Matrimonio e nuova vita a L'Aquila per un profugo curdo

<Già è meglio> ripete, in perfetto italiano, Mohammed Duski a poche ore dal matrimonio con la sua “Giulietta”, Juliette Soudan. Nessun amore contrastato come nella storia tra Capuleti e Montecchi ma anche il loro passato, soprattutto di lui, è contornato da lotte, o meglio, guerra, peripezie. Ora il peggio sembra veramente passato ma lui è un profugo curdo, fuggiasco dall’Isis che l’aveva rinchiuso in carcere. Gli hanno sparato, è nella lista nera. Eppure in Iraq insegnava Storia dell’arte, si apprestava a fare una mostra con i suoi dipinti. Non glielo hanno permesso, è dovuto fuggire, ha lasciato lì i suoi quadri ma anche il papà e la sorella, l’unica che non beneficia del ricongiungimento parentale. Non, invece, i fratelli profughi, come lui, in Europa. La sua salvezza sette anni fa: a fine 2015 è giunto in Danimarca, l’11 gennaio 2018 a L’Aquila come richiedente asilo. Due giorni dopo la felicità, il futuro che si schiudeva nello sguardo di Juliette.
L’ha incontrata nel centro di accoglienza di via Roma dove lei lavorava come mediatrice culturale. Si sono piaciuti subito ma ha vissuto per altri sette o otto mesi in un’altra comunità. Poi, uscito anche da lì e ha conosciuto <tanta solidarietà, gli amici buoni, quelli tranquilli. L’opposto dell’accoglienza dove ho visto cose brutte, cattive, razziste>. Una realtà confermata anche da Juliette: <Ci sono posti in cui le cose funzionano e altri meno poiché la stessa figura del mediatore culturale non è utilizzata nel suo ruolo istituzionale. Nei centri, poi, convivono storie tremende. Pensiamo a chi proviene dall’Africa che deve metabolizzare un doppio trauma: quella della povertà, del terrorismo e della guerra e quello del barcone. Ho visto veramente gente traumatizzata che durante i colloqui con gli psicoterapeutici si assentavano e si chiudevano. È solo l’inizio della terapia, per quella reale ci vogliono anni: la paura di morire, delle torture non passa in pochi mesi>. Per questo ora Juliette vuole dedicarsi ad altro, a lei stessa, ad allargare la famiglia. Lei ne ha viste tante nei centri; lui, quasi per transfert, vuole metabolizzare il suo vissuto ed è ora diventato mediatore in una comunità minorenne di Pizzoli. <Rivivo ciò che ho vissuto sulla mia pelle, e, in più sono un po’ psicologo, legale, genitore e maestro d’arte>. Quel ruolo da insegnante, proposto dall’Accademia delle Belle Arti dell’Aquila, ma non concretizzatosi perché dall’Iraq non hanno spedito gli attestati di diplomi. Il suo futuro prossimo è qui: fra un anno una sua mostra e poi o mettere a frutto il corso di parrucchiere, seguito in Danimarca, o iscriversi a Ingegneria. Per progettare, mai, però, per il suo Paese d’origine: <ci sono alcune città da ricostruire da zero ma il Governo ancora non ha trovato l’accordo sull’aiuto da erogare. Non sarà del 100% come qui per il terremoto e l’incertezza frena anche i cittadini consapevoli che i disordini, specie nelle zone di confine, sono ciclici e si è sempre in guerra>.


Federica Farda

 



Condividi

    



Commenta L'Articolo