FIORELLINO MIO -  BRIGIDA GIUSTI (1920-1934) - di Fernando Acitelli -

                                        FIORELLINO MIO

 

BRIGIDA GIUSTI (1920-1934)

 

- di Fernando Acitelli -

 

Mia nonna Maria era a letto con la polmonite. La casa parve subito in balia degli eventi. Nel 1930 con una polmonite si poteva osare un chiaro cenno al Creatore: «Eccomi, sto per arrivare». Mia nonna forse sfiorò un simile pensiero ma le riuscì di superare quell’aggressione; nel dolore sarebbe comunque sprofondata quattro anni dopo con la morte della sua primogenita Brigida. Mia nonna era a letto con la polmonite ma Brigida, una moretta sempre sorridente e che in quei momenti aveva dieci anni, osservò quella rappresentazione che le calava dinanzi gli occhi e subito divenne colei che, in casa, avrebbe organizzato ogni cosa. Non posso dire che a cinque anni mia madre potesse darle una mano ma di certo contribuì con atti sorridenti. Mia madre aveva un sorriso lieve che già allora sembrava schivare ogni pensiero di felicità. Giocava con quali balocchi mia madre nella casa lassù, in montagna, alla Piazzetta del Forno? E comunque, mi dona sollievo pensare che mia madre stesse dietro alla sorellina maggiore. Ma in che modo, per quale imprevista fortuna mia madre schivò la difterite che avrebbe condotto a morte zia Brigida? Non era la stessa casa? Non respirava la stessa aria? A questo punto mai sono riuscito ad andare avanti e ho sempre interrotto la narrazione. Mi fermo sempre a mia nonna a letto con la polmonite e mia madre che osserva la scena del mondo nella quale è compresa anche quella stella di mia zia Brigida. Non ho mai potuto chiamarla così e questo fatto l’avverto come una mutilazione. Dunque, vediamo: c’è mia nonna, c’è Brigida, vera donna di casa  a dieci anni e poi c’è mia madre. La famiglia  è inoltre composta da mio nonno Lorenzo e da un altro figlio, Antonio. La casa è in montagna, il paese si chiama Assergi  e le case sono tutte di pietra, anche quella che riguarda i miei cari alla Piazzetta del Forno. Mio nonno è maniscalco e ha un diploma dove è scritto che lui è un maestro di mascalcia. Mio nonno sverrà quando al cimitero daranno sepoltura alla piccola Brigida. «Muoio e non ti vedo più...» - diceva in braccio al padre qualche giorno prima. La statua della Madonna, per la festa di San Franco, era portata in processione e dalla finestra la mia piccola zia Brigida la invocava: «Salvami, Madonna! Salvami!» - nel mentre si sentiva soffocare. Mio nonno svenne alla sepoltura; mia madre aveva nove anni nel ‘34 e vide la sua sorellina finire sotto terra. Mia madre ebbe il cuore forte e attutì - non so con quale forza, con quale coraggio - quanto le si stava svolgendo dinanzi. Mia madre a novanta anni e oltre ancora si commuoveva ripensando a quei momenti e non faceva altro che ripetere quelle frasi della sua sorellina che su ho scritto. Oggi mi sento felice, ho scritto della sorellina di mia madre, Brigida, che io non ho potuto chiamare zia. Anche questa volta credevo di non farcela e a metà cammino di questa narrazione ho pianto. Brigida Giusti aveva quattordici anni nel ‘34. Mio nonno svenne durante la sepoltura. A novanta anni e oltre mia madre piangeva e non faceva altro che ripetere quelle frasi della sua sorellina salita in cielo nel giugno del ‘34.

 

***

(Ero partito con l’intenzione di narrare di mia nonna a letto con la polmonite nel 1930 non pensando minimamente di avere il coraggio di raccontare di mia zia Brigida, mia zia di quattordici anni e adesso che leggo quel nome ricordandola brevemente con quelle sue parole, ritengo di aver superato una grande prova e mi sento pacificato. Le poche parole sono meravigliose quando riescono a ricordare un nome e a porgli attorno una cornice di amore).

 

Di seguito la poesia su zia Brigida, pubblicata nel mio libro CANTOS ROMANI del 2012.

 

Canto XXI

 

Mia zia piccola, mia piccola zia,

mia zia di tredici anni

e duecentotrentanove giorni, mia piccola zia

volata in cielo, ecco, io potrei ora

procurarmelo un Bactrin qualsiasi, una

cefalosporina, un ampio spettro generico

e dedicare dunque attenzione a quell’uncinato

microrganismo che non decretò più il tuo

respiro su questa terra e s’inferocì sulla tua

gola, sul tuo visetto fino a soffocare tutto, ecco,

io adesso scendendo in strada, a sperdermi ovunque

in vicoli, anche a sguardi torvi chiederei

consiglio su dove trovare quella molecola

e la ciurma allora, proprio sortendo

dalla stamberga, dall’antro, dal basso

a lumicino, m’indicherebbe il luogo, una

farmacia alla buona, notturna, malmessa in vero, ed io

a raggiungerla – deserta, che gioia! – e a imbattermi

nell’occhialuto dottore, curvo e vero, tra polvere d’Erbari

 e Codici e alambicchi e pozioni e fumenti, e lui a dirmi:

«L’aspettavo, attenda qui dunque che rovisto…Dev’essere

rimasta l’ultima pastiglia, quella che le riassume tutte

per la sua potenza, un missile, mi creda. Ove finirà il suo

fiorellino? Ma qui tra noi! Ne stia pur certo! Strana notte

questa, molti casi urgenti ma…io attendevo proprio lei».

E dunque, ricomparso, e donatami la molecola, subito

a indicarmi l’autobus, l’ultimo, laggiù, prima della stazione:

«Faccia presto, mi raccomando, e telefoni una volta

somministratole il farmaco». Ed io allora a fuggire e a

ripetere all’autobus vuoto, allo sconsolato autista:

«Mia zia piccola, mia piccola zia, sto arrivando, ho in mano

la polverina, questioni di attimi e sarò lì a stringerti per sempre…».

 

Brigida Giusti, Assergi (28.10.1920 – 24.6.1934). Sorella di mia madre, morì di difterite a quattordici anni ancora da compiere.



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