La disfatta di Filetto dell’Aquila 1944 - La nostra storia –

La disfatta di Filetto dell’Aquila 1944

(Tedeschi-Partigiani-Fascisti) - La nostra storia –

SECONDA GUERRA MONDIALE                                                                           

 - di Giovanni Altobelli -

 

 Premessa. Prima di raccontare la “Disfatta di Filetto” piccolo paese alle falde del Gran Sasso d’Italia-L’Aquila. Bisogna rifare brevemente la storia del 900 delle due guerre, dall’espansionismo  dell’impero  “Austro-Ungarico” alla Seconda Guerra Mondiale.  L’attentato di Sarajevo del 28 luglio 1914 dove venne ucciso l’arciduca Francesco Ferdinando, “d’Austria-Ungheria” da parte dell’anarchico serbo “Gravril Princip”.  L’Austria dichiara guerra alla Serbia e di conseguenza scoppia la Prima Guerra Mondiale 1915/1918. Finita la prima guerra mondiale la Germania con il Nazionalsocialismo dal 1933/1945 partorisce il Nazismo, in Italia dopo gli anni 20 nasce il Fascismo con Benito Mussolini.. Seconda Guerra Mondiale. Il 1 settembre 1939 con l’invasione della Polonia da parte dell’esercito tedesco scoppia la Seconda Guerra Mondiale.  Si costituisce con il nazifascismo l’asse ( Roma-Berlino).  L’Italia fascista con Benito Mussolini entra in guerra a fianco della Germania il 10 giugno 1940. Le truppe italiane e tedesche operano unite nei vari fronti: (fronte russo –fronte greco albanese  nei Balcani e  in Nord-Africa) contro gli alleati”. Mentre gli stati europei vengono invasi con prepotenza  dall’esercito tedesco, capeggiati dal loro dittatore nazista Adolf Hitler insieme a i suoi gerarchi. La guerra continua con devastazione e morti.  Per l’Italia le cose si stavano mettendo male.  Quando accadde improvvisamente  l’8 settembre 1943 la firma dell’armistizio in quanto l’Italia doveva cessare le ostilità contro gli alleati Anglo-Americani. Con l’armistizio l’Italia non è più a fianco della Germania. L’Italia viene interamente invasa dall’esercito tedesco ed ha inizio la resistenza contro il nazifascismo. La guerra in 5 lunghi anni provocò circa 25 milioni di morti di soldati e 24 milioni di morti di civili. Nelle nostre parti dell’aquilano e paesi limitrofi e in montagna, dopo l’armistizio avvennero una serie di atti bellici. In questa  narrazione cerco di ripercorrere alcuni avvenimenti della guerra di provincia e di alcuni fatti avvenuti  a Filetto e nelle sue montagne.  La mattina del 25 settembre 1943, una vasta operazione di soldati tedeschi nella montagna di Filetto a caccia di soldati inglesi e partigiani. Vengono fermati cinque giovani di Filetto sotto la montagna di Monte Ruzza “Dino Donati,  Antonio Cupillari, Leardino Massaro, Pietro Battistella e Franco Gambacurta”.  Il giovane sedicenne Franco Gambacurta venne giustiziato, accusato dai tedeschi di aver ucciso un soldato tedesco. Fu una falsa accusa in quando il soldato tedesco  venne ucciso erroneamente da fuoco amico” cioè da un altro commilitone che aveva scambiato per un soldato inglese in fuga. Altro fatto da ricordare: “L’Assassinio di Ester Sebastiani”.  Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, le forze alleate “Anglo-Americane” avevano nella nostra zona paracadutati diversi soldati inglesi, che si nascondevano per fuggire alla caccia dei soldati tedeschi.  Ester Sebastiani nato a Tempera (AQ) il 3.11.1893,  sposato con Elisabetta Capannolo di S. Giacomo (AQ), aveva tre figli: “Maria, Antonina  e Filippo”.  Ester Sebastiani nella sua vita si dedicava alla famiglia, mentre il fratello era stato inviato al fronte della Prima Guerra mondiale. Nella zona di Sant’Antimo a nord di Tempera dove erano stati paracadutati diversi soldati inglesi, i quali si rifugiavano nei boschi e nelle grotte delle vicinanze, ma ogni tanto si avvicinavano all’antico casolare di Ester Sebastiani per chiedere un pezzo di pane e formaggio e acqua. Dalle ricostruzioni storiche risulta che fu vittima delle barbarie tedesche  per aversi rifiutato di fornire dove erano nascosti sei soldati inglesi. Esterino Sebastiani all’epoca aveva  61 anni, conduceva una vita normale, secondo i tedeschi il Sebastiani aveva ospitato e nascosto i soldati inglesi nel suo casolare di Sant’Antimo di Tempera. Dalle ricostruzioni storiche sembra che la segnalazione ai tedeschi era stata fatta dalle “Spie Fasciste” al servizio del Regime e dei tedeschi. Tali spie avevano un compenso dai tedeschi di lire 1500 a prigioniero inglese.  Vendette Partigiane.  Fra la fine del 1943/44 la guerra continuava, nelle nostre zone da una parte c’erano i soldati tedeschi, da un’altra le piccole formazioni partigiane e dall’altra parte i fascisti che sostenevano il regime. Nel comprensorio dell’aquilano operavano alcune formazioni partigiane riconosciute dal “Comitato Nazionale di Liberazione” Da alcuni mesi dopo l’uccisione di “Ester Sebastiani” da parte dei soldati tedeschi, alcuni gruppi di partigiani volevano eliminare i “delatori fascisti” che si erano resi responsabili  in precedenza delle sopraffazioni e delle segnalazioni  dove erano stati nascosti i soldati inglesi. Le operazioni di morte avvennero il primo maggio 1944 di mattina presto. Pare che sia stata un’operazione congiunta con due gruppi di partigiani.  La prima azione compiuta dai partigiani fu a carico di un cittadino della frazione di Camarda (AQ).  Fu preso di mira Ermanno Innocenti nato a Camarda il 2 maggio 1891, figlio di Giocondo e Filomena Carrozzi, abitava in Via del Treo al centro del paese dove gestiva una cantina-tabaccheria con la sorella. Ermanno Innocenzi non era sposato ed era Vice Brigadiere e istruttore della Guardia Nazionale Repubblicana della 130esima Legione a L’Aquila. Inoltre addestrava presso il Municipio i giovani camardesi simpatizzanti del fascismo. Secondo alcuni era “Un Buon uomo, apposto e pieno di onestà”.  Dagli oppositori era considerato “Un fanatico della divisa e un servo del regime”. La mattina del primo maggio venne sequestrato lungo la S.S. 17 bis dopo la chiesa della Madonna di Valleverde. Dopo il sequestro, venne portato a “Piani di Fugno” prima affocato nel lago, poi ucciso a bastonate e lasciato in un solco di un terreno  sotto il casolare di Antonio Palumbo. La salma di Ermanno Innocenzi dopo le indagini giudiziarie, venne riportata e sepolta nel piccolo cimitero di Filetto “lato sinistro”. Qui finisce la storia di Ermanno Innocenzi che pur stando dall’altra parte sbagliata credeva nei suoi ideali in quel momento storico della guerra.  