UN’IDEA DI ROMANZO: ANGELA E BETTINA ALLOGGIA - di Fernando Acitelli

UN’IDEA DI ROMANZO: ANGELA E BETTINA ALLOGGIA

 

- di Fernando Acitelli -

 

 

 

In quel sublime luogo in Assergi che si coglie dopo la salita della Porta del Colle e che incanta per la sua quiete con quella piazzetta in cui la fontanella è come un ricciolo sulla fronte d’una ragazza, ebbene in un simile ritaglio di mondo vivevano le sorelle Angela e Elisabetta Alloggia, meglio conosciute come Angela e Bettina o ancora come le “Si Carlone”, e inoltre come le “Citele” (le bambine). La loro madre si chiamava Teresa infatti così la salutò mia madre sfilando come me davanti la sua casa il cui uscio si trovava di fronte all’abitazione di Giannino e Rosina. S’era sul finire d’agosto in uno dei tanti pomeriggi della mia fanciullezza, tutto preso a catalogare mentalmente persone e luoghi, in una sorta di catasto spirituale prima ancora che edilizio. Con gli anni osai un parallelo tra queste due sorelle e le altre due, Maria e Francesca, ovvero le “Marchette”, gioviali quest’ultime e disposte sempre al dialogo con Maria “trocchlotta” che stava sempre di punta sul gradino di casa alla “Strada Ritta”. A questa loro loquacità – la sorella Francesca un po’ in tono minore anche a causa, probabilmente, dei suoi disturbi alla vista – faceva da contrasto il totale riserbo di Angela e Bettina che avevano sempre lo sguardo preoccupato ed era come se qualche evento negativo fosse sul punto di raggiungerle. In questi casi per evento negativo o pericoloso si poteva benissimo intendere una questione legata (forse) a certe proprietà, ad alcuni possedimenti sui quali ci si doveva impegnare anche respingendo certe pretese dei confinanti. Sono soltanto miei pensieri, immagini, tentativi di decodificare quella loro tristezza. Queste erano le storie ma poi c’era l’annosa questione della vita, cioè delle loro due esistenze: mica problema di secondo piano, quest’ultimo. E dunque per entrambe non era di sollievo neanche il luogo dove abitavano, la solennità delle mura in prossimità della casa, l’immagine della Madonna alla vicina “Buscia”.

 

Tutte le volte che sentii (casualmente) parlare Angela e Bettina, il verbo che s’imponeva nel loro dialogare era sempre il passato remoto come se si volesse riproporre - materia incandescente - un evento lontano che aveva segnato quel tempo e che rappresentava un nodo storico, scaturigine di tutto quello che era poi accaduto. E da lì, a cascata, tutti accadimenti laterali con personaggi che erano tratteggiati mirabilmente con astuti tocchi a base di parole ottenendo così la giusta tridimensionalità.

 

Tornando alle “Marchette” - Maria e Francesca – era bello vederle sedute sui gradini di casa e la conversazione lì accadeva spontanea come pure il loro sorriso, ben disposte com’erano verso il mondo. Ma questo accadeva forse a ragione del luogo della loro casa, ovvero la Strada Ritta? Era dunque il “quartiere” che decretava serenità e l’andare verso l’altro? È anche possibile ma il rione di Angela e Bettina era anch’esso molto bello, non proprio centro storico ma comunque sempre all’interno delle antiche mura. Eppure quando spuntavano dall’arco posto di lato alla loro piazzetta, arco dal quale si potevano ammirare tante cose belle ad iniziare dalla fontana della Porta del Colle, il loro sguardo era sempre confinato in una tristezza a confine con l’angoscia. Si può concludere dicendo che sentivano la vita come “urticante”, lo sfilare dei giorni come una continua sofferenza e adesso mi chiedo in che modo uno avrebbe potuto “soccorrerle”, donare loro un po’ di serenità, magari anche a dosi omeopatiche.

 

La fontanella nella piazzetta antistante la loro casa era di quelle il cui getto d’acqua era fermato da un pulsante privando così quel luogo della melodia continua. Si doveva dunque pigiare un piccolo cilindro metallico posto sopra alla cannella e soltanto allora sorgeva il getto. Quel marchingegno era stato predisposto per evitare sprechi d’acqua e lo stesso si vide per un breve periodo anche alla fontanella nella Piazzetta del Forno. Ma se fosse stato così, ovvero evitare lo spreco, avrebbero dovuto introdurre quel dispositivo in tutte le fontane di Assergi, me lo domando ancora oggi. Questo il quadro: sono portato a pensare che un getto d’acqua continuo avrebbe forse migliorato lo sguardo perennemente addolorato di Angela e Bettina. Si sarebbero volte a quel suono avvertendo situazioni di Bene. Ma un’altra domanda urgeva in me: se Angela e Bettina fossero state delle vere possidenti, dunque senza il minimo problema riguardo al vivere, che forse il loro sguardo sarebbe stato meno impresso nell’angoscia? Per me  non sarebbe cambiato nulla nel loro animo. Si può concludere che sentivano fortemente l’impatto con il tempo, la lacerazione degli affetti e inoltre ogni sfogo interiore non poteva che accadere tra loro due: si confessavano a vicenda. Eppure un chioccolare lieto dell’acqua dalla fontanella avrebbe potuto avere effetti benefici sul loro animo e dunque sul loro sguardo.

 

Mi chiedo: ma ci saranno stati alcuni momenti nella loro vita in cui hanno un poco gioito?

 

D’estate, procedevano sempre insieme con abitini sul celestino, esattamente color “carta da zucchero” punzecchiati di bianco e con la cintina dello stesso tessuto. Sul petto non si vedevano medagliette di santi a dondolare ma alla domenica s’affrettavano per recarsi in chiesa. Le si vedeva scendere di corsa giù per la Piazzetta del Forno e poi per la Costa, svoltare verso Ercolino di Fiorone e poi, giunte all’altezza del forno sotto la casa di Flavio di Piazzare, impegnarsi in uno sprint finale fino al gelo delle navate dove modellavano la loro idea di Dio.

Ma il vederle all’epoca (e adesso ricordarle) voleva anche alimentare un mio pensiero profondo, vale a dire sfiorare (almeno) la questione dei loro genitori. Si sa qualcosa di essi? Risultano da qualche parte i loro nomi? È probabile ve ne sia ancora traccia nei Registri Battesimali? E se quei fogli si sono ingialliti e assottigliati da essere sul punto di dissolversi, chi potrebbe intervenire? Interessa forse a qualcuno il problema dei genitori di Angela e Bettina Alloggia? Va bene, io la madre Teresa la vidi in quel pomeriggio con mia madre ma il cognome mi sfugge e come si potrebbe, allora, risalire all’identità esatta? Ma se uno oggi osasse “far dire una messa” per quei genitori, quelle preghiere a ricordo arriverebbero in cielo dopo che è passato tantissimo tempo? Forse nella tristezza senza fine delle due sorelle poteva esserci, anticipatamente, la risposta.

 



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