CORPUS DOMINI AD ASSERGI - di Giuseppe Lalli

Lo scritto che segue è tratto dal libro “Pagine di religiosità aquilana”  autori Giuseppe Lalli e Enrico Cavalli), pubblicato nel 2021 (a.g.).

 

 

CORPUS DOMINI AD ASSERGI

- di Giuseppe Lalli -

Nel giorno della festa del Corpus Domini, ad Assergi, fino a qualche decennio fa, alla messa del mattino seguiva una processione che, muovendo dalla piazza, si snodava lungo le vie del borgo, costeggiando le mura di cinta dell'antico castello.
Dalla “strada ritta” si attraversava “ju post nna porta” (“il posto vicino alla porta”), vale a dire il piccolo slargo adiacente alla storica porta principale dell’antico castello (detta “la porta”, per eccellenza) per arrivare fino alla “port ju còll” (“porta del colle”), altra porta storica, sfiorando la “Cimosca”, il ventre popolare del villaggio, e ridiscendendo per le scalette della "Costa", per rientrare infine alla chiesa parrocchiale passando per “porta Ranna”, l’entrata principale del tempio.  
Un piccolo inciso.

La “Pistérola”, che s’incontrava e quasi si accarezzava poco prima di “porta del colle” (e a cui lo scrivente ha dedicato altra più articolata e affettuosa trattazione) è località così chiamata perché, secondo quanto tramandato dalle passate generazioni, in quel punto, dove poi sorse una piccola edicola dedicata alla Madonna, per intercessione della Vergine si sarebbe arrestato il contagio della peste (da qui il nome) che, proveniente da Napoli, l’allora capitale, dove aveva procurato un numero ingente di morti, colpì il L’Aquila e la sua provincia nell'estate del 1656 e mietette ad Assergi un gran numero di vittime.

Si trattò di una delle tante pestilenze che nei secoli passati funestarono periodicamente la vita delle comunità. Le più note furono quella del 1348 (la peste nera), che colpì particolarmente Firenze e quella del 1630 (di manzoniana memoria), che infierì sulla popolazione del Milanese.

Non sarà un caso che a entrambe queste sciagure collettive fecero da sfondo due capolavori della letteratura italiana quali "Il Decamerone" di Giovanni Boccaccio (1313-1375), in riferimento alla peste del XIV secolo, e “I Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni (1785-1873), per la peste secentesca; a riprova del fatto che la sofferenza è il miglior carburante della creazione artistica e poetica (le ricostruzioni prendono l'avvio sempre dal cuore...)
Per tornare alla processione del Corpus Domini, c'è da ricordare che lungo il percorso, dalle finestre, pendevano coperte dai mille colori, mentre le bambine gettavano sulla strada petali di fiori raccolti in eleganti canestrini. Era l'omaggio regale che dalle case si tributava a Gesù che passava nella forma di una bianca ostia che faceva bella vista in un ostensorio argentato che il sacerdote teneva nelle mani sotto un baldacchino portato da quattro uomini.
Suggestioni di un piccolo mondo antico, dove le feste religiose scandivano, insieme al ritmo delle stagioni, la vita della comunità; e trasmettevano, insieme ai tesori del passato, sentimenti rassicuranti per l’avvenire: una promessa di felicità futura che la fede cristiana sapeva trasmettere ai cuori.



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