La seconda azione fu nei confronti di Augusto Rossi, nato il 5.09.1902 abitava a Paganica in Via della Concia, sposato con Concetta Iovanitti e padre di sette figli. Ecco cosa riferisce Maria Laura Rossi classe 1940, l’ultima dei sette figli: “Mio padre Augusto Rossi apparteneva alla M.V.S.N. (Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale) dal 1923 e successivamente a seguito della riforma dello stesso corpo transitò nella Milizia Nazionale della Strada in quanto prestava servizio in qualità di cantoniere nella provincia di Campobasso, per poi finire dopo l’8 settembre del 1943 nella Guardia Nazionale Repubblicana. Corpo nato con la Repubblica si Salò ed operante insieme ai tedeschi, come disposto dal trattato di nascita della Repubblica di Salò. Il primo maggio 1944, mio padre 42enne Augusto Rossi della G.N.R. Paganichese facente capo della 130esima Legione L’Aquila, uscito presto la mattina, venne attirato forse con un tranello nella strada che da Paganica porta a Camarda, dopo una centinaia di metri dalla chiesa della Madonna d’Appari;  nascosti e ben appostati , sbucarono dai cespugli alcuni partigiani che volevano vendicarsi verso i compiti istituzionali  che mio padre svolgeva cioè segnalare “P.O.W, SBANDATI E PARTIGIANI”. “Compito molto rischioso e difficile visto lo scenario del momento; sia mio padre Augusto Rossi che Ermanno Innocenzi erano operatori convinti di svolgere fino in fondo il compito per cui erano pagati e nel quale credevano, pagando a proprie spese, con la loro vita gli errori e le conseguenze che fecero della guerra civile”.  I partigiani aquilani e qualcuno anche di Paganica da tempo avevano preso di mira mio padre perché accusato di aver segnalato e fatto catturare alcuni prigionieri inglesi nella zona di Sant’Antimo a nord di Tempera come già riportato e scritto: “Dalle testimonianze della Guerra di Provincia” in cui si legge: “Siamo ai primi mesi di primavera del 1944; mentre in montagna si nascondevano i partigiani su Monte Archetto, la banda Campo Imperatore, a L’Aquila o nei paesi limitrofi pianificava come giustiziare “i fascisti”.  IL SEQUESTRO. Sempre la mattina del primo maggio i partigiani sequestrato Augusto Rossi si diressero verso Camarda iniziando lungo la strada sterrata verso Filetto, alla parte sud del paese verso le ore 7, incontrarono il filettese Zelindo Marcocci reduce della guerra del fronte “Greco-Albanese” dove  gli era stato amputato un braccio durante la guerra. Augusto Rossi insieme ai partigiani alla vista di  Zelindo in quando si conoscevano da tempo gli rivolse queste parole: “Zelì solo tu mi puoi salvare, ma  uno dei quattro partigiani rispose a Zelindo, forse quello che comandava il gruppo”:  “vai per  i fatti tuoi che già ti sei guadagnato  l’onore in guerra”.  Un’altra donna del paese dopo 100 metri vicino una stalla incontra i cinque uomini a piedi, ignara chi fossero e dove andassero, forse in montagna. Passato il paese il gruppetto si avvia per la mulattiera in direzione di “Piani di Fugno”.  A Fonte Bella vengono fatte al sequestrato le prime vessazioni nel pilone, trattamento uguale a quello di Ermanno Innocenzi. Arrivati vicino il lago fu torturato,  poi portato a 500 metri dopo in località “Macchia Martinella” li venne ucciso e sepolto in un fosso di patate vuoto e rincalzato. Il corpo secondo il racconto della figlia Laura Rossi non fu mai trovato immediatamente, ma solo alcuni anni dopo. I resti vennero provvisoriamente portati nell’ossario del cimitero di Filetto, nel 1957 dopo 13 anni furono restituiti alla nostra famiglia”.  (N.d.A). “Sicuramente quest’uomo era una persona normale come tanti altri, quella fu la sua scelta di vita,  ubbidire a quello che gli era stato imposto dal regime, oltre che doveva sfamare anche i sette figli. Quindi questi tragici fatti in quel periodo storico spesso hanno fomentato odio e violenza dall’una e l’altra parte. Gli avvenimenti della guerra non possono essere mai contestati, ma le future generazioni non dovranno mai dimenticare di ciò che è stato il conflitto della Seconda Guerra Mondiale. Guerre o fatti analoghi non dovranno mai essere ripetuti”. LA DISFATTA DI FILETTO.  La guerra provocata in tutta Europa, dopo la metà del maggio 1944 lentamente si avvia alla conclusione. Le truppe tedesche del fronte “Castel di Sangro – Cassino” si preparano man mano al rientro verso la direzione Pescara-Bologna per il ritorno in Germania. Ma nella zona fra L’Aquila – Paganica – Onna ancora c’erano concentramenti di distaccamenti militari di fanteria di soldati tedeschi. Le bande locali di fascisti di Paganica e L’Aquila avevano informato il comando tedesco che nella frazione di Filetto e  in montagna si annidavano bande di partigiani e soldati inglesi nascosti nelle innumerevoli grotte e nei boschi. Furono inviati a Filetto dopo i primi di maggio del 1944 quattro militari e un maresciallo che formavano un piccolo presidio di fanteria. Alloggiavano all’antico palazzo “Facchinei” in Via Romana. Li erano ammassati vettovagliamenti, armi e munizioni e refurtive varie. Il comando della piccola guarnigione si trovava in fondo alla medesima strada in casa di “Mariano Moro” dove era installata una radio-trasmittente e una stazione telefonica. di fanteria. La presenza di militari tedeschi a Filetto.  I mezzi militari da trasporto erano piazzati all’aia di sopra in mezzo a folti olmi dietro un  pagliaio per non essere avvistati dagli alleati.   I tedeschi dovevano contrastare le azioni partigiane, arrestare i soldati inglesi  nascosti dalla stessa popolazione di Filetto e rastrellare il più possibile viveri e derrate alimentari. La piccola formazione di soldati tedeschi rivendeva merci ai cittadini in cambio di prosciutto, salame, formaggio, pane e vino.  I tedeschi sempre secondo testimonianze dei sopravvissuti, avevano istaurato un buon rapporto con la popolazione. Durante la vendita di una macchina da scrivere da parte dei tedeschi, sorse una accesa lite fra due cittadini di Filetto “Mariano Morelli e Antonio Palumbo”, qualche altro vecchio mi riferisce che la voleva  anche il giovane studente liceale “Angelo Cupillari”. Comunque ognuno di questi pretendeva di acquistare la macchina da scrivere,  ma alla fine venne acquistata dal Morelli in quanto giustificava l’esigenza di essere commerciante in quanto gli serviva per il suo lavoro. Quindi è da ritenersi che non fu il fatto della macchina da scrivere a scaturire poi la rappresaglia.  Inoltre, da quando appresso sempre dai vecchi filettesi,  la buona convivenza fra cittadini e soldati tedeschi in quel momento avevano capito che a Filetto sembrava che non c’erano ne partigiani e ne soldati inglesi. Ma in quei giorni pare che serpeggiava alla mente di qualche filettese che i soldati tedeschi prima di partire, erano pronti a portare via il bestiame e gli approvvigionamenti di alimentari accumulati nelle loro cantine.  