VICENDE STORICHE ATTRAVERSO I SECOLI DELLA MONTAGNA DI CAMPO IMPERATORE

 VICENDE STORICHE ATTRAVERSO I SECOLI DELLA MONTAGNA DI CAMPO IMPERATORE  E LATO NORD DELLA FOSSA DI PAGANICA (DETURPAMENTO E MANCATO SVILUPPO FINO AL 2024).                                           

- di Giovanni Altobelli -

 

Premessa.  Con questo documento cerco di ripercorrere brevemente gli avvenimenti storici delle montagne del Gran Sasso, versante aquilano.  Vicende storiche.  Fin dall’anno mille o prima, nella zona sottostante le montagne della grande distesa della Piana di Campo Imperatore, denominata così in onore del grande imperatore Federico II.  Le varie dominazioni degli (Svevi – Normanni – Spagnoli – Borboni con il Regno di Napoli delle Due Sicilie), nel corso della storia,  le popolazioni pedemontane hanno costruito i loro paesi, hanno sempre usufruito delle montagne, le hanno valorizzate per i loro pascoli del bestiame, ci sono state sempre continue lotte intestine  con i dominatori nei dieci secoli passati:  (signorotti delle varie dinastie e servi dei dominatori stranieri del lontano passato:  (baroni -conti – duchi -  marchesi) hanno sempre usurpato con prepotenza alle   popolazioni locali  più deboli,  le montagne da loro possedute, con stratagemmi e atti notarili vari. La montagna, grande serbatoio di erbe, serviva a soddisfare i pascoli delle innumerevoli pecore che avevano soprattutto i ricchi possidenti, dove avveniva la transumanza nel Tavoliere delle Puglie.  All’inizio di quel periodo dopo l’anno mille, nascevano nell’area montuosa eremi e grange, ma fra i ricchi e le popolazioni pedemontane, sorgevano liti e controversie per i pascoli, arrivate fino ai giorni nostri. Mentre le popolazioni dei paesi di Assergi e Filetto arrivavano nel passato indisturbati fino alla Piana di Campo Imperatore con il loro bestiame, la montagna veniva ambita anche dai paesi della pianura.  La rivendicazione di possesso era soprattutto per il lato nord affacciato nella grande vallata di Campo Imperatore, mentre il lato sud era stato assegnato e posseduto dai paesi del versante Castel del Monte, Calascio e Santo Stefano di Sessanio e al baronato di Carapelle Calvisio.  Mentre i paesi come Paganica, Bazzano, Onna e San Gregorio preferirono già nel tempo le terre della pianura, fertile e coltivabile, le terre montuose e sterili vennero lasciate ai paesi più a nord delle montagne nel versante di Campo Imperatore dove vennero costruiti i vecchi stazzi in pietra e poi ultimamente in cemento.  In un periodo storico la montagna di Campo Imperatore, posseduta non si sa come dalla grande e secolare famiglia nobile Dragonetti apparentatasi con i De Torres “famiglia di origine spagnola” da cui vennero donati alcuni terreni nel 1934 al Comune dell’Aquila per la costruzione dell’albergo della stazione superiore della funivia. Come già accennato in altri scritti, oggi quella targa alla memoria è scomparsa per annullare forse la storia passata.  Da quanto riferito dai racconti evanescenti dei vecchi di Filetto del passato, trasmessi da generazioni in generazioni pare che gli abitanti, essendo pochi “fuochi” o “famiglie” da tempo vessati dai continui tributi non potendo  pagare all’amministrazioni dell’epoca, in un anno di primavera i rappresentanti di Filetto, furono convocati dalle autorità governative dell’Aquila insieme ad alcuni rappresentanti di Paganica e San Gregorio e altre frazioni della pianura nel valico, oggi chiamato Fossa di Paganica a m. 1671.  Nella discussione, i filettesi non avendo la possibilità di pagare i tributi all’amministrazione, si fecero avanti i paganichesi con l’aiuto di un possidente dell’epoca di San Gregorio, pagarono loro le somme dovute e si fecero intestare parte della montagna che fu denominata per sempre “La Fossa di Paganica e Monte San Gregorio a m. 2076”.  Quindi gli allevatori di Filetto, ma anche quelli di Assergi furono estromessi per sempre dai pascoli delle montagne che avevano posseduto e pascolato nel passato.  Anzi successivamente Paganica, pretese l’annessione della montagna più bassa a confine con Barisciano e la fecero denominare col toponimo Fossetta di Paganica a m. 1676.   Mentre verso il 1815 i rappresentanti dei paesi confinanti, alla cima di Monte Cristo riposizionarono una pietra indicativa con i seguenti confini: “Parte riferita a Filetto, parte riferita ad Assergi, parte riferita a Paganica, parte riferita ai proprietari eredi dei marchesi Dragonetti De Torres. Per quanto sono a conoscenza la parte riferita a Filetto, venne pascolata, migliorata e fatte le dovute bonifiche. Nel secolo scorso, quando le pecore erano ancora tante, gli allevatori di Filetto nell’anno 1943 in piena guerra ebbero in affitto dagli eredi dei marchesi Dragonetti De Torres, parte della montagna di Campo Imperatore di ettari 470, che già nei secoli prima avevano posseduto e pascolato denominata: “Caselle-Schioppatore-Conca d’Oro - Fontari, Cima della Scindarella”.

