Gennaro Giusti decorato con croce al merito, medaglia di bronzo, cavaliere di Vittorio Veneto

In riferimento all'articolo: "ASSERGI E CAMARDA: DUE PICCOLI BORGHI D’ABRUZZO NELLA GRANDE GUERRA" pubblicato sul nostro sito il 4 novembre u.s., pubblichiamo oggi un commento, postato sul profilo Facebook dal nostro compaesano Aldo Giusti:
“Tra i combattenti della grande guerra mi piace, e mi onoro, di ricordare mio nonno Gennaro Giusti, fante che aveva l'incarico di trasmettere gli ordini tra una zona e l'altra, incarico assai pericoloso, giacché  comportava di uscire dalla trincea e andare dalla prima linea  alle retrovie, o di spostarsi lungo la stessa prima linea. Ciò lo esponeva sistematicamente al fuoco dei cecchini nel pieno della battaglia. Fu decorato con croce al merito, medaglia di bronzo, nonché titolo di "cavaliere di Vittorio Veneto" con medaglia d oro.
Mi raccontava della battaglia del Piave, con le rive piene di morti e feriti e con l'acqua diventata rossa per il sangue. Era fiero del suo 91 fucile in dotazione.  Suo compagno d'armi, fino a quando non ne perse i contatti, fu zio Laurino Lalli: entrambi musicanti nella banda di battaglione al 13simo fanteria dell'Aquila. Purtroppo dell'inno del Piave i nostri bambini non conoscono nemmeno l'esistenza. Nei libri di storia non viene più ricordato il comunicato con il quale il 4 novembre 1918 il generale Armando Diaz, capo di stato maggiore dopo la disfatta di Caporetto, proclamava, con parole lapidarie e solenni, la vittoria italiana sull' impero Asburgico.
Declassata a semplice "Giornata delle Forze Armate italiane", dimenticati i 650mila morti, l'ultima guerra del Risorgimento italiano è pressoché dimenticata, come se quei morti fossero figli di un Dio minore. C'è da sperare che l'attuale governo ridia al 4 novembre il valore che gli spetta.
Era orfano di mamma e mi raccontava che in una delle sue missioni non c'è la fece più a correre e si fermò sopra una roccia per riposarsi. Pensando ad alta voce, disse: "Se mamma m' vede aiuta Gennarin' sì" (Se mamma mi vede, aiuterà il suo Gennarino".     
In quel preciso momento una pallottola gli strappò la giacca e una gli sfiorò l'elmetto. Erano i giorni di Caporetto, e portava l'ordine di ritirata.
Quando io ho prestato il servizio militare nel Friuli sono andato a vedere tutti i posti di cui il nonno mi aveva raccontato: Villa Vicentina, San Vito al Tagliamento, Tarcento Arzene. Mi feci volontario per essere tra i militari che dovevano fare il picchetto d'onore al sacrario di Redipuglia. Mi raccontava degli ammutinamenti e delle fucilazioni di uomini scelti a sorte nei battaglioni che si rifiutavano di andare all' assalto alla baionetta. Raccontava pure di un capitano aquilano che prestava servizio nel battaglione di fanteria di stanza nel Castello, che, per aver fatto fucilare alcuni soldati della sua compagnia, fu ucciso, insieme a un sottotenente, con un colpo tirato alle spalle da chi voleva vendicarsi della sua brutalità".

 



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