Si racconta inoltre di un fatto eclatante successo nei primi giorni di giugno del 44, una giovinetta ventenne del paese fu stuprata da un militare tedesco in una stalla di Via Romana nelle vicinanze del palazzo Facchinei dove alloggiavano i militari.  Altro fatto da non dimenticare che durante la permanenza dei soldati tedeschi a Filetto, alcune e brave donne di Filetto di animo buono: “Antonietta Cupillari classe 1912 e Marietta Orsatti classe 1907” nascosero nelle lunghe grotte sotto le case del paese diversi soldati inglesi, portandogli cibo e acqua, per evitare la cattura al nemico. Alla fine della guerra il Maresciallo Britannico Comandante Superiore delle Forze Armate del Mediterraneo, rilasciò alle due donne un certificato di riconoscimento di benevolenza. LETTERA AI PARTIGIANI DI MONTE ARCHETTO. Come già accennato prima fra il giorno 5-6  giugno 1944 la situazione a Filetto si evolve,  fra la gente aumentava lo spauracchio e il timore che i tedeschi prima di partire fossero pronti a saccheggiare il paese.   Un gruppo di cittadini il 6 giugno 1944 si diedero segretamente un appuntamento in tarda notte nel quartiere “Giurmella” Via Aruccia lato nord-ovest del paese nella casa dei coniugi “Berardino Ciampa e Marietta Orsatti”  presenti insieme a Antonio Palumbo,  Angelo Cupillari,  Raffaele, Angela, Sofia e Cecilia  Marcocci,  Vittorino Janni ed altri.  Dopo una certa discussione venne preparata una lettera da inviare al rifugio di Monte Archetto dove stazionavano i partigiani della banda Giovanni di Vincenzo per chiedere aiuto di scendere in paese per aiutare la popolazione per evitare le razzie dei tedeschi in partenza per Paganica-Onna.  Il compito di recapitare la missiva venne affidato al giovane studente liceale Angelo Cupillari di buona famiglia simpatizzante partigiano. La mattina presto  verso le ore 6 Angelo si incammina  alla volta della montagna di Monte Archetto, territorio nord di Barisciano. Durante il percorso a 20 minuti dalla partenza il giovane Angelo nella curva di Fonte Bella, incontra il filettese Desiderio Cialone reduce della prima guerra mondiale, a lavorare i campi, il quale chiese al giovane Angelo: “Dove vai di bon’ora?” Il giovane gli rispose, vado a portare una lettera ai partigiani a Monte Archetto, affinchè vengono giù a Filetto per non permettere ai tedeschi di portare via il bestiame e le derrate  alimentari. Il Cialone dissuase il giovane di non andare ai partigiani, altrimenti le cose si sarebbero messe male! Il giovane non ascoltò quelle parole, anzi proseguì per la sua strada, dato che il percorso da affrontare era lungo di quattro ore di cammino per arrivare al rifugio di “Monte Archetto”.  Mentre il giovane Angelo proseguiva il suo cammino in montagna,  a Filetto i tedeschi svendevano o regalavano le loro refurtive accumulate nel palazzo Facchinei. Anzi pare che una donnina del paese, una certa Sofia Marcocci dalla parte sud del paese “le Pratucce” richiamava ad alta voce il genero Giovanni Gambacurta occupato a lavorare i campi con il suocero Vittorino Janni alla località “Spogna” di tornare presto che i tedeschi stavano svendendo tutti gli approvvigionamenti inutili. Giovanni Gambacurta dopo l’incursione dei partigiani e l’arrivo dei rinforzi dei soldati tedeschi, venne sequestrato. Riprendiamo il racconto di Angelo Cupillari: arrivato alla base partigiana di “Monte Archetto” consegna la lettera al Maggiore degli alpini Aldo Rasero. Dopo un’ampia discussione e una specie di votazione, i partigiani insieme al loro comandante decisero di scendere a Filetto.  Azione Partigiana. Dalle rivelazioni  del comandante dei partigiani Aldo Rasero nel suo libro “Morte a Filetto”  e dagli Studi Storico Strategici diretti dal Prof. Walter Cavalieri sui noti fatti di Filetto dove hanno raccontato bene,  aggiungo ulteriori  rivelazioni emerse nel corso del dopo guerra che diventa storia. Dopo le ore 12,30 del 7 giugno 1944 il gruppo di partigiani guidati dal comandante Aldo Rasero, composto da Gilberto Fioredonati, Armando Capannolo,  Francesco Sgrò,  Pasquale De Simone ed altri, oltre il gruppo di Filetto:  Luigi e Tito Marcocci,  Mariano Morelli, Angelo e Filippo Cupillari si avviano scendendo dalla montagna per raggiungere Filetto pensando di fare una “Operazione Sorpresa” verso la piccola formazione tedesca per sottrarre armi e radio ricetrasmittente.  I partigiani arrivati a Filetto si dispongono in tre gruppi di attacco: uno proveniente dall’aia di centro per introdursi in casa  Moro e sottrarre la ricetrasmittente, altro gruppo proveniente dal lato nord del castello e il terzo gruppo proveniente dal lato chiesavecchia, compito preminente da introdursi nell’androne di Via Romana del palazzo Facchinei dove alloggiavano i soldati tedeschi. Alcune donne in Piazza della chiesa dedite con le loro conche a prendere l’acqua alla fontana, alla vista dei partigiani armati di pistole e fucili si misero a gridare,  richiamando l’attenzione dei soldati tedeschi dall’interno della loggia, ma furono calmate e rassicurate dal seminarista filettese che transitava sulla strada Silvio Settimio Marcocci. L’operazione partigiana andava regolarmente avanti, quando dall’aia di centro vicino la stazione radio – telefonica alla casa “Moro” si sentono degli spari, mentre altri spari e bombe a mano si cominciano a sentire nella terrazza del palazzo Facchinei. Dalle testimonianze pare che venne ucciso un soldato tedesco e un altro ferito ad opera dei partigiani. Mentre un partigiano durante la sparatoria venne ferito e trasportato a spalle da un altro partigiano, allontanandosi  dalla sparatoria dirigendosi verso il monte di Pescomaggiore. L’altro gruppo di partigiani considerato che “l’operazione sorpresa” era andata fallita  i partigiani ripiegarono verso la periferia nord della montagna di Filetto. Mentre il maresciallo tedesco Schaefer” saltò dal balcone di Via Paganica e con un altro militare in sidecar si recarono a Camarda e Paganica a chiedere i rinforzi. Mentre alcuni capi di famiglia che avevano combattuto in guerra nei: (Balcani e fronte greco-albanese), intuendo quello che stava per succedere, si diedero alla fuga nei boschi nascondendosi nelle grotte e nella campagna. Due fatti da raccontare:  i fratelli partigiani Luigi e Tito Marcocci, rifuggiatosi nelle grotte del “Treo” dove Tito era stato ferito non gravemente, ma Luigi il fratello prendendo l’iniziativa tornò  prima del calar del sole a Filetto,  ma venne sequestrato dai soldati tedeschi. ATTO DI PIETA’ VERSO UN SOLDATO TEDESCO. Un fatto successo durante la sparatoria fatta dai partigiani in Via Romana, pare che un soldato tedesco, forse impaurito si era