Ad Assergi, una festa in onore di San Franco nella sola dimensione religiosa

“Minima moralia”: 5 giugno 2023 ad Assergi, una festa in onore di San Franco nella sola dimensione religiosa.

LA “TESI” DI FRANCO

- di Giuseppe Lalli -


 

Ieri, 5 giugno, giorno in cui ad Assergi da tempo immemorabile si onora San Franco, principale protettore del paese, in occasione della funzione religiosa delle ore 11, la chiesa parrocchiale, nonostante si trattasse di un giorno feriale, era piuttosto affollata, segno evidente che, a dispetto del secolarismo, vale a dire la tendenza, invalsa in Italia a partire dalla seconda metà del secolo scorso, a considerare  la fede religiosa un’idea che non orienta le più le nostre esistenze, c’è ancora nell’uomo d’oggi un bisogno di sacro e di senso che non si è ancora spento nel cuore delle persone. Appropriata è stata l’omelia di Don Manuel, che, con sintesi originale ed efficace, ha paragonato la esemplare vita di San Franco ad una ‘tesi’, termine che, etimologicamente, significa ‘posizione’, cioè scelta da difendere e dimostrare come valida, nonostante il parere contrario di altri. Franco, infatti, “folle di Cristo”, ragazzo di buona famiglia, non si rassegnò ad una tranquilla esistenza di agiato proprietario, a cui lo destinava la condizione sociale della sua famiglia, ma scelse prima, e difese poi nei confronti dei suoi stessi genitori, un’idea della vita – una “visione”, come oggi si ama dire – in cui la sete dell’assoluto aveva la preminenza su tutto il resto.

È questa radicalità ideale, così estranea alla mentalità moderna, che nonostante tutto ancora attrae, e che spiega un interesse nei confronti del santo eremita che, pur scemato attraverso i decenni, non è morto.

Emblematica, a questo riguardo, è la testimonianza raccolta da Antonio Giampaoli, animatore di “Assergi Racconta”, intervistando alcuni visitatori, venuti da Carpineto  della Nora in provincia di Pescara, che prima della messa si erano recati, nonostante la pioggia battente, all’Acqua di San Franco (un piccolo santuario montano che incornicia una sorgente che l’uomo di Dio fece sgorgare miracolosamente); e questo per tener viva una tradizione che era stata già di un nonno, che non a caso si chiamava Franco, e di una bisnonna. Ciò sta a dimostrare che la devozione nei confronti dell’eremita del Gran Sasso, ancora nella seconda metà del secolo scorso, era assai diffusa nel territorio abruzzese. Uno del gruppo, anziano ma non troppo, ricordando che fin da piccolo veniva con l’autobus nella chiesa-santuario accompagnato da sua madre, riferendosi a San Franco, ha detto, testualmente, che “senza di lui, senza l’aiuto di questo santo non si riesce ad andare avanti. Ogni anno, quando io vengo qua mi sento un altro, mi sento libero (ha detto proprio così: «mi sento libero») e è la giornata più bella che io possa trascorrere in vita mia”.


Quale differenza rispetto all’orgoglio intellettuale di persone che hanno letto appena “quattro libri” e credono di aver capito tutto, mentre non hanno capito niente.

Sono parole, quelle sentite, che non hanno bisogno di essere chiosate, espressione di una saggezza che viene da lontano e dalle quali trasuda quella religiosità popolare che non è mai scomparsa e che è una risorsa immateriale ma efficace a cui l’Italia e l’Europa potranno attingere nella difficile stagione che si annuncia.



Condividi

    



Commenta L'Articolo