U POSTE NNA' PORTA - UN SALOTTO ALL’ARIA APERTA - di Fernando Acitelli

Da chiedersi perché molti uomini disertarono con perseveranza il belvedere di ‘Na Porta. Per molti di essi quel luogo, quel muro con vista in ogni dove, non era un evento favorevole. Eppure, per coloro che lì convergevano, era come un raduno di reduci che avevano l’ansia d’incontrarsi e di commentare le vicende del mondo ma anche di quanto accadeva ad Assergi. Sebbene con anni quel belvedere fosse divenuto un posto mitico, un salotto all’aria benevola ma anche gelido, reso nitido, lisciato dalla strina, per quegli individui che lo disertavano era solamente una “situazione” di Assergi che non condividevano. Ad essi bastava lo spettacolo della loro casa, cioè di quanto era accaduto negli innominabili decenni e quanto succedeva quotidianamente tra quelle mura, la sublime “messa in scena” sin dal tempo dei loro nonni i cui nomi nessuno più, ad Assergi, ricordava. Infatti le lapidi dei vecchi, affrescate di muschio e trifoglio, spezzate in alcuni casi o inclinate su un lato, erano ignorate, aggirate in slalom ma soltanto perché considerate troppo remote. In più era scolorita la fotografia e scomparsi nel bianco nomi, cognomi e le date del passaggio quaggiù.
 

Dunque, ogni ricognizione era possibile, ormai, soltanto in cielo. Agli uomini disinteressati da quel belvedere bastavano i crocevia della loro casa, le lievi immagini appese di santi, le foto dei famigliari, smaltate e in ovale; e inoltre gli oggetti che tra quelle mura erano diventati idoli di riferimento perché erano stati usati e, in alcuni casi, anche amati dai propri avi. E se nel paese si sentiva dire che la cosiddetta “tradizione orale” si teneva viva, si tramandava grazie a quanto era narrato al belvedere di ‘Na Porta, coloro che disertavano quel luogo la pensavano diversamente e poi l’ascoltare chiacchiere era soltanto una perdita di tempo. Inoltre, a ben dire, quando calava la sera, costoro si sentivano veramente “stracchi e strucchi” e preferivano rimanere accanto al focolare.

 

E adesso, nel ricordo, sembra che quelle diserzioni furono un valore, dunque un pensiero aristocratico che contemplava il non mischiarsi con chicchessia. Una piccola nobiltà di montagna che faceva sentire la propria voce tacendo e, soprattutto, disertando quel belvedere.

 

Il ciarlare al posto ‘Na Porta era colorito e anche incisivo nelle sue iperboli. Fatti lontani riemergevano, figure di spessore o sbiadite tornavano alla luce, venivano riportate all’essere. Anche l’attualità era trattata egregiamente ed anzi, era proprio la notizia fresca ad essere sezionata e dunque interpretata analiticamente. Dopo questa prima fase, durante la quale ad ergersi era il procedere logico, ecco che vi erano istanti di silenzio, come a riflettere, dopo di che iniziavano i lampi pirotecnici, i tric e trac in dialetto, le battute fulminanti e poi sentenze senza appello. E così, su quel muro già storico, un fatto o una persona venivano se non celebrati almeno riassunti in poche frasi. Il pettegolezzo o la malalingua erano il colore di quella prosa in diretta, a venature espressioniste.

 

E comunque, si doveva contare su un sistema immunitario notevole perché non sempre quanto ascoltato poteva dichiararsi assorbibile tra i presenti. E allora si doveva anche essere cauti nel parlare. In certi casi, quando il grottesco o il paradossale si sollevavano, erano le risate fragorose a commentare quanto appena sentito. Il giudizio su quelle narrazioni si poteva dunque cogliere dal tono di quelle risate: il fragore o il silenzio, e non servivano parole di commento. S’era più indulgenti nelle stagioni di mezzo mentre d’inverno, con i volti arrossati, le giubbe e la tosse, ecco che le riflessioni si facevano pungenti. Ma a parte questo ciclo d’affreschi, la domanda/architrave che mi ponevo era sempre la stessa: perché certi uomini non confluivano mai su quel muretto. Si trattava in verità d’una truppa assente. M’astengo dal fare nomi ma essi sono tutti in fila dentro di me come in un perenne convegno. Perché, ad esempio, non avevo mai visto su quel belvedere Ercolino, il fratello di Ginetta? Che forse non avrebbe potuto anche lui narrare fatti memorabili che, con la sua assenza, si sarebbero dissolti per sempre? Non poteva anche lui, con le sue memorie, ingrandire viepiù la storia di Assergi? Era proprio Ercolino il più assente di tutti, mai visto in quel luogo. Ora so che la sua assenza fu la sua unicità, la sua distinzione o, se si vuole, il suo stile.

 

La bellissima poesia di Angelo Acitelli: “U Poste nna' Porta”, ci fa rivivere quello che era il punto di incontro e di piacevole pettegolezzo del paese. Seduti sul muretto posto all'esterno della "Porta dell'Orologio", gli uomini di Assergi erano pronti, dalla mattina alla sera a giudicare e spettegolare...

 

U  POSTE  NNA’  PORTA

- di Angelo Acitelli -

 

‘Nna pòrta...

sotte a ju relogge,

è ju retrove...

de j’ommeni d’ Asserge.

 

Assettàte sopre u mure

sci’ bbiàte...

liggeròtta

sfatiàte...!

 

Passa la gènta

e te lla guàrde,

la mmatìna...

e la sera fin’a-tarde,

 

chi pòrta...

‘na camèla,  ‘nu secchjjìtte,

chi repòrta...

mbochi  zéppi e ‘nu ciucchhìtte,

 

se parla de  partìti...

de quatràne,

de ciclìsti, de pallone,

de  vunnèlle e de sottàne...,

 

se ci-appùrane

l’ùrdeme nutìzie,

se fanne  critiche

....malìzie;

 

se ci ferma

j’aratore quanne sciòjje,

ci reconta  palloni...

u cacciatore che ne-n còjje;

 

‘na mamma ...

ci rechiàme u fijje:

“ quanne revé...?

 

Che te pozze rombe u cojje ! “

E  se ju relogge

ne-n camìna...poche male,

de j’oràrie...

te nn’accorge a ju postàle;

 

pure se piòve

o fa’ la nèva,

sèmpre

quacùne se ci tròva;

 

pare che...

ne-n-ze-nne po'’ fa’ sénza,

de ju poste

de lla mmaldicénza...

 

  IL MURETTO ALLA PORTA

Alla porta...

sotto l'orologio,

è il “ritrovo”

degli uomini di Assergi.

 

Seduto sopra al muro...

sei beato...

nullafacente

sfaticato...!

 

passa la gente

e te la guardi,

la mattina

e la sera fino a tardi;

 

chi porta

un secchio o un seccchiello,

chi riporta...

una fascina e un ciocchetto.

 

Si parla di partiti,

di ragazze,

di ciclisti, di pallone,

di gonnelle e di sottane;

 

ci si scoprono

le ultime notizie,

si fanno critiche...,

malizie;

 

ci si ferma

il bifolco dopo il lavoro,

ci racconta balle...

il cacciatore che non colpisce la preda.

 

Una mamma...

ci va' a chiamare il figlio:

Quando ritorni a casa?

Che tu ti possa rompere il collo!

 

E se l'orologio

non cammina..., poco male...,

dell'orario...

te ne accorgi dal passaggio del postale;

 

pure se piove

o fa la neve,

sempre...

qualcuno ci si trova.

 

Pare che...

non se ne possa fare a meno

del  “ posto”

della maldicenza...

 



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