rifugiato in Via Camarda nella stalla di Sante Celestini. Mentre tornava dai campi il filettese Giuseppe Facchinei, ignaro dei fatti della sparatoria,  avvertito da alcune donne del vicinato che entro la stalla vi era entrato un tedesco. Il Facchinei aperta la porta della stalla, vide il tedesco impaurito con le mani alzate sulla testa,  ma venne rassicurato dal Facchinei che non c’era pericolo, gli fece capire di togliersi il cappello militare e gli diede quello suo civile,  in fretta si recò di corsa alla frazione di Camarda a chiedere rinforzi e aiuto ad altri militari. Mentre tutta la famiglia di Giuseppe Facchinei si erano già nascosti per paura alla lunga grotta di Secondino Altobelli con un numero di oltre 20 persone con viveri, mentre alla porta erano stati messi degli spini per mimetizzare l’accesso, ma tutti furono stanati dai soldati tedeschi due ore più tardi e portati in mezzo all’aia. Dopo dato l’allarme dal tedesco, i militari salirono a Filetto  con camion e blindati, dopo il rastrellamento della popolazione nell’aia di centro, il militare riconobbe il Facchinei facendolo caricare su un camion  tutta la famiglia e portati  dai parenti a Paganica. Ormai da Paganica verso Filetto era salita l’autocolonna militare tedesca della 114 Divisione Cacciatori delle Alpi che in precedenza durante la guerra in Jugoslavia si era distinta di aver fatto terra bruciata dove passavano.  La rappresagli di Filetto.  L’autocolonna militare tedesca, arrivata a Filetto, si fermò in Via Paganica e Piazza della Chiesa. I soldati tedeschi effettuarono subito un rastrellamento. Qualche abitante di Filetto riferisce che ad accompagnare i tedeschi in mezzo al paese ci fossero delle persone che parlavano italiano con accendo locale: (pare che fossero della frazione di Paganica). Al centro del paese, in Via del Forno, mentre usciva dalla propria casa, venne freddato da un sottufficiale tedesco con un colpo di pistola Antonio Palumbo di 65 anni (considerato il capo del paese). Il maresciallo tedesco Schafer  che era andato a chiamare i rinforzi, disapprovò l’uccisione di Palumbo e fra i due sottufficiali nelle vicinanze di Via Castello, nacque un litigio che si concluse con l’uccisione del maresciallo: “buono” Schafer dallo stesso sottufficiale che aveva colpito a morte il cittadino Palumbo. Tra il maresciallo ucciso Schafer  e Palumbo era nata in precedenza una buona amicizia. La morte del maresciallo tedesco aveva avuto come testimone da una finestra un ragazzo di 17 anni: “Mario Marcocci” il quale fu catturato e ucciso dai tedeschi. Mentre era già iniziato il rastrellamento di uomini nella parte alta del paese, venne ucciso un altro cittadino di Filetto: “Ferdinando Meco”, colpito a morte mentre attingeva l’acqua alla piccola fontana di via del castello vicino la parte superiore dell’aia fra Via Salere e Via Castello.  Successivamente i tedeschi cominciarono ad ammassare donne, bambini e vecchi al di sopra 65 anni nell’aia di centro, distante 100 metri vennero raggruppati gli uomini: “validi”. Poco prima delle ore 22 il gruppo di donne, bambini, ragazzi e vecchi furono  trasferito in località: “Volanella” lungo la strada proveniente da Camarda,  distante 800 metri da Filetto. Secondo le testimonianze, pare che gli uomini da fucilare fossero una quindicina. Furono portati in un terreno quasi all’ingresso sul lato destro del costone in direzione della strada per Piani di Fugno divisi in due gruppi. Da quando ricostruito dai sopravvissuti: “Mariano Morelli, Amedeo Ciampa, Basilio Altobelli e Luigi Marcocci”, i soldati tedeschi al comando del tenente Ehlert, dopo aver ricevuto gli ordini dal capitano Defregger;  prima della mezza notte gli ostaggi, vistosi spuntare le mitragliatrici e i mitra, pensarono che venivano portati alla morte. Alcuni di essi si racconta gridarono: “Non abbiamo fatto niente”… Un altro giovane filettese Tito Marcocci figlio di Luigi Marcocci  Cav. di Vittorio Veneto della Prima Guerra Mondiale,prima della fucilazione, riconobbe un fascista di Paganica che accompagnava i tedeschi, quando alcune sere prima erano stati insieme a bere in alcune cantina di Paganica. Successivamente  approfittando della confusione e ribellione alcuni cominciarono a fuggire, mentre l’ufficiale diede il via alla fucilazione degli ostaggi rimasti. Pare che l’ufficiale tedesco Ehlert, fece cessare il fuoco per favorire la fuga di alcuni ostaggi, ma ne rimasero uccisi dieci cittadini. Finita la carneficina ad alcuni ostaggi gli fu ordinato di trascinare i cadaveri  per terra sui sassi in direzione della stalla di Giocondo Zinobile nelle vicinanze dove vennero dati alle fiamme. I quattro cittadini di Filetto che avevano effettuato il trasporto vennero legati alle mani e condotti a 80 metri sotto la casa di Domenico Massaro vennero trucidati e dati alle fiamme. Insomma durante la notte di sabato 7 giugno 1944, vennero uccisi e massacrati quattordici cittadini, mentre tre dei quali erano già stati uccisi durante il rastrellamento.  Al momento della  fucilazione del gruppo più cospicuo rimasero feriti e si finsero morti: “Mariano Morelli, Amedeo Ciampa, Luigi Marcocci e Basilio Altobelli”. LE RAZZIE DI VIVERI, COSE E ANIMALI. Mentre i soldati tedeschi provvedevano al trasporto e caricamento dei camion aiutati da due filettesi che si arrangiavano a parlare un po’ di tedescho: “Pierino Altobelli e Giuseppe Lops” che nel passato erano stati a lavorare in Germania alla città di Hechingen. Alcune squadre di militari tedeschi razziavano l’intero paese: (materassi di lana, casse di biancheria; tavoli, sedie, farina, legumi, patate, lardo, formaggio, maiali, pecore, vacche e pollame. Alcuni asini, che si trovavano nelle stalle, non sapendo cosa farsene, li uccisero, anzi vennero uccisi anche dei grossi maiali. Mia nonna Giovanna Morelli mi racconta che in Via Camarda dove aveva la stalla, il maiale era scomparso, fortunatamente poveretta, dopo qualche giorno dalla partenza dei tedeschi lo ritrovò ad un orto sotto una pianta di fico vicino a grugnire. Mentre l’operazione razzia andava avanti, dove le case erano state svuotate di ogni bene,  tre squadre di soldati con lanciafiamme diedero fuoco alle case del paese, mentre le donne e i bambini da lontano,  piangenti dalla località “Volanella” assistevano all’incendio per 3 o 4 ore del paese. Nelle prime ore del mattino dell’8 giugno 1944, Mariano Morelli, ferito gravemente alle gambe, fu portato da un sidicar all’ospedale San Salvatore a L’Aquila e si salvò.  