LA GATTONA DELL’UFFICIO POSTALE - di Fernando Acitelli

LA GATTONA DELL’UFFICIO POSTALE

- di Fernando Acitelli -

 

 

                    Se non fosse per la gattona allo sportello,

                    la fila all’Ufficio Postale sarebbe un lungo ascolto

                    di Patologia Generale.

 

L’unico sportello dove si formava quotidianamente una fila copiosa era quello dove si collocava una bella ragazza mora con lo sguardo da gattona. Se ne stava tutta raggomitolata e difficilmente guardava il cliente che era arrivato allo sportello: ne ascoltava la voce e quello le bastava. Prendeva il bollettino o il foglio del bonifico, chiedeva i documenti necessari, li faceva attraversare dalla luce di quella sorta di pistola che registrava tutti i dati e così procedeva nelle operazioni. Era anche vero che, a seconda della voce che ascoltava di fronte, lei poteva rivedere la sua posizione intransigente e così, incuriosita, sollevava lo sguardo e allora poteva essere la volta d’un bell’uomo o anche d’un belloccio che aveva fretta e che smaniava perché doveva avere veramente molto da fare. I bellocci sono sempre smaniosi. Con simili personaggi davanti la gattona scendeva sulla terra, diventava umana, accettava addirittura brevi dialoghi per condurre in porto le operazioni che le avevano sottoposto. In simili occasioni era anche possibili che accennasse ad un sorriso ma senza che esso potesse in un certo modo incoraggiare, a via di parole, il bell’uomo o il belloccio. Si potrebbe parlare d’un sorriso neutro, inoffensivo, che ci poteva stare tra l’impiegato ed il cliente. Il fatto era però che allo sportello dove operava la gattona si formava la fila e tutti, alla macchinetta, prendevano il numero per essere indirizzati proprio lì. E allora si vedevano in quella fila tutti i tipi umani, ma si trattava a ben vedere di soli uomini, ecco, era questa la particolarità della gattona allo sportello e cioè che in fila da lei si mettevano soltanto uomini e le donne s’erano accorte di questo e schivavano quella fila proprio per non “incensare” ulteriormente quella giovane donna, la gattona, che, come età, poteva attestarsi attorno ai trent’anni. Così la ciurma in fila con bollettini e fogli di bonifici era composta da commendatori in età con la chioma tutta imbrillantinata e con il vestito gessato in doppio petto, odorosi naturalmente di lavanda, e poi da avvocati dal volto scavato e con occhialini tondi, dorati, da patriota risorgimentale, quindi da ragionieri sempre più esausti e con la speranza che la gattona dedicasse loro un sorriso, anche un accenno, malgrado essi non fossero delle figure imponenti, ben vestite ma persone piuttosto scialbe pure con pochi capelli e poi quella cavillosità nei modi che era stato un vero marchio di fabbrica nella loro vita. Quindi pensionati, umanità assistita, malmenata dalla vita. La fila aumentava, s’incurvava, iniziava da fuori, tutti spediti a quello sportello soltanto per la gattona.

 



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