Giusti è finito in un crepaccio dopo una caduta di cento metri

(Da Il Centro) - Nella tarda mattinata di ieri sono naufragate le speranze di trovare ancora in vita Massimiliano Giusti, il 37enne aquilano disperso da quattro giorni sul Gran Sasso. Il corpo è stato trovato nella parte alta della Valle dell’Inferno del Corno Grande dai soccorritori che lo cercavano ininterrottamente da quasi tre giorni. L’uomo era partito domenica mattina insieme con un altro escursionista, il 34enne aquilano Paolo Scimia, riuscito miracolosamente a salvarsi nella tarda serata di domenica, dopo avere dato l’allarme. L’escursionista è morto dopo un volo di quasi cento metri in un punto giudicato dagli esperti «critico», nella Valle dell’Inferno, sul Corno Grande, a quota 2300 metri.
 LA DINAMICA. Massimiliano Giusti dalla località «Sassone» (2600 metri) del Gran Sasso d’Italia è caduto in un crepaccio, forse a causa delle impervie condizioni meteorologiche di domenica. Sul posto, infatti, era in corso una violenta bufera di neve e la visibilità era pari allo zero. La scoperta del corpo dell’alpinista è avvenuta a «vista», senza impiego dei sofisticati strumenti messi in campo dai soccorritori. Da Campo Imperatore si è alzato in volo un elicottero del Corpo forestale dello Stato con a bordo un maresciallo del Soccorso alpino della Guardia di Finanza per il recupero della salma. Dopo una manovra molto difficile il velivolo ha individuato il giovane e poi due soccorritori, uno della Finanza e l’altro del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico sono intervenuti per primi per il recupero. Poi sono stati effettuati altri due voli per portare in zona il medico del soccorso alpino, un altro tecnico, un operatore della Forestale e uno del Sagf a supporto. Il medico non ha potuto far altro che constatare la morte del giovane che è stato portato all’obitorio dell’ospedale San Salvatore. «Importante», si legge in una nota del soccorso alpino, «anche il supporto fornito dal Centro turistico del Gran Sasso che ha predisposto corse speciali per i soccorritori e le sezioni dei Cai dell’Aquila e di Roma che hanno messo a disposizione i rifugi Duca degli Abruzzi e Garibaldi».
 L’INCHIESTA. Sulle cause accidentali della morte non ci sarebbero dubbi viste le molte ferite da trauma riportate dell’aquilano che lascia la moglie Raffaella e una bambina di cinque anni. Tuttavia il magistrato Stefano Gallo ha aperto un fascicolo e ha disposto l’esame autoptico a fronte di indagini portate avanti dai carabinieri che già alcuni giorni fa hanno ascoltato il superstite come persona informata sui fatti.
 LE FORZE IN CAMPO. Le attività di soccorso anche ieri hanno visto impegnate una cinquantina di persone tra i vari Corpi oltre ai tre elicotteri messi a disposizione da 118, Polizia e Forestale e cani addestrati, in tutto sei. Va detto che il pessimismo aveva iniziato a manifestarsi lunedì quando a Campo Pericoli sono stati ritrovati piccozza e zaino dello scomparso. Ieri era stato anche adoperato un velivolo in grado in grado di intercettare segnali del trasmettitore che possedeva il disperso, strumento adatto a segnalare la presenza di chi è sotto la neve, ma non è servito a nulla. Tra i soccorritori, ovviamente, impera la delusione, anche se le speranze di trovarlo vivo, dopo 72 ore ad almeno 15 gradi sotto zero, erano poco più che teoriche. Di certo è che è stato fatto tutto il possibile visto che gli operatori hanno agito in condizioni davvero difficili, rischiando anche la vita a causa di non improbabili slavine. In molti si sono chiesti la ragione per la quale i due non siano scesi insieme, cosa che forse avrebbe portato a un epilogo diverso. Ma è stato lo stesso superstite a dire che almeno inizialmente i due avevano deciso di scegliere percorsi diversi. Poi, una volta arrivata la bufera, i contatti con il telefono sono stati sempre più difficili fino a essere poi azzerati. Va anche detto che ad alta quota, con bufera e oscurità, orientarsi, anche se si è in gruppo, è molto difficile.
 I FAMILIARI. Straziati dal dolore i familiari. Il padre ha assistito fino all’ultimo, dalla base della funivia, alle operazioni di recupero.
 



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