Seconda parte della storia.  Dopo qualche anno che era stata costituita la Repubblica Italiana il 10/8/1950 per opera di Alcide De Gasperi venne costituita la Cassa del Mezzogiorno, venivano dati finanziamenti per pubblico interesse per lo sviluppo turistico della montagna, a fondo perduto “casmez”.  Appena dopo i primi anni sessanta l’imprenditore turistico ferrarese Vittorio Rimondi di Poggio Renatico, acquistò per una somma di 250 milioni dell’epoca 1726 ettari di una vasta area di montagna della famiglia Dragonetti De Torres, denominate la parte nord della Fossa di Paganica fino alla cima della Scindarella, oltre le località della parte bassa denominata “Caselle”, “Schioppatore”, e “Fontari”. Intorno al 1966/67 erano state costituite due società: “La Società Campo Imperatore Spa e la Società Monte Cristo Spa”. Mentre il lotto della montagna di Campo Imperatore di 470 ettari, dove i residenti di Filetto avevano costruito i vari stazzi e difeso i loro pascoli, stavano per essere estromessi da questa montagna. Alcuni rappresentanti allevatori di Filetto: (Valentino Ciampa – Dario Facchinei – Alfredo Marcocci e Livio Cupillari) promossero una causa demaniale contro il rappresentante unico delle Società Vittorio Rimondi.  La sentenza del Tribunale dell’Aquila Sezione Agraria n. 102/70 in data 4/3/1970 dette ragione agli allevatori di Filetto che essendo anche affittuari, avevano mantenuto e migliorato la montagna. Va ricordato che fra l’anno 1954/55 la marchesa Dragonetti era propensa a vendere ai cittadini di Filetto il lotto affittato della montagna a 20 milioni vecchie lire, ma i filettesi non raggiungendo tale somma, furono costretti a rimanere affittuari per i loro pascoli ancora per tanti anni.  Mentre l’imprenditore Vittorio Rimondi già dal 1966, iniziava i lavori della realizzazione del complesso turistico fino al 1969 detto “Campo Nevada a nord della Fossa di Paganica”.  Un complesso semicircolare con diverse stanze: “camere da letto, bagni, varie sale, piscine, bar, vennero realizzati due impianti sciistici distanziati 150 metri l’uno dall’altro. In due grandi stanzoni vennero posizionati due generatori di corrente per alimentari gli impianti e l’albergo. Si parlava che doveva sorgere anche un piccolo aeroporto per elicotteri. Alla fine dei lavori, l’albergo era stato messo quasi in funzione: vennero portati i vari vettovagliamenti: (lavatrice, frigoriferi, sedie, tavoli, vari mobili, coperte, sdraie, affettatrici e tanta altra roba). Venne fatta anche la captazione delle acque verso il lato nord delle cucine vicino l’impianto di risalita delle sciovie. Ricordo che quando andarono in funzione le sciovie, partivamo dagli impianti di Monte Cristo fino a raggiungere quelli della stazione di Campo Nevada. In quegli anni dal 1969 fino al 1972 a Vittorio Rimondi le cose non gli andarono bene, la struttura venne gestita in quel periodo, dalla nipote di Rimondi insieme al marito Stefano Domenichelli di Padova, sembrava all’inizio che tutto gli andasse bene, anzi qualcuno pensava alla concorrenza con Campo Felice. Dopo pochi anni si ebbero le prime difficoltà a liberare la strada durante l’inverno dalle copiose nevicate, non funzionava più niente. Per la custodia della struttura turistica, vennero lasciati tre guardiani a turno dei paesi vicini, ma nonostante ciò iniziarono le devastazioni e continue ruberie, si dice che andavano pure a caricare con vetture e trattori di notte, tutto il necessario da rubare.  Portarono via lenzuola, lavatrici, affettatrici, sdraie, marmi, posate, piatti, vari attrezzi, vennero rubati i due generatori di un valore di quattro milioni di lire dell’epoca, vennero rubati due gatti delle nevi, insomma non rimase niente dopo quello che era stato messo nella struttura. Fra il 1974/75 approda anche la Soc. INSUD piemontese alle nostre montagne, ma non se ne fece niente. Dopo il 1980 nella struttura verso nord degli impianti vicino il bar venne messa forse anche una bomba o come si affermato una slavina proveniente da Monte Cristo. Da allora il grande complesso di Vittorio Rimondi fu abbandonato a se stesso. Anzi aggiungo di quello che si racconta, questo grande imprenditore turistico, aveva un sogno nella sua mente, oltre praticare lo sci, avrebbe l’estate portato gli anziani della clinica privata dalle sue parti per rigenerarsi dell’aria buona delle nostre montagne. Campo Nevada non ebbe fortuna ed è rimasta una cattedrale nel deserto, un pessimo biglietto da visita per i turisti che transitano per il Gran Sasso. Mentre nella montagna di Campo Imperatore si svolgevano le varie rivendicazione dell’Uso Civico e promiscuità da parte dei paesi pedemontani.  L’anno 1999, la vasta area triangolare di montagna delle seguenti località di 1726 ettari: (Parte di Monte Cristo, Monte Aquila, Vado di Corno, Monte Brancastello ed altro), vennero acquistati dal Cta del Comune dell’Aquila al prezzo di un miliardo; 60 lire a mq. dopo aver trovato l’accordo con le due società romane: “Soc. Monte Cristo Spa” e “Campo Imperatore Spa”.   In quel periodo storico sorsero una serie di polemiche riportate all’epoca dai vari organi di stampa tra la popolazione di Filetto e i nuovi acquirenti, alla fine gli allevatori vennero estromessi per sempre, come era già successo nel passato.  