Amedeo Ciampa, ferito gravemente ad una mano, raggiunse faticosamente la vicina frazione di Pescomaggiore, dove accompagnato da un suo amico con un asino, raggiunse l’ospedale per essere medicato e si salvò. La notizia dell’eccidio di Filetto si diffuse in un baleno. I primi ad arrivare dalla vicina frazione di Paganica, furono il dottor Attilio Cerone e un suo collaboratore. Ciò che si presentò ai loro occhi fu terribile. Il ritorno delle donne, bambini e vecchi dalla Volanella.  C’era odore di morte e bruciato dappertutto,  nella mattinata di domenica dell’8 giugno,  le donne, i vecchi i bambini,  tornarono in paese in massa piangendo i loro morti,  trovando un paese non riconoscibile, cadaveri sfigurati, fetore dappertutto.  Alcuni militari tedeschi alla vista delle donne esclamarono: “Andate a vedere i vostri arrosti”. Fu difficile la ricomposizione dei cadaveri bruciati, al momento vennero messi per tre giorni in una fossa superficiale comune, dopo una messa all’aperto del parroco Don Ferdinando Cinque.  Fra il giorno 8 e 9 giugno vennero ricomposte le salme con la collaborazione del falegname filettese Giuseppe Scarsella e Domenico Pietrangeli di Paganica, vennero allestite e rimediate le casse di legno  per il seppellimento al cimitero. L’11 giugno 1944 avvenne la rappresaglia di 17 inermi cittadini di Onna. Ritrovamento di uno zainetto con documenti. Passata una settimana dagli eccidi di “Filetto-Onna” mentre le truppe tedesche erano ripartite verso Pescara, un contadino di Paganica lungo la strada, dopo 500 metri dal cimitero trovò uno zainetto abbandonato con oltre dieci documenti di identità di cittadini di Filetto, che ovviamente erano stati sottratti alle vittime dopo l’esecuzione da fascisti. Relazione dell’Ingegnere Forestale al Comune.  Il 19 settembre 1944, dopo un sopralluogo a Filetto da parte della condotta Forestale scrive al Comune dell’Aquila: “La situazione dei naturali di Filetto è veramente penosa dopo l’incendio dei tedeschi, danneggiate le case, la gente vive nei sotterranei  con grave pericolo, dato che sulle volte dei scantinati gravano i materiali danneggiati, c’è bisogno per il ripristino dei tetti, la stagione invernale è prossima, qualora quelle rovine dovessero subire i danni dell’acqua e della neve crollerebbe tutto.  Il Genio Civile dovrebbe recuperare i materiali alla Caserma del 18 Artiglieria alle Casermette. Il Comune si deve adoperare ad autorizzare il taglio di alberi nel bosco. Quindi la situazione è veramente grave per tutti i cittadini, qui quando riferito dall’Ingegnere Forestale. Lettera di una vedova al Prefetto dell’Aquila. Ormai l’eccidio di Filetto del 7/6/1944 da parte dei tedeschi è stato compiuto, la guerra ancora non finisce, il paese fa fatica a riprendersi. La vedova D’Alfonso Esterina moglie di Domenico Marcocci vittima della strage dei tedeschi scrive al Prefetto del’Aquila, recita di quando segue. “La sottoscritta D’Alfonso Esterina vedova di Domenico Marcocci, domiciliata a Filetto di Camarda, espongo all’Eccellenza Vostra quando appresso: sono la moglie del defunto Marcocci Domenico fucilato dai tedeschiil giorno 7 giugno u.s. a Filetto. Come è noto a V.E. il paese fu messo, come si suol dire, a ferro e fuoco, tutto il mio bestiame  venne ucciso, la casa completamente svaligiata e poi incendiata , in maniera che io fui messa in mezzo ad una strada , con tre bambini minorenni, la suocera a carico di anni 74. Costretta a dormire in una stalla, la mia salute, già precaria per molte malattie subite, peggiorai in breve tempo ed ora mi trovo ricoverata nel locale ospedale di S. Salvatore da circa due mesi e la mia decenza sarà ancora lunga. I miei bambini sono abbandonati alle cure di una povera vecchia , anch’essa malata e quindi di ciò non può che risentirne il mio stato fisico e morale. In vista di una prossima uscita dall’ospedale e preoccupata dove trovare un rifugio, ho fatto riparare a mie spese una camera della mia casa incendiata , sostenendo una spesa, come risulta dall’accluso allegato, di lire 1955. Siccome i lavori più urgenti saranno eseguiti a spese dello Stato, alle abitazioni dei sinistrati di Filetto, prego l’Eccellenza Vostra affinchè si compiaccia volermi elargire la somma di lire 950 che ho sostenuto per l’acquisto di una cassa funebre per il mio defunto marito, risultandomi che tale beneficio è stato concesso alle altre famiglie di Filetto che ebbero la disgrazia di perdere i loro cari congiunti, barbaramente uccisi dalla soldataglia tedesca. Sono certa, Eccellenza , ch’Ella verrà incontro ai miei desideri,  anche per è superfluo dirle che sono anche una delle più sventurate di Filetto. Fiduciosa ringrazio ed ossequi. L’Aquila, li 7/12/1944. D’Alfonso Esterina vedova Marcocci.  In sostanza la lettera della vedova Esterina D’Alfonso chiedeva il rimborso delle spese sostenute alla Prefettura. Ma alle stesse condizione c’erano pure le altre sedici vedove che avevano lo stesso bisogno. La Liberazione del 25 aprile 1945. Finita la guerra, tornano tanti soldati dalla prigionia, all’epoca il paese contava 700 abitanti, c’era tanta miseria e tanta povertà. Piano, piano inizia la ricostruzione delle case da parte del Genio Civile. Nascono le due cooperative: edilizia e di consumo di alimentari con cantina. Nasce una piccola compagnia teatrale per risollevare il morale della popolazione. Noi ragazzi: “I Figli della guerra”  Nati dopo la fine della seconda guerra mondiale della  seconda generazione del 900, nelle lunghe serate d’inverno nelle stalle, sentivamo raccontare dai nostri nonni e parenti gli avvenimenti della guerra e della “Disfatta di Filetto del 7 giugno 1944”.  Ancora non capivamo bene di quello che veramente era successo nel nostro paese. Col tempo che siamo cresciuti abbiamo assimilato tutte storie dei quei brutti avvenimenti.  Filetto dopo la fine della guerra, piano-piano si riprendeva dalla batosta subita, i capi di famiglia con l’allora parroco di Filetto e Pescomaggiore  “Don Ferdinando Cinque” cercava di aiutare moralmente le famiglie filettesi.  L’anno 1947 il monumento venne realizzato e la sua storia e l’iscrizione marmorea recita così: “IN NOME DEI MAGNANIMI MARTIRI CHE DA PRODITORIO TEUTONICO PIOMBO EBBERO RECISA LA VITA NELLA FATALE NOTTE DEL 7-6-1944 VOLLERO QUI ETERNARE I NOSTRI CONCITTADINI D’AMERICA PERCHE’ LA LORO MEMORIA SIA DI SPRONE AI POSTERI PER LA GLORIA DI DIO LA GRANDEZZA DELLA PATRIA L’ONORE DELLA FAMIGLIA. (ALLOGGIA GRADITO 1904 – ALTOBELLI CESIDIO 1903 – CELESTINI ANTONIO 1919 – CIALONE LORETO 1887 – CIALONE PASQUALE 1899 – CIAMPA CLEMENTE 1905 – CIAMPA RAIMONDO 1902 – GAMBACURTA GIOVANNI 1912 – MARCOCCI  CARLO 1894 – MARCOCCI DOMENICO 1908 –MARCOCCI LUIGI 1914 – MARCOCCI MARIO 1927 – MARCOCCI TITO 1924 – MECO FERDINANDO 1880 – PALUMBO ANTONIO 1879 – RICCITELLI SABATINO 1896 – SPEZZA AGOSTINO 1900).

