Vanitas Vanitatis - di Giacomo Sansoni -

A proposito del corteo della perdonanza riceviamo da Giacomo Sansoni e volentieri pubblichiamo qualche sua considerazione.

Vanitas Vanitatis

- di Giacomo Sansoni -

 

A proposito del corteo della perdonanza mi sento di esprimere qualche mia considerazione “pedestre”. Pedestre, perché di mio, forse solipsistico ramengare trattasi, nonché di più proprio scarpinare pedaneo; nonché di pedestre asservimento corollario, con tutte le accezioni proprie. Quello che appresso riporto lo espressi per una manifestazione precedente che, mutatis mutandis, può ben essere calco come per cera persa della presente. “A proposito della perdonanza. Vanitas vanitatis. Presenzialismo, Ostentazione, esibizione dei poteri, dei privileggi, degli appannaggi, delle cariche, delle attribuzioni politiche, delle caste. Ancora orgoglio vanagloria, sicumera, supponenza, forse ancora altro, non di grana fine, questo il corteo della perdonanza. Alcuno ectoplasma di virtù, tantomeno teologali. Questa la perdonanza celebrata per il volgo, sempre più involgarito e i dominatori sempre più dominanti. Il corteo? Rappresentatività delle cariche e dei poteri, con storicismo folcloristico palesemente deteriore. Ogni rappresentante, sfilante e, mi si passi, esibizionante a sbandierare il proprio orgoglio in cerca di autore, al pari di tutte le malate attestazioni di essere parte del consorzio umano, ospitate nelle agorà perverse dei social; tutti in cerca di un lampo di sole entro la dominazione di uno spicchio di meridiana di protagonismo. Dove l’umiltà, dove la sofferenza dei sofferenti anche dei credenti, nella comunione dei giusti? Relegata, nascosta, albergata tra gli ultimi, alla fine, in coda al corteo. In forma timida, appartata, forse frutto di un recalcitramento di qualche illuminato che, con pervicacia ha voluto rivendicare presenza, benché relegata a quinta neutra, intristente, non consona alla pompa. Così ha trovato timida, misera rappresentazione contingentata, per evidenti, insormontabili barriere proprie, la manifestazione dei derelitti, degli ultimi, ospitata tra gli ultimi, in coda al corteo, quando ormai la pompa, che ha già saturato gli occhi, è salva. Dove i più sfortunati, i malati i “diversamente abili” i “diversamente coscienti”, i sistematicamente dimenticati: alla fine. Ed io fino alla fine, in attesa di una resipiscenza ho atteso. Non nego, che al mio occhio, accomodatosi al prolisso falso fiume di teatro, questo ultimo atto è stato il solo che mi hanno mosso un empito di compatente sana lacrima.”



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