QUEL BLOCCO IMMOBILIARE CHE TARPA IL CENTRO. E SALTANO SUSSIDI PUBBLICI

QUEL BLOCCO IMMOBILIARE CHE TARPA IL CENTRO.

E SALTANO SUSSIDI PUBBLICI.

 

 

---  di Paolo Rico ---

 

Quella parte di centro che all’Aquila manca: l’angolo più ad E della piazza. Almeno dopo l’avvio cantieristico del comparto opposto, ai IV Cantoni, “pietra angolare”, invero, del profilo monumentale del Corso. E’ stata ultimata da tempo la rifunzionalizzazione post-sisma di quella porzione iniziale  - procedendo, appunto lungo il decumano da S a N -, ma la sua completa fruizione  - dicasi pure l’esercizio pubblico del bene come la sua fungibilità privata -  è al palo. In questa carenza di uso riposa paradigmaticamente un fantasma di storia civica: oggi non più universalmente netta, soprattutto per il sedimento del tempo che avanza e lo scarto cronologico tra detentori del deposito della memoria, più e meno diretto, e sua rilettura, comunque parziale, nel presente.

Il riferimento va ai due bar all’angolo, l’uno  - posso definirlo “democratico”? -  affacciato sull’allora mercato; l’altro, direi: intrecciato, come nell’etimo borghese della sua esatta nomenclatura “caffè”, al salotto del composito struscio sotto i Portici. La stessa differenza, che sembra cogliersi oggi senza bancarelle in Piazza né via-vai del mix-sociale, connesso appunto, ai due locali di ristoro. Cosicché un’incompletezza residenziale glissa in sacrificio perfino urbano-sociale. Ancor più, al tramonto, quando l’inspiegata assenza di illuminazione pubblica sotto le volte dei Portici Carispaq sembra prolungare la “penombra” architettonica del segmento precedente, oggetto di dispute immobiliari davanti al giudice, fuori dell’Aquila come gli stessi comproprietari della struttura: protagonisti distanti, stranianti, insomma, di una vicenda che ci tocca da cittadini di qua.

Insisto, perciò, sulle connotazioni della porzione senza condòmini; dalle vetrine oscurate; con l’orologio bloccato su un’improbabile indicazione temporale, per davvero stramba icona di un insulso presente, che si fa beffa di un onorabile passato. Tanto da negare, nella sua inefficace rifunzionalizzazione edile, anche l’avvio di utilissime iniziative per la collettività, pur se nel solco di attività storicamente insediatevi.

Il caso della sala di spettacolo in via Tre Marie. Una moderna struttura multivalente, intanto di proiezione, da 200 posti, avrebbe potuto succedervi. Una piccola comitiva di giovani in gamba, cinefili e formati,  era pronta ad accollarsi con mutuo cospicua quota dell’investimento da 350mila euro garantito da Invitalia. Più di tre anni a negoziare inutilmente con la conflittuale proprietà dello stabile, in evidente disaccordo ereditario, ed ora  - a ferragosto; sì: a ferragosto -  inaggirabile scadenza dell’estrema proroga, accordata da Invitalia all’intesa tra ragazzi e proprietari, per dar corso al programma insediativo. Allora che si fa per avere un Cinema in centro? Anni di attesa ancora per il recupero  - eventuale -  del Massimo. Tutto perso, ancora, per la rinascita dell’Imperiale. Tralasciando la datata riconversione dell’altro spazio al Corso stretto.

Così adotto la riflessione di un illustre conterraneo: il prof. Natalino Irti. Citando la maestosa scrittura di Hugo von Hofmannsthal, su Il Sole 24 Ore domenica scorsa Irti biasimava come «la volgarità tocca il grado più alto congiungendosi con il potere, politico, amministrativo o economico» e che, pertanto, occorre tenersene a distanza, a rischio di attrarre a sé accuse di supponenza, discriminazione, marginalizzazione. Per evitarli tutti questi attacchi  - come si deve nell’ordinaria relazionalità; quella, avulsa da piramidale snobismo -  è più opportuno  - a mio giudizio -  afferrare il toro per le corna.

Chi ha pagato i costi della ricostruzione post-sima? Chi deve vigilare acché il preminente interesse pubblico sopravanzi senza ledere il vantaggio privato? Chi può impedire che si intralci il progresso del lavoro, soprattutto giovanile? Dal tipo di risposte dipenderà la soluzione del problema. Magari, non si darà seguito al consiglio di un esimio giureconsulto, peraltro abruzzese, e non ci si “distanzierà” dalla questione; però, prendendovi parte, sicuramente si colma la “distanza”  - quella sì, avvertibile -  tra amministrati e amministratori. Senza malcelato riferimento a posizioni istituzionali né… di condominio!



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