Deturpamento e mancato sviluppo.  Dagli anni 50 fino agli 80, le (Comunità Montane e i Comuni locali) del versante aquilano del Gran Sasso, con i vari finanziamenti fecero costruire tanti rifugi montani, recuperi di acque piovane per l’abbeveraggio del bestiame. La maggioranza di queste opere vennero realizzate con poco criterio, costruite con poco cemento, mancanza di rivestimenti esterni con la pietra locale, col tempo tutto fu lasciato all’incuria degli allevatori e alla mancata manutenzione delle amministrazioni locali.  Oggi sono diventati dei cadaveri abbandonati su tutta la montagna, durante le mie escursioni di bassa quota, ho cercato di fare una radiografia di foto “rifugi, recuperi di acque piovane, fontane rotte da anni, ferraglie sporgenti, depositi dei vari materiali, bottiglie abbandonate, carrarecce abusive dove scorribande di mezzi pesanti transitano indisturbati”. Una volta quando esisteva la legge e veniva rispettata, non si poteva transitare nel manto erboso, oggi tutto è un appiattimento generale che la gente come ha inquinato le città, vorrebbe inquinare le nostre montagne. Nella montagna del Gran Sasso non c’è stata mai una vera programmazione ambientale e i risultati sono alla luce del sole. In questi giorni del 2024, alla vigilia delle elezioni Regionali, politici dell’ultima ora per rimediare voti sbandierano i seguenti interventi: “quattro milioni di ero per dieci rifugi e tre bivacchi montani, oltre nove milioni di euro per telecabina Fossa di Paganica –Scindarella” ben venga!  Le amministrazioni passate e attuali, avrebbero fatto meglio ad intervenire sulla montagna, recuperare il necessario ed abbattere le brutture, educare la gente che viene in montagna, programmare giornate ecologiche, rispettare ed aiutare la montagna che è di tutti gli allevatori che la pascolano e di tutti i cittadini del mondo che la frequentano e la amano.

Collezione fotografica storica di Giovanni Altobelli

 



Condividi

    



Commenta L'Articolo