LA MASCHERA D’ARGENTO DI CELESTINO V

 LA MASCHERA D’ARGENTO DI CELESTINO V

 

La pregevole opera è stata realizzata dall’autorevole scultore M° Marino Di Prospero di Tornimparte (AQ) e ha sostituito la precedente maschera di cera che presentava segni di deterioramento e raffigurava le sembianze del Cardinale Carlo Confalonieri

 Camillo Berardi 

In seguito alla rinuncia al papato di Celestino V (Pietro Angelerio), che era molto venerato dai fedeli, il suo successore Bonifacio VIII, temendo uno scisma da parte dei cardinali filo-francesi a lui contrari, che avrebbero potuto rimettere in trono il papa abdicatario, fece catturare Pietro Angelerio e lo recluse in una cella del Castello di Fumone nei pressi di Ferentino (FR) dove morì il 19 maggio 1296 dopo mesi di dura prigionia. 

Il suo corpo fu sepolto nella chiesa di Sant’Antonio Abate e nella chiesa di Sant’Agata di Ferentino, dalla quale il 15 febbraio 1327 fu trafugato da monaci celestini e traslato a dorso di mulo nella chiesa di Santa Maria di Collemaggio da lui fondata all’Aquila, dove riposa tuttora.   Il 5 maggio 1313 Clemente V aveva proclamato Santo “Pietro da Morrone”, senza indicare nel testo della bolla di canonizzazione il titolo di Pontefice e il nome da lui scelto come papa, come avrebbe voluto il Re francese Filippo il Bello: fu pertanto elevato agli onori degli altari il “Confessore” Pietro da Morrone, non il “Papa” Celestino V, l’asceta, non il martire. Il Pontefice Clemente X, nel 1668, con un secondo processo di canonizzazione, restituì al Santo il titolo di “Papa” e il nome scelto “Celestino V”.

 Nel 1941 Pio XII consacrò personalmente Carlo Confalonieri Vescovo dell’Arcidiocesi di L’Aquila, dove il suo ministero pastorale durò più di un decennio, fino al 1950.

Nel 1944 l’Arcivescovo celebrò il seicentocinquantesimo anniversario dell’Incoronazione di Papa di Celestino V e ordinò la ricognizione canonica delle spoglie del Santo. Per la sistemazione delle stesse, donò il suo anello e suoi paramenti arcivescovili che, in realtà, non erano consoni per essere indossati da un Papa e neanche da un eremita, tuttavia è ben noto che “l’abito non fa il monaco”, ma aiuta a riconoscerlo e ne identifica la dignità: la “Bolla del Perdono” da lui redatta e recante il testo dell’indulgenza plenaria perpetua elargita a tutti coloro che confessati e pentiti dei propri peccati si rechino in pellegrinaggio nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio, dai vespri del 28 agosto al tramonto del 29, inizia con queste parole: "Celestino Vescovo, servo dei servi di Dio…”.

 L’allestimento delle spoglie del Santo fu completato con la realizzazione della maschera di cera che coprì il volto del Santo, per la quale l’Arcivescovo Confalonieri, molto amato dal popolo aquilano, volle utilizzare le fattezze del suo viso: gli fu prelevato un calco con il quale fu realizzata la maschera applicata sul cranio di Celestino V.

Questa decisione, tuttavia, non fu esente da perplessità da parte di alcuni: il volto del vecchio Celestino V, vissuto molti secoli prima, ritraeva le sembianze moderne dell’Arcivescovo in carica a L’Aquila, che esercitò il proprio ministero episcopale per altri sette anni e che, successivamente, tornò più volte nel capoluogo d’Abruzzo anche dopo che fu elevato al rango di Cardinale e quando diventò Decano del Sacro Collegio. Inoltre, il 30 agosto1980, il Cardinale Carlo Confalonieri e il Cardinale aquilano Corrado Bafile accolsero a L’Aquila il Papa Giovanni Paolo II che visitò la città in occasione del sesto centenario della nascita di San Bernardino da Siena e un’imponente celebrazione ebbe luogo anche nel piazzale della Basilica di Santa Maria di Collemaggio; poi, nel Giubileo del 1983, il porporato Confalonieri aprì la Porta Santa della Basilica di Collemaggio affinché fosse lucrata l’indulgenza plenaria istituita da Celestino V: le spoglie di Papa Celestino erano sempre là, all’interno del tempio, con la maschera in cera modellata con le sembianze del volto dall’ex episcopo.

 In ambiti ecclesiastici diversi da quelli aquilani, destò sorpresa l’applicazione della suddetta maschera di cera, perché non esisteva alcuna attinenza tra l’Arcivescovo di L’Aquila Carlo Confalonieri e Papa Celestino V che, peraltro, era stato elevato agli onori degli altari. La singolare figuratività della maschera di cera che ritraeva un’altra persona - per giunta - vivente, pur essendo un alto prelato a capo di un’Arcidiocesi, ai pochi religiosi non aquilani che ne vennero a conoscenza, parve poco riverente e incongrua nei confronti di un Santo, un umile anacoreta, che è stato sempre circondato da attenzione e devozione a livello nazionale e internazionale. Celestino V, del resto, è sempre stato uno dei Santi più studiati nel mondo, pur non essendo stato l’unico Pontefice che rinunciò al papato: nella storia della Chiesa ci sono stati altri Papi che hanno abdicato dal soglio pontificio per scelta o costrizione e alcuni di loro sono diventati anche Santi.

