L’ULTIMA CORSA UN EVENTO STORICO FILTRATO ATTRAVERSO I FINESTRINI DI UN VECCHIO AUTOBUS URBANO

L’ULTIMA CORSA
UN EVENTO STORICO FILTRATO ATTRAVERSO I FINESTRINI DI UN VECCHIO AUTOBUS URBANO
- di Angelo De Angelis -
 
Una roulotte Laverda color azzurro nuova fiammante aveva accompagnato per la prima volta la mia famiglia durante le ferie estive. Era fine giugno del 1980: tre settimane in campeggio di completa inattività passate tra spiaggia, amaca e blocco servizi a lavare le poche stoviglie che giornalmente si utilizzavano. Una vacanza debilitante intrisa di ozio e di noia ravvivata soltanto dalle attenzioni verso i due figli piccoli che, nell’anarchia della vita di campeggio, avevano vissuto quel tempo come piccoli selvaggi.
Al ritorno una notizia che aveva dell’eccezionale: il Papa Giovanni Paolo II sarebbe stato in visita a L’Aquila il giorno 30 agosto: la maggior parte delle persone in città viveva l’attesa dell'evento con indifferenza: mancavano due mesi. Non per me, che ancora frastornato dall’ozio estivo, fui catapultato in un turbinio di riunioni, incontri, progetti e cose da immaginare e fare.
Chi non è direttamente coinvolto nella organizzazione di eventi mediatici importanti non immagina quale lavoro di preparazione si nasconda dietro una giornata diversa dal solito. E quel 30 agosto sarebbe stata una giornata particolare: sicurezza da garantire per la persona del Papa e di tutte le autorità che lo avrebbero accolto; rigidi protocolli da rispettare; un programma calcolato al minuto, dove un poco auspicabile ritardo sarebbe stato misurato in secondi; una ampia zona da chiudere al traffico con posti di blocco ad ogni varco possibile; bagni mobili distribuiti nei punti di maggior afflusso, presidi sanitari con ambulanze e personale qualificato per il pronto intervento.
E poi la gente; una folla di trentamila persone che nell’arco di una mattinata sarebbero confluite verso il centro storico con ogni mezzo possibile immaginabile; a piedi, in motocicletta, con autobus turistici, col treno…soprattutto con macchine private: migliaia e migliaia di vetture da sistemare all’esterno della zona rossa, rigorosamente pedonalizzata, da far confluire verso punti di avvicinamento alla città storica.
Ecco, siamo arrivati al punto. Da un anno lavoravo nell’A.S.M., azienda municipale che si occupava del trasporto pubblico urbano del quale ero il responsabile.
Quella fu la mia parte nell’oganizzazione dell’evento, disponendo di risorse che giornalmente dovevano garantire una frazione di quello che sarebbe stato l’impegno di quel 30 agosto.
Un parco autobus a disposizione che ha sempre sofferto di vetustà eccessiva, un numero di autisti in grado di garantire non più del trenta per cento delle corse necessarie. Il primo passo fu proprio quello di reperire ore di lavoro sufficienti.
Riunione con il personale e con i rappresentanti sindacali: si chiede l’intervento dell’esercito o si lavora il triplo delle ore contrattuali che ciascuno è tenuto a prestare. L’orgoglio, lo spirito di gruppo, l’amor proprio e per il proprio lavoro e non ultimo l’entusiasmo che la città stava mettendo nell’orgazizzazione non lasciarono adido a dubbi o discussioni: si sarebbe lavorato anche ventiquattro ore di seguito. Furono coinvolti nell’impegno pure i meccanici. C’erano meno di due mesi di tempo per mettere a punto il parco autobus, in particolare i mezzi più vecchi, la maggior parte dei quali già destinati alla rottamazione: quattro FIAT 410 acquistati usatissimi dalle aziende di Firenze e Bologna sei anni prima, al momento della municipalizzazione del trasporto pubblico e soprattutto due BUSSING ereditati dalla società Chiodi & Capranica che aveva garantito, fino al 1974 il trasporto urbano.
Quei BUSSING sembravano vecchie signore decadute, tenute in un angoletto inattive, impolverate e trascurate da tutti, in attesa di essere trasformate in acciaio per nuove applicazioni. Avevano un difetto: la guarnizione della testata del motore, in caso di surriscaldamento, si bruciava. Tommaso, il Capo Deposito e Officina si rifiutava categoricamente di metterli in esercizio perché, diceva, il tempo per ripararli è superiore alle ore di utilizzo in linea. Gino, il Capo Movimento, dipendente storico della soc. Chiodi & Capranica si arrabbiava e diceva: “hanno lavorato tantissimi anni e sono sempre andati bene, ora non sono più buoni!” Ecco, il punto era proprio quello, quei mezzi, vecchi ormai di quasi trent’anni, erano diventati fragili come è fragile una vecchia signora di novant’anni.
