INNO AL GRAN SASSO D’ITALIA - COMPOSTO DA S.E. AUGUSTO ANTONINO VICENTINI E MONS. LORENZO PEROSI
Posted by Antonio Giampaoli | 2022-06-07 | Commenti: 3 | Letto 968772 volte
“ INNO AL GRAN SASSO D’ITALIA” COMPOSTO DA S.E. AUGUSTO ANTONINO VICENTINI E MONS. LORENZO PEROSI
- di Camillo Berardi -
Il testo del maestoso “Inno al Gran Sasso d’Italia” fu scritto dal Secondo Arcivescovo dell’Arcidiocesi dell’Aquila, S.E. Augusto Antonino Vicentini (nato ad Aquila il 16 dicembre 1829 e deceduto il giorno 11 settembre 1892) e fu musicato dal celeberrimo M° Mons. Lorenzo Perosi (nato a Tortona il 21 dicembre 1872 e deceduto nella Città del Vaticano il 12 ottobre 1956).
Il componimento fu elaborato per coro a cappella a 4 voci e la musica fu composta dal M° Perosi per l’inaugurazione della Chiesetta della Madonna della Neve nei pressi di Campo Imperatore, avvenuta il 20 settembre 1936. Il canto grandioso e stupendo fu eseguito per la prima volta nella splendida cornice della Basilica di San Bernardino, proprio nel giorno dell’inaugurazione del tempio sul Gran Sasso, con la direzione del M° Perosi, incantando il pubblico e le numerose autorità presenti che scattarono in piedi quando fu eseguita la parte finale del canto che recita:
Ecco la terra Esperia;
La terra dell’incanto;
Cui ride un Cielo armonico
Ai fiori, ai suoni, al canto;
S’Ella è dell’Arti il Tempio;
Questo è di Dio l’Altar.
Il grande Perosi, rivoluzionò la musica tra 800 e 900 e in maniera molto raffinata, restituì una nuova dignità alla musica sacra che dopo la scomparsa Johann Sebastian Bach, Georg Friedrich Händel, Ludwig van Beethoven e Wolfgang Amadeus Mozart, aveva perduto prestigio ed interesse. Nominato Direttore Perpetuo della Cappella Musicale Pontificia Sistina da Papa Leone XIII nel 1898, che era l’ultima Corale composta da voci bianche di cantori evirati, nel 1902 cambiò radicalmente l’istituzione da lui diretta ed introdusse nel Coro fanciulli cantori, affiancandoli ai falsettisti che già facevano parte del Coro della Cappella Sistina.
Nello storico e Maestoso “Inno al Gran Sasso d’Italia”, ricco e completo nella dotta e magistrale descrizione dell’Arcivescovo aquilano Augusto Antonino Vicentini, non mancano - tra le altre - le invocazioni delle popolazioni locali aquilane:
Te, invocano Assergesi,
Paganica e Camarda;
Te, tante genti affrettansi
Fin d’ora a salutar!!!
Ecco il testo completo del componimento:
INNO AL GRAN SASSO D’ITALIA
Versi di Augusto Antonino Vicentini
Musica di Lorenzo Perosi
Alpestre è il luogo e l’aere
Spira una brezza pura,
Qui tutto è nuovo e vergine
Il riso di natura;
Hanno un linguaggio insolito
L’acqua, la terra, i fior.
Gigante, ardito, innalzasi
Fra queste rupi un Sasso
Dove già tanti impressero
L’orme di lento passo;
Ma più veloce ascesa
Il tempo insegnerà.
Che questo grande immobile
Dalle canute chiome,
Non isdegnò d’Italia
L’invidiato nome,
Né per cangiar di secoli
L’avito onor cangiò.
All’urto, al cozzo, al sibilo,
Di furiosi venti,
Saldo rimase e indomito
Pugnò con gli elementi;
Il lampo, il tuon, la folgore
Ai piedi suoi frenò.
Tra nubi ascose il vertice
Nei lunghi giorni e brevi;
Si avvolse tra le nebbie,
Si ricoprì di nevi;
Or dispettoso, or avido,
Di rivedere il sol.
E lo rivide sorgere
Lieto fra l’ore ancelle,
Sereno, imperturbabile
Risalutò le stelle,
Ed addestrò dell’aquile
L’audace acume e il vol.
Senti da lungi fremere
Infuriar due mari;
Quasi il Tirreno e l’Adria
Nei loro flutti amari
Tentassero sommergere
Le italiche Città
Scosso nel mar Trinacrio
Sentì l’Etna lontano;
E del Vesuvio vittime
Pompei ed Ercolano
Ed il Peloro e il Vulture
Mugghiar tremanti udì.
Ma questa roccia immobile
Stette all’altrui ruina;
Salda colonna e guardia
Alla region vestina
Agli abruzzesi popoli
Novelle sorti aprì
E forse un giorno stridere
Di fuoco una corrente
Udrem tra queste viscere
Quasi fucina ardente
Che nuovo schiuda un tramite
Fra l’uno e l’altro mar.
Giorno felice!! Augurio
Dei popoli abruzzesi;
Te, invocano Assergesi,
Paganica e Camarda;
Te, tante genti affrettansi
Fin d’ora a salutar!!!
O Sasso!! Dal tuo culmine
Dall’arido granito,
Noi rimiriamo estatici
Un fiorellin riunito;
Che dal color ceruleo
Or or fermava i pié.
Oh! Qual contrasto! Attonito,
Io contemplavo il monte;
Quando quel fior pareami
Dir con modesta fronte:
Anche me, guarda! Osservami
Non ti scordar di me.
Sì; tutto è grande e provvido,
Tutto è quassù bellezza!!
Le rupi e le piramidi
Della vetusta altezza
L’acque, le valli e l’aure
Che scherzano coi fior.
Tu varchi i monti? E svelano
Di Dio la gran potenza,
Guardi alla terra? E’ simbolo
Dell’alta Sua sapienza;
T’innalzi al cielo? E’ vivido
Specchio del divo amor.
Chiedi la vera immagine
Che dal suo raggio accese
Dante Alighieri sul Catria!
Mira qui! Il bel Paese
Che dal Cenisio al Leuca
L’Alpe circonda e il mar.
Ecco la terra Esperia;
La terra dell’incanto;
Cui ride un Cielo armonico
Ai fiori, ai suoni, al canto;
S’Ella è dell’Arti il Tempio;
Questo è di Dio l’Altar.
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