Dopo il terremoto che nel 2009 colpì al cuore la città di L’Aquila, causando danni gravissimi anche alla Basilica di Collemaggio e rovinando in maniera più lieve la cappella che accoglieva l’artistico mausoleo con le reliquie di Celestino V, risparmiando incredibilmente l’urna di cristallo che le conteneva, le sacre spoglie furono portate in pellegrinaggio nelle diocesi di Abruzzo e Molise e, successivamente, si notò che la maschera in cera che copriva il volto del Santo, in più punti aveva subito deterioramenti e segni di scioglimento generati da elevate temperature.

 Viene ricordato, ad esempio, che nel 2010, in occasione delle celebrazioni per gli ottocento anni dalla nascita di Celestino V, la teca di cristallo con le sue spoglie fu portata a Sulmona e il 4 Luglio di quell’anno, rimase esposta al sole in Piazza Garibaldi per l’intera mattinata, durante la messa presieduta da Benedetto XVI e la recita dell’Angelus domenicale. Le temperature torride di quella giornata ebbero un notevole incremento all’interno dell’urna di cristallo per l’effetto serra e molto probabilmente raggiunsero il livello di energia termico di fusione della cera che è piuttosto basso, danneggiando la vetusta maschera di Celestino V.  

Dopo l’intensa “perigrinatio” delle spoglie mortali di Pietro da Morrone avvenuta nel post sisma del 2009, ricordando anche che le sue reliquie furono trafugate dalla Basilica di Santa Maria di Collemaggio il 18 aprile 1988 e ritrovate dopo alcuni giorni in una cassa di legno nel cimitero di Cornelle e Roccapassa, frazioni del comune di Amatrice, l’Arcidiocesi di L’Aquila nel 2013 decise di effettuare la ricognizione canonica delle spoglie mortali di Celestino V.

Ricevuto il consenso della Congregazione per le Cause dei Santi per la rimozione dei sigilli dell’urna e per operare sulle reliquie insigni, fu nominata la commissione per farne la Ricognizione Canonica, approfondendo l’esame anatomico della scatola cranica, al fine di ricostruire la nuova maschera d’argento con le vere fattezze del volto di Celestino V, per sostituire la precedente deteriorata e che, come già evidenziato, modellava in cera le sembianze dell’Arcivescovo Carlo Confalonieri.     

La realizzazione della nuova maschera fu affidata all’autorevole scultore Marino di Prospero di Tornimparte (AQ), che per la ricostruzione utilizzò tecnologie moderne, ma tenne presente anche le immagini dell’iconografia che riguardava Celestino V e si affidò alla maestria delle sue mani, per conferire alla fredda immagine ricostruita virtualmente, un aspetto realistico, efficace, espressivo e solenne.

 Ecco come il M° Marino Di Prospero ha descritto il suo lavoro:

 “Ho già realizzato in passato maschere funerarie per altri beati (il Beato Giaccardo, e il Beato Alberione): in questi casi il lavoro è stato più facile perché si trattava di corpi mummificati, e relativamente recenti, agevolato comunque dall’ausilio delle immagini fotografiche dei volti. Nel caso di Celestino V, in primo luogo, ho avuto il compito non facile di rimuovere la maschera di cera con le sembianze del cardinale Confalonieri, che si era saldata perfettamente al cranio, constatando anche che mancava la mandibola. Con l’aiuto del medico legale G. Sacchetti abbiamo ricostruito ed integrato il cranio con il modello di una mandibola perfettamente compatibile, al fine di avere un teschio completo per realizzare un calco in gesso. Su questo calco ho individuato i primi riferimenti obbligati come le orbite oculari e l’attacco delle orecchie, del naso e della bocca. Successivamente con la tecnica degli spessori, delle fasce muscolari e dei tessuti molli ho tracciato la base di riferimento. Parallelamente, un laboratorio specializzato nella ricostruzione virtuale con il laser scanner, ha ricostruito un’anatomia del volto e questa ricostruzione è stata solo un supporto marginale al mio lavoro, in quanto, anche usando metodologie simili, abbiamo avuto esiti formali profondamente diversi. Il risultato dell’operazione con il laser scanner del laboratorio, è stato quello di un volto di un giovane cinquantenne.  

 Il mio compito in sostanza non è stato solo quello della modellazione materiale da una ricostruzione virtuale fredda e priva di espressività, ma soprattutto quello della modellazione di un vecchio novantenne, santo, con il volto sereno e rilassato di un morto, che al contempo suscitasse emozione, compito meno scientifico e più artistico”.

Oggi, grazie al pregevole lavoro dello scultore di Tornimparte Marino Di Prospero, le spoglie di Celestino V mostrano dignitosamente i tratti originali del vero volto di uno dei Santi più importanti dell’Abruzzo e il Molise, il cui mito ha attraversato i secoli sino ai giorni nostri e continuerà ad affascinare studiosi, credenti e non, in ambito nazionale e internazionale.

 



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