Turisti a Venezia e Firenze; alluvionati e clochard - di Angelo De Angelis

STORIE DI LUGLIO 4.
Turisti a Venezia e Firenze; alluvionati e clochard.
 
 
 
La mia storia di luglio si è trasformata, giorno dopo giorno in storia d’agosto. E agosto ci porta a VENEZIA! Meravigliosa città: è la prima volta che la visitiamo: giungiamo nel primo pomeriggio e decidiamo di eleggere domicilio alla stazione di Santa Lucia. Abbiamo difficoltà a pedalare lungo i canali e scegliamo come mezzo di trasporto l’unico natante in vista: una gondola con tanto di gondoliere con pantaloni neri e maglietta a righe orizzontali; trattiamo il viaggio e lui ci pratica prezzi economici e popolari.
Ci fa accomodare tutti insieme sul suo gioiellino: sei pesanti biciclette fuori moda, sei zaini e noi sei sfigati turisti terroni. La linea di galleggiamento è paurosamente vicina al bordo della gondola dove abbiamo poggiato in nostri sederi; temiamo un naufragio, ma alla fine arriviamo indenni sulla sponda opposta e lasciamo i nostri zaini al deposito bagagli della stazione. Giorgio ritira la sua lettera fermo posta contenente il voto dell’esame di maturità e, cupo in viso, raggiunge con un treno locale i suoi parenti a Montebelluna, mentre noi cinque facciamo i turisti fino a tardi e passiamo la notte appollaiati sui sedili della sala d’attesa di seconda classe della stazione; con le ossa rotte usciamo all’alba e ci pentiamo del domicilio scelto: sotto la pensilina esterna della stazione c’è una lunga fila di saccoapelisti comodamente allungati sul pavimento; una sistemazione sicuramente più comoda della nostra.
Decidiamo di goderci un paio di giorni di mare e, ormai temprati alla fatica, decidiamo anche di tornare a L’Aquila con quell’improbabile mezzo di trasporto che è la nostra bicicletta, ormai diventata un tutt’uno con noi, che ci atteggiamo a moderni Centauri mitologici.
Il nostro armadio contiene biancheria e vestiti che profumano di fatica e di sudore, ed hanno bisogno di una rinfrescata. Anche noi emaniamo lo stesso profumo di mutande e calzini lungamente usati e meritiamo una doccia rigenerante: destinazione Lido di Jesolo in un camping.
Un po’ di vita di spiaggia non guasta, facciamo il bucato, lo asciughiamo al sole, facciamo il bagno in mare, poi la doccia.
Montiamo per la prima volta la tenda. Per motivi di peso abbiamo scelto una tenda canadese leggerissima e priva del sovrattelo impermeabile; servirà soltanto per proteggere la nostra privacy, essendo circondati da una nutrita folla di famiglie vacanziere, con un gran numero di bambini al seguito.
Se a Latisana siamo stati messi in fuga da un diluvio, a Jesolo siamo rimasti affogati dalla replica del diluvio universale. Ci ritroviamo a notte fonda con torrenti d’acqua che corrono sotto i nostri sacchi a pelo, raffiche di vento che provano a far volare la tenda con noi dentro in direzione Marte; il telo superiore della tenda che, lungi dal ripararci dalla pioggia, frantuma le secchiate di acqua che la colpiscono in una miriade di goccioline che replicano la doccia pomeridiana, mentre teniamo i pali della tenda per evitare che ci precipitino addosso.
Insomma una nottataccia insonne passata sotto l’acqua: pensiamo pure di fare la nostra buona azione quotidiana salvando qualcuno dal diluvio universale, ma ci affacciamo fuori della tenda e vediamo che i vicini di campeggio dormono tranquilli nelle loro teutoniche roulotte ben piantate per terra e impermeabili ad acqua e vento.
La mattina la conta dei danni: tutto bagnato e inservibile. Mestamente affastelliamo i nostri zaini e ripensiamo i nostri programmi: torniamo alla stazione di Venezia, spediamo le biciclette a L’Aquila, facciamo i biglietti per Firenze.
Errico ha vissuto a Firenze per almeno 20 anni. E’ di casa e ci farà da guida ospitandoci in un appartementino che ha in affitto come pied-a-terre insieme ad un numero non precisato di suoi amici; è in pieno centro storico ma pagano un canone d'affitto simbolico, per il fatto che il pavimento è stato puntellato dal basso per evitarne il crollo. I puntelli sono ben distribuiti ed Errico ci assicura che non è pericoloso abitarci. Ci dirigiamo lì; suoniamo, nessuno risponde; scendiamo in strada verso il punto telefonico più vicino; Errico telefona a ciascuno dei suoi amici che hanno la chiave dell’appartamento; nessuno risponde. Viene a sapere da altri che sono tutti in vacanza in giro per il mondo.
Ci rassegnamo e, come già fatto a Venezia, andiamo a prendere domicilio per la notte alla stazione ferroviaria di Santa Maria Novella, dove però la sala di attesa è chiusa per lavori. Ci guardiamo attorno e notiamo un magazzino di deposito merci con enormi finestroni che hanno il davanzale lungo due metri e largo ottanta centimetri, ad una altezza di meno di un metro da terra. Giusto le dimensioni di un letto. E’ tardi, abbiamo sonno e non abbiamo più voglia di andare in giro; da bravi saccoapelisti prendiamo possesso di sei di quei davanzali. I sacchi a pelo sono ancora bagnati ed umidi sono i nostri indumenti, ma sono tre giorni che non dormiamo. Il tempo di allungarci e ci svegliamo alle prime luci dell’alba riposati, freschi e umidi come le rose.
La vacanza finisce alla grande, godendo delle bellezze di Firenze, che prima non avevamo mai visitato.
Beh, diciamocelo senza peli sulla lingua, quei mesi di luglio e agosto del 1970 sarebbero tutti da dimenticare: un modesto voto all’esame di maturità, un viaggio di oltre seicento chilometri in bicicletta con allenamento approssimativo e improbalili mezzi di trasporto, fatiche immani, caldo torrido, due diluvi dei quali uno universale, sprazzi di vita da clochard: decisamente di gran lunga al di sotto degli standard minimi che chiunque oggi si aspetta da una bella estate.
Ma è stata proprio una estate da dimenticare?
Proprio non direi se oggi, a distanza di cinquantatre anni, mi sono seduto davanti al computer a raccontare per filo e per segno cosa è successo in quel lontano 1970; invero ho raccontato le stesse cose ai miei figli ogni volta che, d’estate, abbiamo raggiunta qualcuna delle località allora toccate. Ogni volta mi hanno azzittito con aria di sufficienza. Spero di avere più fortuna con i nipoti e con tutti gli amici di facebook che avranno la pazienza di leggere questa storia.
Angelo De Angelis

 



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