Sant'Antonio Abate - Si rinnova a Paganica la benedizione degli animali

E’ tutto pronto a Paganica per “La Benedizione degli Animali” in occasione della ricorrenza di Sant’Antonio Abate, protettore degli animali (che ricorre il 17 gennaio ma, per motivi organizzativi, si svolgerà di domenica).

 

 

La Pro Loco Paganica In collaborazione con la Parrocchia di Santa Maria Assunta e l'ASBUC di Paganica e San Gregorio, organizzano per domenica 21 gennaio la “Benedizione degli Animali”.

Dalle ore 12 in località “Largo Sant’Antonio” a Paganica, raduno degli animali presso le Aie Scarazze, sfilata per le vie del paese e premiazione per tutti gli animali. A seguire sarà possibile gustare un buon piatto di fagioli della tradizione locale presso la pizzeria “L’Elogio delle Farine”
La fede, le tradizioni e l’amore per gli animali si incontrano ogni anno il 17 gennaio, giorno in cui si celebra Sant’Antonio Abate, secondo la tradizione cristiana primo degli abati e fondatore del monachesimo cristiano. Sempre contornato da animali, eremita nel deserto e in preghiera giorno e notte, ogni anno il Santo, noto per essere il protettore degli animali, viene celebrato con festività legate al mondo contadino, dalle messe liturgiche ai falò. Chi è Sant’Antonio Abate e perché si festeggia Antonio era nato da una agiata famiglia cristiana nel 251 in Egitto, all'epoca una delle nazioni più ricche e potenti del mondo. Rimasto orfano all'età di 19 anni, fulminato dal precetto evangelico "vendi tutto e dona ai poveri", si liberò di tutti i beni e andò a vivere nella solitudine del deserto della Tebaide pregando e lavorando. Fu qui che con preghiere, digiuni e privazioni superò prove diaboliche che lo tormentavano con terrificanti visioni e frastuoni, le "tentazioni" descritte in tanti capolavori dell'arte e della letteratura. Molti altri vollero seguire il suo esempio e si venne a formare una numerosa comunità di eremiti: per questo è chiamato "il padre del monachesimo". Dedicò la sua esistenza alla preghiera e all’aiuto verso i bisognosi. Affidata la sorella ad una congregazione religiosa, si rifugiò in un fortino nel deserto e da eremita pregava giorno e notte e si teneva compagnia con animali e uccelli. È così che visse oltre vent’anni. Per questa ragione, molti lo chiamano Sant’Antonio del Deserto. Sant’Antonio oltre che Anacoreta – così venivano chiamati gli eremiti al tempo – fu anche taumaturgo: ben presto, infatti, molti uomini accorsero al suo fortino per chiedere lui il miracolo della guarigione da malattie e possessioni demoniache. La sua figura fu così importante che Sant’Antonio divenne il riferimento spirituale per molte comunità di eremiti formatesi nel deserto. Perché è il patrono degli animali Si dice che Sant’Antonio Abate morì così, solo tra i suoi animali e il suo orto, all’età di 105 anni ma rimanendo eterno nella storia del calendario cristiano che ogni anno, il 17 gennaio, lo ricorda come santo protettore degli animali domestici, patrono dei maiali e della stalla, dei salumai e dei macellai. Si dice che mentre Antonio era in viaggio attraverso il mare, una scrofa lasciò ai suoi piedi un maialino molto malato; il Santo lo guarì con la preghiera e da lì in poi divenne il suo compagno inseparabile. Ma di storie che vogliono Sant’Antonio Abate raffigurato con un maiale e le fiamme ce ne sono altre; ad esempio, un’altra leggenda racconta che questi scese all’inferno per affrontare Satana e per mettere in salvo alcune anime, ma per distrarre il diavolo mandò il suo maiale con una campana legata al collo, così per distrarlo. Sant’Antonio riuscì così a rubare il fuoco infernale e donarlo agli uomini sulla terra. Una notte magica C’è anche un’altra leggenda, legata alla notte tra il 16 e 17 gennaio: si dice che quella notte, quando il Santo era in vita, gli animali attorno a lui acquisirono la capacità di parlare; questo evento, secondo la leggenda, segnò l’immaginario collettivo come un segno di male augurio, e così le persone presero l’abitudine a starsene alla larga dalle stalle la notte del 17 gennaio. Come tradizione, la vigilia di questa festa si era soliti pulire attentamente la stalla, i giacigli e i pollai, ed essendo una notte magica, si crede che gli animali possano tutt’ora continuare parlare. Ma per gli uomini è meglio non restare ad ascoltarli, altrimenti rischiano di pagare gravi conseguenze. Per Sant’Antonio non possono essere uccisi e mangiati animali, vietato immolare anche una gallina o un coniglio. La benedizione degli animali In questa giornata in molte località d’Italia e d’Europa avviene la benedizione degli animali da compagnia e da cortile, non solo davanti alle chiese. I parroci si recavano spesso di persona nelle aziende agricole, nelle fattorie e negli allevamenti, per impartire la benedizione.



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