Laboratori del Gran Sasso, l'universo sotto terra - da "la Repubblica" 4 maggio

Questo testo fa parte dell'album di Italian Tech "Alla ricerca di un futuro migliore", in edicola con Repubblica il 4 maggio.

Quando il grande portone di acciaio si apre e dal tunnel del Gran Sasso l'auto si addentra nel cuore della montagna, si provano la reverenza e l'emozione di chi è ammesso in un santuario della conoscenza. È nell'ossimoro di rinchiudersi sotto 1.400 metri di roccia per indagare gli astri e l'universo che la mente prova una vertigine, ammirata per la straordinaria capacità degli scienziati di ipotizzare e cercare risposte là dove per un profano sarebbe meno plausibile trovarle.

La nostra visita inizia con la spiegazione del perché nel 1979 il fisico Antonio Zichichi ebbe l'idea di dotare l'Istituto nazionale di fisica nucleare, di cui era presidente, di un grande laboratorio sotterraneo dedicato alla fisica fondamentale. I Laboratori Nazionali del Gran Sasso non si trovano nel cuore di una montagna per nascondersi, per fare esperimenti segreti, o celare materiali pericolosi. Gli scienziati cercano al riparo della roccia le risposte a domande quali "Come è nato l'universo?", "Come funzionano le stelle?", "Qual è la natura del neutrino?", "Che cosa è la materia oscura?" perché per i loro esperimenti hanno bisogno di un ambiente a bassa radioattività naturale. La montagna serve infatti da ombrello che ripara dalla pioggia cosmica. Nelle grandi sale e nelle ampie gallerie, grazie alla roccia di tipo dolomitico, capace di ridurre il flusso dei raggi cosmici e di per sé contenente soltanto una piccola percentuale di uranio e torio, principali responsabili della radioattività naturale, penetrano meno le particelle di origine galattica ed extragalattica. È come se nei Laboratori si potesse ascoltare meglio la voce dell'universo perché si è ridotto il rumore di fondo.
Zichichi, consapevole dell'ambiente necessario allo studio di particelle altrimenti difficilissime da osservare, ebbe l'intuizione di sfruttare i lavori per il traforo lungo l'autostrada A24 Roma-L'Aquila per la creazione di un grande centro di ricerca. Le opere di scavo per la costruzione delle sale sotterranee su un lato del tunnel autostradale che attraversa il Gran Sasso cominciarono nel 1982 e costarono 77 miliardi di lire (meno di 40 milioni di euro). I Laboratori divennero operativi nel 1987 e oggi, per dimensione e ricchezza della strumentazione scientifica, sono la più grande e importante struttura al mondo nel suo genere, dove 1.000 scienziati provenienti da 30 Paesi sono impegnati in circa 20 esperimenti in diverse fasi di realizzazione. I LNGS sono uno dei quattro laboratori dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare - gli altri tre sono a Catania, Frascati (RM) e Legnaro (PD) - finanziati dal Ministero dell'Università e della Ricerca, mentre i progetti sono collaborazioni internazionali e sono co-finanziati da università ed enti scientifici di tutto il mondo.
Le grandi sale scavate nella roccia, ognuna delle quali misura 100 metri di lunghezza, 20 di larghezza e 18 di altezza, l'imponente tecnologia necessaria per le ricerche e per ottenere una climatizzazione ottimale - a causa della quantità d'acqua presente nella montagna la temperatura naturale è di circa 7 °C e l'umidità è quasi del 100% durante tutto l'anno -   possono dare l'impressione che i costi per lo Stato siano enormi, invece le cifre sono assai contenute.
"Nel nostro bilancio ciò che pesa di più è la gestione ordinaria delle strutture − spiega Carlo Bucci, responsabile della Divisione Ricerca - . Ora abbiamo vinto un bando importante finanziato dal Pnrr, grazie al quale provvederemo a realizzare una serie di potenziamenti e ammodernamenti dei LNGS, tra i quali il potenziamento dell'efficientamento energetico, con una serie di interventi sulle strutture esterne".
A poca distanza dall'ingresso alle gallerie sotterranee, ad Assergi, c'è infatti una parte esterna dei LNGS, dove sono ospitati uffici, altri laboratori, servizi di supporto, sale conferenze e biblioteca. È nella sala mensa con vista panoramica che si intuisce perché i responsabili ripetono spesso parole come  "internazionalizzazione" e "democrazia della ricerca" e perché scienziati da tutto il mondo vogliono portare al Gran Sasso i loro esperimenti. Donne e uomini di provenienze ed età diverse non smettono di confrontarsi sul loro lavoro davanti a un piatto di pasta, i loro visi accalorati dalla discussione svelano la passione che li rende capaci di dedicare una vita intera a cercare di confermare un'ipotesi.

