In tre anni, L'Aquila ha cambiato volto: da città distrutta a città abbandonata

Nei tre anni che ci separano da quel tragico 6 aprile 2009 L’Aquila ha cambiato volto: da città distrutta a città puntellata e, oggi, a città abbandonata, ridotta a rudere dall’incapacità di dipanare il fitto intreccio di soggetti, enti, istituzioni, strutture, competenze, attribuzioni, interessi, finanziamenti, inchieste giudiziarie, che ha finito per paralizzare e congelare qualsiasi atto o movimento rivolto a restituire attività e vitalità all’area del cratere e all’Aquila in particolare.
In questo scenario desolante s’inquadra il Forum Ocse-Gröningen sulle strategie di sviluppo nei territori terremotati che il Governo ha promosso lo scorso 17 marzo in un luogo simbolo dell’eccellenza nella ricerca, la sede dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso ad Assergi (L’Aquila), con l’obiettivo di cambiare indirizzo nella gestione post terremoto.
Nell’incontro, presieduto dal presidente del Consiglio Mario Monti e che ha visto la partecipazione anche dei ministri dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Francesco Profumo e degli Interni Anna Maria Cancellieri, è stato presentato il progetto sostenuto dal ministro per la coesione territoriale Fabrizio Barca, elaborato dall’Ocse (Organizzazione per la cooperazione dello sviluppo economico) e dall’ateneo olandese di Gröningen nel quadro del progetto «Abruzzo verso il 2030: sulle ali dell’Aquila», presentato dai media con la definizione un po’ riduttiva di progetto Smart City, e finanziato dal dipartimento per lo Sviluppo e la coesione economica (Programma Operativo Nazionale Governance e Assistenza Tecnica Fesr 2007-2013) e dal Comitato Abruzzo (Confindustria, Cgil, Cisl e Uil).
Il progetto (del quale è stata presentata la prima tappa, destinata a alimentare il confronto; le conclusioni sono previste a dicembre 2012) propone alla città una nuova visione di futuro: ne rilancia la ricostruzione nelle forme di una «città intelligente» che sfrutta le nuove tecnologie per migliorare la qualità della vita e il benessere dei propri cittadini, e suggerisce strategie a livello economico, politico, sociale che la mettano in grado di allacciare nuovi legami e relazioni con il territorio nei vari ambiti. Individua poi, con l’obiettivo di raccogliere la sfida della ricostruzione, l’opportunità di fare dell’Aquila un «laboratorio vivente» a livello internazionale, promuovendo lo strumento del concorso di progettazione con l’obiettivo di, da un lato, conservare e rivitalizzare lo straordinario patrimonio monumentale e, dall’altro, progettare e costruire luoghi di vita e di lavoro innovativi nella concezione, nelle tecniche e nei materiali.
Il concorso potrebbe poi accompagnare, se si vorrà cogliere anche questa opportunità, la candidatura dell’Aquila a capitale europea della Cultura 2019.

Prove di trasparenza
La distanza tra l’ambizioso progetto e la realtà è rilevata nel dossier informativo presentato dal Ministro per la Coesione Territoriale Fabrizio Barca,anche presentato in questa occasione, «La ricostruzione dei Comuni del Cratere Aquilano», che fotografa impietosamente una situazione molto problematica e tenta, per la prima volta in maniera chiara e trasparente (tutta la documentazione è disponibile presso il sito del ministero, e questo già ci sembra un grande passo in avanti), di ordinare un quadro abbastanza confuso di soggetti istituzionali e non, iniziative, di centri di spesa, di attribuzioni di competenze, di responsabilità, rilevando lo stato di grave inadeguatezza del monitoraggio su questi tre anni di post terremoto.
Dagli allegati alla relazione emerge la situazione sconfortante dello stato dell’intervento sul patrimonio architettonico e edilizio. Pochissimi i cantieri ultimati e pochi quelli in corso, in una varietà e confusione di soggetti, finanziamenti che evidentemente porta all’immobilismo che ha caratterizzato questi anni (in questo quadro s’innesca la campagna per le elezioni amministrative che favorisce interpretazioni strumentali e impedisce un confronto sui temi reali).
Riordinare tutte le informazioni collocando nelle rispettive caselle soggetti, somme, oggetti, date e tempi e, per di più, rendere accessibili tutte le informazioni è in sé un’operazione utilissima, ma proprio perché tende a fare trasparenza sulle procedure e sulle responsabilità, sarà probabilmente difficilmente sostenuta da tutti i soggetti che in questi anni non hanno assunto le proprie responsabilità di fronte alla città e ai cittadini.
La novità è comunque nel fatto che la relazione propone uno schema di informazione e programmazione da tenere costantemente aggiornato che ne potrebbe fare uno strumento efficacissimo per la valutazione e il controllo delle attività di ricostruzione.
Per ora lo schema è parzialmente vuoto e qualche dubbio sulla possibilità che venga completato e, soprattutto, adottato, resta nonostante l’importante operazione di semplificazione, razionalizzazione e riorganizzazione prevista dall’ordinanza governativa del 23 marzo scorso che, tra l’altro, prevede la costituzione di Uffici territoriali per la ricostruzione in ambiti omogenei (in modo da facilitare l’attività di piccoli comuni con ridotte competenze tecniche), restituisce alla Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell’Abruzzo - Ministero per i beni e le Attività culturali la competenza sul patrimonio monumentale eliminando la figura e la struttura del vice commissario, pone una scadenza all’attività di valutazione delle pratiche edilizie di Fintecna Reluis e Cineas.
La distanza, infatti, tra le intenzioni, i programmi e la realtà appare insuperabile se si torna alla cronaca che registra sporadici casi operativi a fronte di un’altalena di cifre e finanziamenti che si rincorrono strumentalmente sulla stampa.