 

BREVE RICOSTRUZIONE DEI PARTIGIANI DI MONTE ARCHETTO. Dopo il settembre del 1943, durante la Seconda Guerra Mondiale, nascono in tutta la penisola le formazioni partigiane, anche nell’aquilano nasce il raggruppamento “Campo Imperatore”.  Dopo l’incursione di tedeschi e fascisti al “Casale Cappelli” nella zona del Vasto il primo Maggio 1944, venne ucciso Giovanni di Vincenzo mentre si trovava di guardia dove diede l’allarme, ma venne ucciso dagli assalitori. La banda partigiana per onorare il suo nome venne chiamata “Banda Giovanni di Vincenzo”.  La postazione è il casale degli anni 20 sotto “Monte Archetto m.s.l.m. 1831” nella Valle dei Monaci nel territorio nord-ovest della montagna di Barisciano,, dove fra il 1943/44 stazionarono i partigiani dalla banda Campo Imperatore diventata la “Giovanni di Vincenzo” dopo la sua morte. Alla fine di maggio 1944 dal Comando della Resistenza venne inviato da Roma il capitano degli alpini Aldo Rasero che prese il comando. Mentre a Barisciano si trovava nascosto un deposito di armi da rifornire i partigiani in montagna.  I rifornimenti alimentari e armi venivano fatti da Quintino Di Nardo detto Ucanaru non ulanaro come descritto da Aldo Rasero nel suo libro Morte a Filetto. Personalmente dopo gli anni 70 da giovane ho conosciuto Quintino, compagno e brava persona, gestiva alla parte nord di Barisciano una cantina e alimentari con sua moglie, Quintino il comunista è stato un acerrimo nemico del Sindaco dell’epoca.  Con la sua giumenta da Barisciano partiva la mattina presto carico di viveri, facendo quattro ore di cammino,  passando nelle seguenti località: (Barisciano – Chiesa di S. Maria della Pietà di Collerotondo-Strada Cantoni—Piedi La Selva-Valla Austa-Le Magliete Ceretola-Piano delle Locce-Chiesa de Carbone-Fossa Fratta-Le Vicenne-Guado di Passaneta-Valle dei Monaci – Rifugio di Monte Archetto) dove lo attendevano i partigiani.  Anche da Filetto per arrivare al Rifugio di Monte Archetto ci volevano quattro ore: (Filetto-Piana di Fugno- Le Macchiole-La Fossetta-La Fossa di Paganica), dopo la curva del canalone  si girava a destra per la salita fino a raggiungere poi in discesa il casale, all’epoca non esisteva ancora la strada, solo sentieri di montagna. La vita dei partigiani era sacrificata e pericolosa, ogni tanto cucinavano qualche vitello o agnelli acquistati agli allevatori durante la buona stagione, mentre un paio di partigiani facevano la guardia.  La formazione partigiana era formata da giovani provenienti dall’Aquila e dai paesi limitrofi,  ma nello stesso tempo si accodavano giovani entusiasti della Resistenza. Personalmente da giovane ho conosciuto Giuseppe Ferella Capo Gruppo Partigiani di Tempera, dopo la guerra veniva chiamato gliu scarparo e Armando Capannolo di San Giacomo senza interferire nel loro passato di partigiani. Partigiani di Filetto della formazione Giovanni di Vincenzo.  Aderirono a questa formazione: (Angelo, Silvio e Filippo Cupillari, Mariano Morelli, Luigi e Tito Marcocci). I fratelli Cupillari figli di Antonio Cupillari “Grande invalido della I Guerra Mondiale” divenne cieco. Angelo Cupillari nato a Filetto il 15/7/1922  fu un giovane intelligente, intraprendente ebbe un ruolo importante nella lotta partigiana, contro il nazifascismo, latore di aver consegnata la lettera scritta la notte del 6 giugno 1944, credeva nei suoi ideale, all’età di 22 anni eseguì soltanto gli ordini degli anziani, non ebbe nessuna colpa. Dopo la guerra si trasferì a Roma, completò gli studi universitari. L’anno 1947 a guerra finita, tornò al nativo paese “Filetto” in Piazza della Cesa dove si trovava l’antica casa del padre, un gruppo di vedove del paese ed alcuni parenti delle vittime con forconi e parole offensive e ingiuriose, radunate lo volevano linciare, “poveretto” dovettero intervenire i carabinieri. Angelo Cupillari non tornò più a Filetto, studiò a Londra, si formò la famiglia il 3/1/1948 si unirà in matrimonio con Elda Grandi di Alarico nella chiesa di S. Croce in Roma, divenne ispettore di una grande banca a Roma. Mentre la famiglia del padre Antonio Cupillari abitava a L’Aquila in Via Barete con gli altri due fratelli “Giovanni e Silvio”, questi altri due fratelli si distinsero nella loro vita. Giovanni Cupillari mio conoscente fu sottotende durante la guerra in Indocina. Mentre Silvio anche lui partecipò con i partigiani in montagna. Angelo tornò a L’Aquila alla morte della madre nel 1965, qualche filettese lo salutò e gli disse: “Angelo come andarono quei fatti del 7 giugno 1944?”  Rispose: “Vorrei fare un vero dibattito con il professore Dino Palumbo, figlio di Antonio Palumbo come veramente andarono le cose”. Angelo Cupillari veniva  a L’Aquila a trovare i due fratelli “Silvio e Giovanni” soprattutto veniva con Giovanni e da lontano delle colline guardava il panorama di Filetto e forse gli ritornavano in mente i ricordi della sua gioventù.  Angelo morirà a Roma verso gli inizi del 2000,  posso dire dalle mie semplici analisi storiche che i tre fratelli Cupillari hanno fatto in quel periodo il proprio dovere e le proprie scelte.  Filippo Cupillari nato a Filetto il 15/3/1923 altro ramo di questo cognome,  ebbe da giovane un ruolo marginale con i partigiani, ma si affiliò facendo anche la sua parte. Si racconta che mentre veniva inviato a combattere in nord-Africa, viaggiava con un treno verso Taranto, si lanciò in aperta campagna, evitando la guerra.  Clandestinamente  prese la via del ritorno arrivando in alcuni paesi del teramano, dove accudiva le vacche per un contadino; dopo vari mesi venne scoperto dai carabinieri e condotto in carcere a Teramo. Scontata la pena,  tornò a Filetto nel 1944 e si arruolò con i partigiani, uomo taciturno, strano ma buono,  appena finita la guerra si formò la famiglia rimanendo sempre a Paganica. Mariano Morelli. Nasce a Filetto il 10/3/1909 è stato un grande personaggio del 900, intelligente e scaltro. Mariano Morelli rimane a Filetto per 40 anni. Durante il ventennio Fascista fa parte del quartetto dei giovani fascisti di Filetto che provvedono al ritiro dei cereale per il Regime Fascista per l’ammasso e le fedi in oro per finanziare la guerra. Dopo  il 1943 si schiera con i partigiani di Monte Archetto, viene ferito a una gamba si gettò a terra fingendosi morto, ma si salvò miracolosamente. Dopo gli anni 50 diventato famoso e importante impresario divenne comunista.  I FRATELLI PARTIGIANI: LUIGI E TITO MARCOCCI.  