L’Aquila, 6 aprile 2024

L’Aquila, 6 aprile 2024

 

 

 

Che meraviglia L’Aquila rinascente. Prima, guardavamo in basso o davanti a noi, oggi, alziamo lo sguardo per riconnettere la nostra anima con la rifioritura della città.

15 anni fa abbiamo sentito il respiro di Dio nell’istante stesso in cui abbiamo capito che non tutto era perduto.

Oggi possiamo dire che la nostra rinascita è come un romanzo - di idee, di progetti, di realizzazioni - che ha saputo tradurre i graffi dell’anima in opere d’arte, il sentire collettivo in un bellissimo ritmo urbano, la città in un luogo di cultura permanente.

Gli aquilani sono ormai “abitatori del tempo”, figli della memoria, ma anche della tecnologia, conoscono la differenza tra aver fede sapendo che sono nella fede e aver fede presumendo sia la verità, perché la Perdonanza - la cui celebrazione neanche il sisma è riuscito a impedire - è anche riflessione interiore, è confrontarsi con ciò in cui si crede e con il dubbio, è confessione e espiazione, ma anche festa di popolo come vuole la Bolla di Celestino V.

Il romanzo della rinascita ci racconta che le 309 vittime sono il nostro memorandum perpetuo, sono la chiave di volta dei nostri destini, sono gli ispiratori dei successi che L’Aquila ha realizzato in questi anni, non ultimo la designazione a Capitale italiana della cultura 2026.

Un risultato di grande valore prospettico, pensando ai nostri giovani, affinché non debbano mai conoscere nichilismo o rassegnazione.

Quindici anni fa ognuno di noi aveva un’altra età, altri obiettivi, altre aspirazioni, altri amori, altri amici.

Quindici anni fa non immaginavamo che si potesse diffondere nel mondo un virus infido come il covid 19; che dopo la comunità dispersa per il terremoto avremmo vissuto il coprifuoco, l’isolamento; che la mascherina sarebbe diventata la nostra interfaccia con il mondo esterno.

Non immaginavamo l’aggressione all’Ucraina da parte della Russia o l’attacco di Hamas e la reazione del governo israeliano e le tragedie che questi conflitti portano con sé.

La storia del terzo millennio è in piena e drammatica accelerazione, con nuovi equilibri mondiali in via di definizione.

Le tracce lasciate dagli eventi bellici nei tessuti urbani si caricano di forti valenze simboliche e la fase della ricostruzione diventa un momento di riscrittura della memoria della città.

Anche per questi aspetti – rilevano studiosi e ricercatori - c’è un’evidente connessione tra gli esiti delle guerre e gli esiti degli eventi sismici.

Il centro storico dell’Aquila inagibile, la sinistramente famosa zona rossa, le tendopoli gestite attraverso rigidi controlli, il trasferimento verso la costa… ricordare tutto questo ci porta alla libertà sospesa che abbiamo vissuto, alle vittime che abbiamo pianto, alla città e alla memoria perduta, alla complessa fase di ricostruzione, al sentimento di perdita per le nostre case abbattute.

Alle 3.32, quei pochi secondi di angoscia e di paura, hanno cambiato le nostre vite avviluppandole in una spirale di dolore e di sconforto, che invece di abbatterci ci ha ulteriormente temprati.

Il messaggio di speranza che rivolgiamo oggi ai popoli che subiscono le guerre è che l’amore per la propria patria, la determinazione e il sostegno di altre nazioni nella realizzazione di una pace possibile rendano il processo di rinascita un obiettivo più vicino di quello che la situazione attuale porta ad immaginare.

In questi anni, dietro i “tubi Innocenti” dei cantieri, sotto gli intonaci e il cemento, all’interno dei muri in ricostruzione, lungo le scale da ripristinare, nelle finestre da riposizionare, nei soffitti e nelle pareti da stuccare, dentro ciò che non si vede, il silenzio dei ricordi si è frapposto al rumore dei cantieri.

I ricordi, in questi quindici anni, sono stati i nostri compagni silenziosi e discreti, che ci hanno guidato nelle scelte verso la rinascita della nostra città, sono stati la nostra bussola interiore.

Chi è libero da quel passato sono i nati dopo il tragico evento e noi abbiamo il dovere morale di pensare a loro, aiutandoli a fare della memoria la sostanza della propria identità, ponendo in essere l’attività pura del rammemorare. Come simbolicamente hanno fatto, questa sera al Parco della Memoria, due giovanissimi studenti del nostro Conservatorio, Elisa e Tommaso, accendendo il braciere della memoria.

La memoria è un altrove che avvolge il nostro presente e noi aquilani siamo la nostra memoria.

La memoria ha un valore inestimabile per l’umanità e sacro per i cattolici perché è il focus della liturgia della Messa: Fate questo in MEMORIA di me, dice Gesù agli apostoli nel corso dell’ultima cena.

Per i neuroscienziati la memoria, insieme alla percezione e alla ragione, resta il fondamento del sistema più complesso che l’uomo conosce, la sua mente, che non potrà e non dovrà mai essere annichilita dall’intelligenza artificiale.

         Quando facciamo memoria dell’amore che ci ha creati e salvati (…) allora voltiamo pagina. Non rimaniamo più annodati ai rimpianti e alle tristezze, legati ad una memoria malata che ci imprigiona il cuore, esorta Papa Francesco.

         Care aquilane e cari aquilani, facciamo memoria della notte più buia per godere della rinascita fisica e comunitaria che abbiamo voluto e perseguito; facciamo memoria delle ferite per immergerci nella bellezza della vita; facciamo memoria delle vittime per concretizzare i sogni dei nostri giovani; facciamo memoria per essere tenaci nella crescita e nello sviluppo della nostra terra; facciamo memoria nella preghiera affinché la pace possa diventare protagonista del tempo che verrà.

 



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