A che punto è la ricostruzione: progetti e cantieri
A marzo 2012, i comuni del cratere che hanno adottato il piano di Ricostruzione sono 22 su 57, e di questi solo 4 hanno proceduto a indire la Conferenza di Servizi. Si tratta spesso di Piani elaborati con il supporto dell’Università: esemplare, tra questi, il piano della frazione di Tempera curato dall’Università di Camerino.
Per quanto riguarda il capoluogo, solo a febbraio il Comune ha presentato, anche sulla stampa, il Piano di ricostruzione sul quale l’Ordine degli Architetti ha espresso un giudizio molto severo, articolato in puntuali osservazioni. Le critiche prendono avvio, ancora una volta, dall’assenza del pur sempre auspicato «scambio di idee e collaborazioni con le categorie professionali operanti nel settore», per concludere che si tratta di un piano che «non ha i requisiti attesi ed è stato redatto in una forma prudenziale che sostanzialmente sancisce il “tutto com’era”» come si legge sulla nota dell’Ordine. È, insomma, un piano ritenuto inadeguato sotto tutti i punti di vista (www.architettiaquila.it).
Sul fronte dei beni culturali e del patrimonio architettonico pubblico la situazione non è migliore: siamo ancora nella fase emergenziale e lontani dalla fase della ricostruzione. Tra iniziative internazionali di adozione di cui si sono perse le tracce (a esclusione del contributo francese per la chiesa di Santa Maria del Suffragio) e programmi come «una chiesa per Natale», «un’opera per ogni comune» o «interventi urgenti per ripresa funzioni pubbliche», rari sono i cantieri avviati o conclusi. Risultano infatti avviati i lavori per non più del 15% delle opere relative agli edifici maggiormente danneggiati. I cantieri in corso riguardano il Castello spagnolo, l’ex mattatoio, un tratto delle mura, la chiesa di San Pietro, mentre è concluso il restauro della Fontana delle 99 Cannelle a Porta Rivera realizzato dal Fondo Ambiente Italiano (Fai).
Rari anche i concorsi di progettazione, nonostante le dichiarazioni dell’amministrazione comunale che «riconosce la procedura concorsuale come modello esemplificativo di procedure virtuose per l’affidamento di incarichi professionali, ritenendo l’evento del concorso un’importante occasione per l’affermazione di valori culturali ed etici legati alla promozione dell’architettura italiana quale garanzia di qualità della ricostruzione di una città così duramente colpita dagli eventi sismici dell’aprile 2009» (dal bando di concorso per il Parco Urbano di Piazza d’Armi).
È in espletamento il concorso di idee, tutto locale, per la realizzazione della nuova sede dell’Ordine degli Architetti, mentre sembra rimasto sulla carta quello relativo alla realizzazione di una struttura polivalente a servizio dei padiglioni dell’ex mattatoio (2010) che avrebbero dovuto accogliere i materiali del Museo Nazionale d’Abruzzo, bandito dal Comune dell’Aquila, gli ordini professionali di architetti e ingegneri della città.
Risulta ancora aperto quello internazionale che riguarda un’area sempre indicata (ancor prima del terremoto) come cruciale per la città: la Piazza d’Armi, che sarà riorganizzata e riprogettata secondo un programma complesso ma non molto chiaro e lineare (www.parcourbanolaquila.it) derivante da un master plan che acquisisce uno stato di fatto definito da interventi, «erosioni» e destinazioni casuali e spesso inappropriati.
Bandito dal Comune dell’Aquila in collaborazione con, tra gli altri, l’Unione Internazionale degli Architetti (Uia), il Consiglio Nazionale degli architetti (Cnappc), l’Ordine degli Architetti dell’Aquila e Inarcassa, e lanciato con grande risonanza sulla stampa, il concorso ha perso, proprio nel mese scorso, la presenza dell’unico organo internazionale, l’Uia, per una questione relativa alla composizione della giuria. Ancora una volta un’occasione persa?


 


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