SAN CLEMENTE: IL FASCINO DISCRETO DI UN’ANTICA CHIESETTA NELLA CAMPAGNA DI ASSERGI

Riproponiamo per i lettori di “Assergi Racconta” uno scritto di Giuseppe Lalli tratto dal suo libro “Pagine di religiosità aquilana” e ispirata da una gita di qualche anno fa (2017) a San Clemente. (a. g.)

SAN CLEMENTE: IL FASCINO DISCRETO DI UN’ANTICA CHIESETTA NELLA CAMPAGNA DI ASSERGI

 

                                              di Giuseppe Lalli

Domenica 30 aprile (2017), seconda dopo Pasqua, come avviene da qualche anno in omaggio ad una tradizione durata fino alla metà del secolo scorso, si è svolta una passeggiata da Assergi fino alla suggestiva chiesetta di San Clemente.

Al termine di una messa celebrata dal parroco di Assergi, ci si è intrattenuti piacevolmente a consumare un ottimo pasto offerto dal Comitato Feste di Assergi e dall’Amministrazione Separata Beni Usi Civici di Assergi col suo animatore Franco Sabatini.

La bella chiesa campestre, sobriamente restaurata sul finire degli anni sessanta del secolo scorso, si trova a circa quattro chilometri dal centro abitato.

Il piccolo tempio era chiamato anticamente “San Clemente in fratta”, forse a motivo della fitta vegetazione che un tempo ne impediva la vista (1) o forse...chissà, per una vocazione alla riservatezza propria degli assergesi.

È intitolata a uno dei primi papi, San Clemente, terzo successore di San Pietro, probabilmente martire, come tutti i primi vescovi di Roma, sotto l’imperatore Traiano nel 97 d.C.

È onorato sia dalla Chiesa cattolica che da quella ortodossa.

La chiesetta, come si diceva, sembra quasi costruita per rimanere nascosta, e ciò ha potuto far supporre a Nicola Tomei (1718-1792), preposto di Assergi dal 1742 al 1764, nonché apprezzato studioso e insigne latinista, che nei tempi eroici dei primi cristiani essa possa essere stata rifugio dei perseguitati. Del resto queste nostre contrade videro il martirio di San Massimo, in quel di Forcona (nei pressi dell’attuale Civita di Bagno), di Sant’Eusanio, poco più in là, di Santa Giusta, nel territorio dell’attuale Bazzano, di San Vittorino, in terra amiternina (2).

Il Tomei, altresì, sulla base di un manoscritto, andato perduto, di un suo predecessore, in cui si riferiva di un’antica tradizione che voleva essere stati seppelliti nella chiesa «vari corpi di Santi», fece praticare sul suolo, senza successo, dei saggi da «Cavatori de’ Martiri in Roma, fatti venire da Filetto», allo scopo di scoprire qualche catacomba (3).

Una conferma di questa tradizione “catacombale”, in seguito ripresa acriticamente da altri autori, «potrebbe desumersi dal nome della vicina località, detta “Via Santiri”: forse “Sancti viri”, cioè santi uomini»(4).

Il piccolo edificio sacro, che ha la forma di un «oratorio a lunga capanna ed abside semicircolare forata da finestrella monolitica ogivale» e la sua origine in quella cultura cirstercense duecentesca diffusa nell’area del Gran Sasso (5), nel corso dei secoli subì vicende alterne: più volte diruta, più volte ricostruita.

Da ricordare, nel 1780, un intervento riparatore fatto a sue spese dall’assergese Franco Forgione (esiste nel centro storico di Assergi una via ed arco Forgione), che forse intese così ripagare un debito contratto con la chiesa (6).

In età più antica, oltre che a Pasqua, si andava al tempietto anche nella festa di San Clemente, di cui la liturgia cattolica fa memoria il 23 novembre (7).

In quei tempi di diffusa fede popolare, lassù, oltre che per celebrare la Risurrezione di Gesù, ci si recava per beneficiare dell’indulgenza che Urbano VIII, papa dal 1623 al 1644, aveva confermato a richiesta del canonico della Prepositura di Assergi Don Antonio Nardone (8).

Sembra quasi di vederlo questo antico pellegrinaggio notturno rischiarato dalla flebile luce delle torce: si saliva alla chiesetta passando per la “Cona”, per poi ridiscendere per sostare in preghiera davanti all’altra chiesetta, quella rupestre di “Santa Maria della Croce”, oggi chiamata semplicemente “Santa Maria”, in un’atmosfera di fervore che la cornice naturale rendeva ancor più suggestiva.

Infine, un ricordo caro alla famiglia dello scrivente.

La chiesetta era meta preferita delle passeggiate di Elpidio Lalli (1850-1941), mio trisavolo, direttore didattico e ispettore scolastico, uomo di vasta cultura che lì si recava a ritemprare il corpo e a lenire, forse, le sue inquietudini esistenziali.

(“Santa chiesetta solitaria, amica dei miei pensieri”…).

Elpidio Lalli, sull’intonaco di una parete interna, lasciò scritto, oltre alla frase anzidetta, i versi che seguono, di sapore carducciano, non senza aver annotato la data e l’ora, in un misto di slancio poetico e di...burocratica precisione.

 

«Cara chiesetta

che preghi Iddio tra miti colli ascosa,

la tua quieta solitaria posa

pensier di pace al cor teneri dètta!

 

Tacita in su la sera la vecchietta

move vêr te con l’anima ansiosa:

prega; e al sospiro suo, madre pietosa,

tu con la voce tua rispondi eletta.

 

Vien di lontano a te la verginella

e tutta narra la segreta cura

che il sen le morde, e in te quasi s’oblia.

 

Ti saluta ogni core quale stella

d’amor, di pace, e le tue quete mura

sono un balsamo al cor d’ogni alma pia.

 

                           (Giovedì 18 dic. 1902

                                       ore 3 meno 20)

 

NOTE AL TESTO

 

1) N. TOMEI, Dissertazione sopra gli Atti, e Culto di S. Franco di Assergi, Napoli, Coda,1791, p.46.

2) Ivi, pp. 11 e 45.

3) Ivi, p. 11.

4) D. GIANFRANCESCO, Assergi e S. Franco – eremita del Gran Sasso, Roma, abete grafica s.p.a., p. 240.

5) O. ANTONINI, Chiese ‘extra moenia’ del Comune dell’Aquila prima e dopo il sisma, Castelli-Teramo, Verdone Editore, 2012, p. 141.

6) D. GIANFRANCESCO, Assergi e S. Franco, cit., p. 241.

7) Ivi, 242.

8) Ibidem.



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