Al di là dei macchinari sofisticati e dell'imponenza delle strutture dei Laboratori, è parlare con i responsabili di progetto che guida al cuore della ricerca.

 

Marcello Messina è il fisico che coordina uno degli esperimenti di punta, XENONnT, titolato in maniera suggestiva dal materiale divulgativo dei LNGS "Illuminare il buio". Scoprire la natura della materia oscura, o dark matter, è una delle sfide principali della fisica moderna, poiché le osservazioni astrofisiche hanno evidenziato senza dubbi che la maggior parte della massa contenuta nelle galassie e nelle più grandi strutture osservabili del cosmo non è luminosa, cioè non emette o assorbe radiazione elettromagnetica, ma oscura. La materia oscura potrebbe essere fatta di una nuova particella ancora sconosciuta, che l'esperimento XENONnT cerca di individuare.
Messina, con passate esperienze pluriennali in vari istituti di ricerca esteri come la Columbia University e la New York University Abu Dhabi, spiega tutto questo di fronte a una specie di palazzina a tre piani costruita nella galleria, riuscendo intanto a illuminare perfino degli ignoranti in fisica come noi sul suo esperimento. La struttura è trasparente, al suo interno i ricercatori si muovono tra cavi, schermi e bombole collegati all'esterno a una sorta di silos, pieno di xenon ultra puro, un gas nobile, incolore, inodore e molto pesante. Il grande serbatoio è in realtà una camera a proiezione temporale, nella quale lo xenon è il mezzo utilizzato per rivelare le interazioni di materia oscura.

"L'idea di costruire le pareti della palazzina in materiale trasparente è nata quando ero alla Columbia University - racconta Messina - , insieme alla professoressa Elena Aprile abbiamo pensato che aiutasse a comprendere che qui dentro non facciamo cose strane, che non c'è nulla da nascondere. L'idea è piaciuta a tutti e ci siamo accorti che fino a quel momento non si usavano pannelli trasparenti pensando di risparmiare, invece abbiamo scoperto che costano meno". Il primo nucleo del progetto Xenon è partito nel 2005 e i 18 anni già trascorsi sottolineano un altro aspetto fondamentale delle ricerche di fisica nucleare in generale e degli esperimenti in corso ai LNGS. "Con grande approssimazione possiamo dire che la vita media dei nostri esperimenti è di 20 anni - dice Messina - . Non si tratta soltanto di elaborare un'ipotesi di ricerca e il metodo che intendiamo usare, bisogna anche costruire tutta la strumentazione".

Di fatto, gli scienziati dedicano la loro vita ad attendere di registrare la rara collisione di una particella molto elusiva. Ci vuole un'enorme dose di ottimismo?

