poesia: Il freddo di marzo

Il freddo di marzo

Il freddo di marzo

Racchiude il dolore delle mie braccia

Scende la pioggia

Sbatte sui tragitti crocifissi dei miei occhi

Infuria con rabbia

Sulle vecchie case terremotate

S’infila l’acqua come serpe tra gli scogli

Un ultimo anelito di vita

Furtivo lambisce i pochi giacigli

Nelle chiese

Si leva il canto

Fra un po’ muore il signore

In questa mia città

È morto da tre anni

E non risorge

Assassinato dal sisma e dal dolore

Che ha rotto i cuori e gli animi impotenti

Finisce vittima dei tanti tormenti

Che accompagnano la vita mia

E dei concittadini

Scendono oggi copiose

Le lacrime di Dio

A risciacquare cuori puzzolenti

Luridi esempi di triste resa

Di accettazione degli eventi

Che condannano la mia terra alla tristezza

Per i prossimi anni

Vivremo solo di tormenti

Affranti per la perdita della genitrice

Che accompagnò nel tragitto della vita

Tanti di noi e che ancora

Si spera, possa tornare a farlo

Nei prossimi anni di vita

Con il sorriso e non con le lacrime

Dettate dai disegni dell’artista

Che spegne il fuoco che brucia nelle vene

E ci sotterra sotto coltre di dolore

Potrà gioire ancora questo cuore?

Forse domani…

Ma solo se risplenderà il sole

Su queste mura e su queste strade buie

Dell’Aquila rinata a nuova vita

Di nuovo madre

Per noi

E per i nostri figli

 

 

Cristina Spennati (Marzo 2012)

 



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