Per l’evento speciale che si preannunciava però dovevamo mettere in campo tutte le risorse disponibili: anche le due vecchie signore decadute di nome BUSSING.
Tre capienti parcheggi di corrispondenza furono allestiti lungo la tratta terminale dell S.S. 17 TER ad est della città; piazza d’Armi ad ovest e capienti strade di circonvallazione a nord. Tre linee di navette dovevano prelevare gli automobilisti e trasportarli fino alla fontana Luminosa ed alla Villa Comunale, che erano i luoghi di massimo avvicinamento al centro storico.
La mappa della mobilità la disegnai a mano e mi costò un giorno ed una notte intera di lavoro con uso abbondante di inchiostro di china, trasferibili per le scritte e adesivi colorati per indicare gli itinerari dei bus e le aree di parcheggio; fu approvata il giorno dopo, fu stampata in trentamila copie dalla tipografia di Enea Laurenti e messa a disposizione degli automobilisti ai caselli autostradali ed a tutte le edicole ed esercizi commerciali della città.
Ed arrivò il grande giorno. Le cronache del tempo parlano dell’incontro del Papa con le maestranze del cantiere Cogefar della galleria del GranSasso, della visita al santuario mariano di Roio, dell’itinerario in centro storico che ha portato il Papa alle basiliche di Collemaggio e di San Bernardino, del quale ricorreva il sesto centenario della nascita.
Gli autisti ed il personale dell’A.S.M. lavorarono ininterrottamente dalle prime ore della mattina a tarda sera con quella consapevolezza ed umiltà propria di chi svolge con passione un servizio per gli altri. Mangiarono panini nei brevi minuti di pausa tra una corsa e l’altra scendendo dagli autobus solo per il tempo necessario per rinfrescarsi mani e viso e per i bigogni fisiologici.
I vecchi BUSSING, nel timore che restassero in panne nel corso della manifestazione, furono prudenzialmente tenuti di scorta, parcheggiati dove non davano fastidio.
Autobus e macchine private arrivarono scaglionati nel corso della prima mattinata e non ci furono problemi importati nello smaltire le file di attesa alle fermate. Sapevamo bene che il momento critico sarebbe stato al termine della manifestazione, alle sei del pomeriggio, quando le trentamila persone che avevano invaso il centro storico di sarebbero affrettate ed affollate alle fermate degli autobus navetta per guadagnare le aree di parcheggio ed il ritorno a casa.
Feci con Tommaso un rapido giro in macchina tra le aree di parcheggio, annotando per ciascuna il numero dei veicoli presenti. Distribuimmo tutti gli autobus a disposizione sulle tre linee di bus navetta in proporzione alle vetture rilevate. Il conto fu semplice: trentamila persone da sfollare con autobus che avrebbero trasportato poco meno di cento persone per corsa, significava garantire trecento corse ognuna della durata di venti minuti circa; sei corse per ogni autobus. In due ore il centro storico sarebbe stato svuotato: e così fu, senza neppure un secondo di ritardo alle 20,00 precise partirono gli ultimi tre autobus per i tre parcheggi di corrispondenza.
A quella piccola impresa parteciparono anche le vecchie signore decadute dell’A.S.M., i due BUSSING trascurati e bistrattati: un semplice cenno d’intesa tra me e Tommaso, per la felicità di Gino che mai aveva compreso il mancato utilizzo di quei mezzi, e partì l’ordine di servizio per la messa in moto dei vecchi autobus.
Sapevo che quello sarebbe stato il loro “canto del cigno” e che poco dopo ci sarebbe stato il melanconico ultimo viaggio al traino di un carro attrezzi, privati della targa, loro anima di latta. Provai una strana emozione. Gli autobus, nell’oganizzazione del lavoro, contavano quanto le persone; erano trattati quasi come persone e veniva attribuita loro un’anima, sia pur di metallo. Ognuno aveva un carattere, pregi, difetti; quanta gente avevano accolta, quante risa all’interno, quante delusioni e quante speranze avevano trasportato al loro interno, quante vite avevano viste salire e scendere!
Le due vecchie signore decadute chiamate BUSSING cessarono la loro esistenza alla grande: tirate a lucido, rimesse in grado di camminare e soprattutto cariche di persone che avevano vissuto una giornata passata alla storia. Fu forse un caso fortuito, ma l’ultima corsa di quella giornata fu proprio portata a termine da uno dei vecchi e malandati autobus BUSSING.

 



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