Due giovani di Filetto “ Luigi e Tito Marcocci” figli di Amedeo Marcocci e Natalina Altobelli, avevano anche una sorella Augusta Marcocci classe 1922 tutte e tre di buona famiglia. Luigi Marcocci classe 1914 aveva fatto il militare, nell’ottobre del 1937 si unisce in matrimonio con Giuseppina Orteggia classe 1915, ebbero tre figli: “Amedeo classe 1938, Iole classe 1940 e Valerio classe 1941”. Luigi Marcocci  partigiano locale, aveva gli ideali di libertà e di giustizia lottò contro la soprafazione dei nazi-fascisti, venne ucciso con altri filettesi la notte del 7 giugno 1944. Tito Marcocci classe 1925, a 19 anni aderì con la banda dei partigiani di Monte Archetto, il suo nome di battaglia venne chiamato “Ornelio” emulava spesso le imprese del fratello Luigi che aveva molta più esperienza. Fortunatamente Tito Marcocci si salvò nella strage di Filetto. Personalmente lo conosciuto da ragazzo gli feci alcune  foto nel 1966. Voglio ricordarlo così: “Aveva una tempra rivoluzionaria e di giustizia,  specialmente durante la guerra. Nel periodo della resistenza,  partecipò con i partigiani locali dislocati in montagna. L’anno 1969, appena scoppiato il “Caso Defregger” partì per il Belgio per evitare a non rivangare vecchie ferite di guerra nel marasma di tanti giornalisti che arrivarono da tutto il mondo invadendo Filetto.  In Belgio venne successivamente raggiunto dai due figli: “Natalino e Mauro Marcocci con sua moglie Rina Ciampa”, misero le radici   nella nuova terra con tutta la famiglia.  Dopo gli anni 70 che Filetto era stato conosciuto da tutto il mondo con le polemiche sul caso Defregger tutto si andavano affievolendo, Tito ogni tanto l’estate tornava in paese a  passare le ferie, rivedere la gente e anche a salutare i vecchi compagni comunisti alla federazione in Via Paganica 3 a L’Aquila fra i quali: “ l’on.le Eude Cicerone,  Alvaro Jovannitti e Vittorio Giorgi”. Apprezzato da questi dirigenti comunisti aquilani ma anche dalla gente del paese, quest’uomo personaggio della metà del 900, muore in Belgio il 10 agosto 2001 le sue ceneri vennero  sparse per sua volontà nei celi del paese in cui viveva in Belgio.  DINO PALUMBO E SILVIO MARCOCCI ALTRI NOTI PERSONAGGI DI FILETTO. Dino Palumbo nato il 23/3/1920 figlio di Antonio Palumbo capo del paese e di Onorina Cialone, nel 1944 durante i noti fatti bellici di Filetto non ebbe alla sua età di 24 anni un ruolo determinante nella rappresaglia, anzi fu tenuto da parte dai genitori e nascosto per evitare la morte ma era a conoscenza di tutte le iniziative del momento del padre Antonio. Dino Palumbo dopo la fine della guerra, laureatosi in lingua italiana e storia e geografia è stato un grande professore a L’Aquila, anche mio preside all’avviamento industriale quando feci quei pochi tre anni di scuola. Dino Palumbo morirà il 29/2/2012 dal mio punto di vista anche se è vissuto sempre a L’Aquila, ogni tanto veniva a Filetto è stata una persona taciturna, buona e colloquiale. SETTIMIO SILVIO MARCOCCI.  Nasce a Filetto il 7/9/1920 da una agiata famiglia, figlio di Raffaele Marcocci e Altavilla Gambacurta, il padre emigrato in America dove fece fortuna, tornato in Italia a Roma fu assunto alle dipendenze del Vaticano. Silvio Settimio Marcocci studente, fu ordinato sacerdote nella chiesa della SS. Trinità a Roma il 27/5/1945.  Il 7 giugno 1944 Settimio Silvio Marcocci, durante la rappresaglia di Filetto, ebbe un ruolo pacificatore per non far uccidere altri ostaggi, la prima messa a Filetto l’8/9/1945.  Fu vice-parroco a Pietralata (Roma), poi fu presso la certosa di Padula (SA). Infine si trasferì a Caracas (Venezuela) dove trascorse la sua vita. Tornato in Italia nel 2005, morirà a Roma l’anno 2007, venne sepolto al piccolo cimitero di Filetto. Quest’uomo va ricordato non solo per la sua capacità e intelligenza, ma durante la guerra a Roma anche con le vesti da prete clandestinamente si adoperò  per la liberazione dal nazi-fascismo, personaggio conosciuto e stimato dalla gente, uomo della metà del 900 di Filetto non deve essere  mai  dimenticato nella nostra storia. AVVENIMENTI POST-GUERRA A FILETTO. Appena finita la guerra, istaurata la Repubblica, il governo con tanti problemi che aveva per la ricostruzione del paese, dopo il 1948 assegnò alle vedove una piccola pensione di sopravvivenza. Mentre con sacrifici e fatica veniva ricostruito il paese, le famiglie vivevano a stenti con la misera agricoltura e allevamento di bestiame, appena gli anni 50 inizia l’emigrazione. Il governo si adoperò ad aiutare gli orfani di guerra di Filetto a farli studiare, vanno ricordati alcuni giovani che frequentarono le scuole nelle varie località del paese: (Vito Altobelli a Cattolica (Forlì), Luigi Gambacurta Padula (Salerno), Amedeo Marcocci e Attilio Ciampa Amatrice (Rieti), Luigi Alloggia Montepulciano (Siena), i fratelli Antonio e Americo Marcocci “Opera Salesiana San Giovanni Bosco L’Aquila, oltre due giovani ragazze: Dora Alloggia e Fernanda Facchinei che studiarono presso le suore Fibioni L’Aquila. Dopo gli studi questi ragazzi avevano bisogno di un lavoro stabile, il governo istituì la prima Legge 365 del 13 marzo 1958 “Opera Nazionale per gli Orfani di Guerra” e la seconda venne istituita il 2 aprile 1968  la n. 482 “Orfani e invalidi di guerra” Appena scoppiato il Caso Defregger nel 1969, molti giovani orfani di Filetto vennero assunti all’Anas, Provincia come cantonieri, alla Sip e alla Sopraindentenza Scolastica, il partito della Democrazia Cristiana ne ebbe la meglio e venne ben ricompensata di voti elettorali. DOPO 25 ANNI DALL’ECCIDIO SCOPPIA “IL CASO DEFREGGER”. Premesso che il fatto criminoso di guerra nell’uccisione di inermi cittadini di Filetto, seguito dal massacro e il saccheggio e la distruzione quasi totale del paese. Era rimasto per 25 anni largamente ignorato nel dopoguerra. Venendo alla luce l’anno 1969, dopo le rivelazioni del noto giornale tedesco: “Der Spiegel” in un articolo pubblicato durante l’estate 1969. Affermava che ad ordinare la: “Strage di Filetto” nel 1944 era stato il capitano Matthias Defregger, divenuto successivamente vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Monaco di Baviera e Frisinga. Va ricordato che il noto scrittore austriaco Simon Wiesenthal di origine ebraica ha dedicato una vita a fare il cacciatore di nazisti in latitanza, soprattutto in sud America. Anche grandi giornalisti del “Der Spiegel” si impegnarono alla ricerca dei gravi fatti commessi dai nazisti nella seconda guerra mondiale. Breve biografia di Matthias Defregger. Nasce in Germania il 18.2.1915 è nipote dell’artista tirolese Franz Von Defregger e figlio del luogotenente  colonnello Herman Defregger, studia da ragazzo presso il collegio gesuitico: “Stella Matutina di Feldkirch nel Vorarbeg”. Durante il servizio militare divenne capitano della Wehrmacht della 114 Divisione Cacciatori delle Alpi, venne scelto dal comandante superiore colonnello Boelsen per compiere un crimine a carico di 17 inermi cittadini di Filetto il 7 giugno 1944. Dove venne chiamata la “Strage di Filetto”, una azione di rappresaglia contro la popolazione civile del paese, a seguito di un attacco compiuto dai guerriglieri-partigiani italiani provenienti da Monte Archetto, ove causarono la morte di due soldati tedeschi. Il capitano Defregger dopo la rappresaglia con l’uccisione di 17 cittadini di Filetto venne promosso al grado di maggiore. Non venne mai sottoposto ad alcun giudizio da parte dei tribunali alleati o di Norimberga. Matthias Defregger dopo il 1945 riprese gli studi ecclesiastici, universitari in filosofia e teologia. Il cardinale tedesco Faulhaber  lo consacrò prete nel 1949. L’anno 1961 Matthias Defregger prese parte a un raduno con ex commilitoni della 114 Jaegerdivision tenutasi presso Bad Tolz in Baviera, celebrando nell’occasione la messa. Il 14 settembre 1968 fu un grande giorno per il reverendo Matthias Defregger.  