QUANDO BERLINGUER LODAVA SANTA MARIA GORETTI

Oggi 5 luglio, in occasione della ricorrenza di Santa Maria Goretti, riproponiamo un articolo di Giuseppe Lalli pubblicato l’anno scorso, con un piccolo aggiornamento finale (a.g.).

 

   QUANDO BERLINGUER LODAVA SANTA MARIA GORETTI

                                         

- di Giuseppe Lalli -

 Il 6 luglio la Chiesa Cattolica ricorda Santa Maria Goretti, una figura che in Italia è molto popolare. Sono passati esattamente 120 anni da quell’afoso pomeriggio del 5 luglio 1902 in cui, in una desolata cascina delle Paludi Pontine, il giovane Alessandro Serenelli, dopo un tentativo di stupro a danno della piccola Maria, e dopo che la ragazzina aveva opposto una eroica e disperata resistenza, le conficcò ripetutamente un punteruolo nell’addome e nel petto. Sulle prime poteva sembrare solo un terribile fatto di cronaca, come ne avvenivano tanti ancora nei primi anni del secolo scorso, in quel mondo contadino dominato dall’ignoranza e dalla più squallida desolazione. Eppure fu l’inizio di una imprevedibile epopea. Il santuario di Nettuno, dove riposano le spoglie mortali della giovane santa, è ancor oggi assai frequentato da gruppi di fedeli provenienti da ogni parte d’Italia e perfino da paesi stranieri. I Padri Passionisti, custodi della basilica in cui le spoglie si conservano, nelle pagine dei loro giornali, riferiscono di una grande quantità di grazie che i fedeli ottengono per intercessione della santa. A lei, nel 1949, un regista, Augusto Genina (1892-1957), dedicò un film che fu molto apprezzato e che ebbe molti commossi spettatori.

Maria (“Maria Teresa” all’anagrafe, “Marietta” per la mamma Assunta e per tutti) era nata a Corinaldo (Ancona) il 16 ottobre 1890, figlia dei contadini Luigi Goretti e Assunta Carlini. Era la seconda di sei figli. I Goretti si trasferirono presto nell'Agro Pontino. Essendo il padre morto prematuramente, la madre dovette iniziare a lavorare e lasciò a Maria l'incarico di badare alla casa e ai suoi fratellini. A undici anni Maria fece la Prima Comunione e maturò il proposito di morire prima di commettere dei peccati.

Alessandro Serenelli, un giovane di 18 anni, s' innamorò dell’adolescente. Preso da un raptus, il 5 luglio del 1902, avendola trovata sola nel casolare che i  Serenelli condividevano con i Goretti, l’aggredì e tentò di violentarla. Alle sue resistenze la uccise accoltellandola, come sopra descritto. La ragazza morì dopo un'operazione, il giorno successivo, e prima di spirare perdonò Serenelli.

L'assassino fu condannato a 30 anni di prigione. In carcere si pentì amaramente del suo insano gesto e si convertì dopo aver sognato Maria che gli diceva che avrebbe raggiunto il Paradiso. Quando fu scarcerato, dopo 27 anni, si recò a chiedere perdono alla mamma Assunta, per poi finire i suoi giorni in un convento di cappuccini conducendo una vita esemplare.

Marietta era una ragazza semplice e intelligente al tempo stesso, povera e di temperamento allegro, come Bernadette Soubirous (1844–1879) e come tante altre ragazze che nel corso dei secoli hanno avvertito nel loro cuore una naturale tendenza verso la perfezione cristiana. Una povertà, la sua, rischiarata dalla fede assorbita nell’ambiente familiare. Cercava di vivere in maniera perfetta la vita di tutti i giorni. Nulla avrebbe fatto presagire la terribile prova a cui Dio l’avrebbe chiamata.

La vita di questa ragazza è un’antologia di virtù, ricca di insegnamenti oggi dimenticati dal mondo e perfino derisi. È la vita della «piccola e dolce martire della purezza» (così la definì Pio XII – Eugenio Pacelli, 1876/1958- nel canonizzarla, di fronte ad una folla immensa e festante), che preferì la morte terrena anziché peccare con colui che divenne il suo carnefice. 

Concetti come “purezza” e “verginità” non sono di moda nel nostro tempo, seppelliti da una cultura del sospetto che nel volgere di qualche decennio ha preteso di confinarli in una sorta di archeologia morale e sociale.

Non fu di questo parere un giovane Enrico Berlinguer (1922-1984), che nell’agosto del 1947, allora dirigente della Federazione Giovanile Comunista, parlando in un consesso nazionale di ragazze del suo partito, additò loro come esempio di moralità e spirito di sacrificio, insieme a Irma Bandiera (1915-1944), una staffetta partigiana barbaramente trucidata dai fascisti, proprio Maria Goretti, da poco proclamata beata, e definita dal politico sardo “santa proletaria”. Quali che siano state le motivazioni che spinsero il futuro leader del partito comunista italiano ad esprimersi in questo modo, certo è che il suo richiamo fu assai significativo, e – c’è da credere – del tutto sincero.

Del resto, chi, credente o non credente, anche nella nostra epoca “disincantata”, non avverte la vertiginosa altezza morale di parole come queste, pronunciate da Maria Goretti poco prima di morire all’indirizzo del suo assassino: « Dite ad Alessandro che non solo gli perdono ma che offro la mia morte perché il Signore lo porti con me in Paradiso » ?

Sono “follie” che possono uscire solo dalla bocca di un cristiano.

P.S. : Lo scrivente ha rinvenuto su Internet (a volte Internet può essere utile) l’unica foto esistente che ritrae la “vera” Maria Goretti. Aver rintracciato questa foto è stato il frutto della tenace ricerca di un architetto, Ugo de Angelis, esperto di fotografia  e consulente della Congregazione per la Dottrina della Fede, che fu retta per molti anni dal futuro papa Joseph Ratzinger (1927–2022), che si sentiva molto legato alla figura di Santa Maria Goretti e che nella sua veste di prefetto della Congregazione compì nel 2004 un viaggio nei luoghi della memoria del martirio della giovane santa, accompagnato proprio da Ugo de Angelis, che lo interessò alla storia della foto. L’architetto si era dedicato allo studio degli insediamenti di famiglie poverissime come quella dei Goretti che verso la fine dell’800 coltivavano a mezzadria la terra  di quelle campagne dell’Agro Pontino sottratte alla palude.

La foto fu  scattata da nel 1902, pochi mesi prima della drammatica morte della ragazza, dal conte Attilio Gori Mazzoleni, (1857–1918), ricco proprietario terriero che aveva comprato una macchina fotografica con la quale amava immortalare scene della vita contadina. Il conte Mazzoleni metterà a disposizione una carrozza che fingerà da ambulanza per trasportare al più vicino ospedale il corpo in fin di vita di Maria.

Lo scatto ci mostra una undicenne dall’aria spensierata e serena, con un viso grazioso ed espressivo, più alta degli altri bambini, ma solo perché è in piedi sopra un secchio rovesciato. La semplicità della foto contrasta vivamente con l’immagine raggiante e un po’ sdolcinata della martire che appare nella carta patinata dei santini e ci ricorda che, tranne casi eccezionali,  il cammino del cristiano non ha nulla di straordinario. Quale che sia la sua condizione sociale, si realizza sempre nell’adempimento dei doveri ordinari, nella famiglia e nel lavoro.

 



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