marco G. Giammarchi



Condividi

    



Commenta L'Articolo