Il cardinale Julius August Dopener lo nominò vescovo. Paolo VI sommo pontefice, illustrò le doti umane di Sua Eminenza Defregger.  Il papa Paolo VI, poveretto, ignorava che la Procura di Stato di Francoforte sul meno da oltre un anno indagava su un massacro di ostaggi avvenuto con la cooperazione del suo “diletto figlio”. La notizia era stata data dal famoso giornale tedesco Der Spiegel. Scoppiando in Germania come una bomba. Cinquanta anni fa scoppia: “Il Caso Defregger”. Siamo all’anno 1969, verso i primi di luglio cominciarono a venire giornalisti e televisioni da tutto il mondo. Mi ricordo il 7 luglio 1969  uno dei primi giornalisti austriaco a venire a Filetto fu Carlo Belihar inviato del giornale “De Spiegel”. Fece un ottimo servizio ed intervistò i sopravvissuti della strage e tanta altra gente del paese. In tutta l’estate di quell’anno, arrivarono decine e decine di giornalisti a chiedere i racconti sulla: “Strage di Filetto”. All’inizio la gente sembrava riservata e restia, ma poi a poco a poco ognuno era disponibile a raccontare le storie dei fatti di guerra. Filetto dell’Aquila con il “Caso Defregger” fra l’anno “1969 e 1972” con la stampa e la televisione fu conosciuto da tutto il mondo. In quegli anni a Filetto si crearono due posizioni: “Il perdono” capeggiato dall’ora parroco Don Demetrio Gianfrancesco e “L’estradizione” capeggiata dal deputato comunista Eude Cicerone. Per qualche anno le polemiche furono tante. Matthias Defregger non fu mai processato e condannato perché il caso era caduto in prescrizione. Matthias Defregger morirà all’età di 80 anni il 23 luglio 1995 a Monaco di Baviera. Su questa storia nel 1969/70 fu realizzato anche un film: “Quel Giorno Dio non c’era” del regista Osvaldo Civirani. Un film girato con la massima economicità. Quell’anno in agosto del 1969 arrivò a Filetto anche il regista bolognese Carlo Lizzani che voleva raccontare la vita di Defregger da: “ragazzo-giovane seminarista, capitato nazista e vescovo”. Ormai il regista Civirani era arrivato per prima e lui realizzo il film… Successivamente vennero scritti due libri: “Morte a Filetto” dal colonnello Aldo Rasero comandante dei partigiani. L’Altro libro intitolato: “Filetto” fu scritto nel 1986 da Don Demetrio Gianfrancesco parroco di Filetto all’epoca. Gli abitanti di Filetto ogni anno commemorano i loro martiri il 25 aprile festa della liberazione e il 7 giugno ricorrenza dell’eccidio. AVVENIMENTI SUCCESSIVI. L’amministrazione Comunale fece migliorare il monumento ai caduti e venne inaugurato il 7 giugno 1987. Successivamente il 7 giugno 1994 a 50 anni dall’eccidio alla presenza delle autorità “Comune, Regione e Provincia oltre le rappresentanze militari” dove ebbi l’onore in qualità di presidente della 9° Circoscrizione con altri cittadini di organizzare l’evento storico deponendo una targa marmorea.  Con il passar degli anni la ricorrenza dei martiri di Filetto andava sempre scemando, anzi va ricordato che l’anno del 7 giugno 2020 scrissi un articolo: “Guerre e monumenti (Le commemorazioni vanno scomparendo). Pertanto gli ultimi amministratori non sono venuti  a ricordare i martiri della guerra, per certe generazioni che hanno ideologie contrarie queste cose sono state rimosse e dimenticate solo nei libri di storia, ma neanche la gente del paese le sente più, forse superati i 100 anni da quei fatti bellici tutto sarà dimenticato e cancellato, come non fosse mai successo. UNA DELEGAZIONE DELLA CITTA’ DI POCKING IN BAVIERA VERRA’ IL 7 GIUGNO 2022 A FILETTO A RENDERE OMAGGIO ALLE VITTIME GUERRA. Il sindaco della città di Pocking in Baviera Rainer Schnitzler mi ha scritto una lettera il 16/2/2022 che l’Amministrazione del suo comune voleva essere presente il 7/6/2022 alla commemorazione dei martiri di Filetto. Tutto questo a seguito di un articolo pubblicato sul blog “Assergi racconta” scritto da me nel 2019 sui noti fatti di Filetto della guerra sul “Caso Defregger” dove la storica Prof.ssa Dr. Marita Krauss, aveva scoperto che il vescovo di Monaco di Baviera dopo la sua morte del 1995 era stato sepolto al cimitero di Pocking, ignorando che si era reso responsabile del massacro di 17 inermi cittadini la notte del 7 giugno 1944, dove fu lui a ordinare l’eccidio. L’Amministrazione Comunale di Pocking ignara di questi fatti, dedicò la strada che porta al cimitero al vescovo Matthias Defregger. Personalmente risposi al Sindaco di Pocking che io non avevo i titoli istituzionali per organizzare questo evento. Passai la lettera al mio amico Prof. Domenico Cupillari scomparso di recente “brava persona” responsabile del Circolo di Filetto. Ad oggi il direttivo del circolo ed alcuni giovani stanno bene organizzando al meglio l’evento e l’ospitalità a questa delegazione tedesca per il 7 giugno 2022. Conclusioni e osservazioni dell’autore di questo racconto. La Seconda Guerra Mondiale è stata un male per l’umanità, distruzione e morti. Le colpe sono state di chi le ha provocate, ma tutti infine sono colpevoli. In questo racconto se non ci fosse stata l’uccisione di Ester Sebastiani da parte dei soldati tedeschi con le complicità dei fascisti, non ci sarebbero state le uccisioni di Ermanno Innocenzi e Augusto Rossi da parte dei partigiani. Se non ci fossero stati i fascisti a segnalare che a Filetto c’erano soldati inglesi e partigiani, i tedeschi non sarebbero venuti a stazionare a Filetto. Se non ci fosse stata l’idea di qualcuno di preparare la lettera per far venire i partigiani di Monte Archetto le cose sarebbero andate diversamente. Se il comandante dei partigiani Aldo Rasero, avesse riflettuto a cosa andava incontro invece di pensare di fare un scoop nell’azione dell’intervento contro i tedeschi, le cose sarebbero state diverse. Forse è stato il destino che questo piccolo paese di montagna, doveva per sempre passare alla storia. Fece bene Don Demetrio Gianfrancesco nel 1969 a chiedere il perdono per il Vescovo Matthias Defregger,  perché ogni cristiano deve perdonare. Ma fu un errore da parte di Defregger quando l’anno 1961 prese parte ad un raduno con ex commilitoni della 114 Jaegerdivision tenutasi presso Bad Tolz in Baviera, celebrando nell’occasione la messa. L’unica cosa che Matthias Defregger doveva fare appena diventato prete di entrare in un convento di frati in Baviera per il resto della sua vita. Qui finisce la storia di questo racconto, verrà successivamente aggiunto un altro tassello, dopo l’incontro con la comunità tedesca della città di Pocking il 7 giugno 2022.  Mi auguro invece che le future generazioni non dimenticano mai quello che è stato il 900 fra le due grandi guerre.

 

                 Collezione fotografica storica di Giovanni Altobelli

 



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