"Intanto è importante sottolineare che anche se questo non dovesse mai accadere il nostro esperimento ha già dato risultati fondamentali nell'accertare il limite migliore per la ricerca della materia oscura e sta preparando le basi per la prossima ricerca, o il terreno per il passo successivo - chiarisce lo scienziato -.  Non solo, sia i nostri dati, sia gli strumenti che usiamo per ottenerli hanno spesso implicazioni pratiche, basta pensare che esami medici come la Pet e tutta la diagnostica moderna si basano proprio sulla fisica nucleare. In ogni caso - e qui il viso di Messina si trasfigura come in estasi - sono d'accordo con Fernando Ferroni (ex presidente dell'Infn ndr) il quale definì la ricerca come una delle più grosse espressioni dell'amore puro. Talvolta può sembrare frustrante cercare un segnale e non trovarlo, ma tutto quel che si scopre nel mentre è altrettanto importante. Nella ricerca di base il percorso è più importante del risultato".

In queste gallerie, esperimenti, ricerca, risultati, si legano in un continuum di dedizione, sguardo al futuro e considerazione del passato. Percorriamo una galleria fino a un piccolo magazzino, dove sono conservati reperti di 2000 anni fa, che si sono rivelati indispensabili per l'esperimento Cuore sulle proprietà dei neutrini. Sugli scaffali ci sono infatti lingotti di piombo provenienti dal relitto di una nave romana affondata nel I secolo a. C. vicino a Oristano, in Sardegna. All'inizio degli anni Novanta, l'Infn e la Soprintendenza sarda si consorziarono per recuperarli. Ne furono portati in superficie circa un migliaio, e 270 sono stati fusi per essere usati come schermatura estremamente pura. I romani separavano infatti l'argento dal piombo, rimuovendo così, inconsapevolmente, anche l'uranio e conferendo al metallo rimanente caratteristiche uniche.
La continuità tra passato e futuro è ancor più evidente nell'officina dove il team di ricerca di Donato Orlandi, ingegnere aerospaziale, responsabile del servizio di meccanica, opera tra sofisticate stampanti 3D e tradizionali banconi con le morse. Qui si contribuisce alla creazione di apparati come l'esperimento Borexino per lo studio dei neutrini solari, caratterizzato da un contenitore in acciaio inossidabile di 18 metri di altezza, o degli assiemi meccanici complessi dell'esperimento DarkSide, che cercherà evidenze dirette di materia oscura. Orlandi spiega il complesso lavoro di progettazione e ideazione dei componenti e, ancora una volta, ascoltandolo si comprende l'importanza di una ricerca che, progettando per il futuro, regala tecnologie preziose al presente.

"Partendo dalle esigenze degli esperimenti facciamo studi e prototipi che - sottolinea Orlandi - si trasferiscono molto spesso nell'utilizzo di massa. La nostra fortuna è di studiare e applicare direttamente quel che creiamo e, rispetto alle aziende che hanno necessità di fare subito guadagni, trascurando spesso la ricerca e lo sviluppo, noi possiamo fare ricerca scientifica e sviluppo industriale insieme, guardando sempre un po' più avanti di chiunque altro".

L'importanza dei LNGS per il trasferimento tecnologico è sottolineata ancora da Bucci a conclusione della visita.

"La tecnologia che usiamo tutti i giorni si basa sulla fisica di almeno 30 anni fa. I nostri esperimenti hanno vita lunga e parte della ricerca e sviluppo in cui siamo impegnati sono propedeutici ad altri che dovranno partire in futuro. Il nostro modus operandi si basa sulla democrazia della scienza, per cui la scelta degli esperimenti avviene sempre attraverso un processo di confronto e tutti i dati sono condivisi. Non c'è niente di segreto, sia perché i finanziamenti sono pubblici, sia perché dai nostri esperimenti non scaturiscono brevetti immediati. Il nostro obiettivo principale è la ricerca pura. Mi piace citare, a questo proposito, il fisico e divulgatore americano Richard Feynmann che paragonava la fisica al sesso: ci sono delle conseguenze pratiche, ma non è per questo che la facciamo. Il punto è che ci piace la scienza di per sé".

 



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