INTERVISTA ALL’ARCIVESCOVO»I 50 ANNI DI SACERDOZIO

L’arcivescovo Giuseppe Molinari festeggia in questi giorni i 50 anni di sacerdozio di cui 23 da vescovo. Nato l’11 gennaio del 1938 a Scoppito, secondo di 4 figli è dal giugno 1998 arcicescovo dell’Aquila dopo essere stato vescovo per qualche anno a Rieti. Monsignor Molinari, da arcivescovo ha mai rimpianto il periodo in cui era un semplice prete? Negli ultimi tempi sì e non solo per la tragedia del sisma ma soprattutto per quel che è accaduto dopo. Tanti malintesi, tante confusioni. Posso dire che dell’esperienza da parroco ho un ricordo di giorni felici e sereni come pure ripenso volentieri agli anni di insegnamento nelle scuole. Come è maturata la sua vocazione che a 24 anni l’ha portata all’ordinazione sacerdotale? Devo dire che non c’è stato un momento preciso in cui ho maturato la decisione di diventare prete. E’ stato un percorso graduale anche se sono stati molto importanti gli anni in seminario, da 16 a 24 anni, durante i quali ho avuto come insegnanti persone straordinarie. La decisione finale è quindi giunta in modo naturale. Non ho mai avuto dubbi sulla scelta del sacerdozio, forse l’unico dubbio che ho avuto prima dell’ordinazione era relativo all’essere o meno all’altezza del compito che sarei stato chiamato a svolgere. Ma poi ho superato anche quel dubbio. Molti Santi della Chiesa nei loro scritti a volte hanno ammesso di aver avuto dubbi sulla Fede. E’ capitato anche a lei? Sì, in una mia lettera pastorale cito Papa Giovanni XXIII che diceva “Signore aiuta la mia poca fede, guarisci la mia incredulità”. Ricordo un vescovo che affermava: la mia fede è come il tracciato di un elettrocardiogramma, va su e giù. E aggiungo una frase del cardinale Newman secondo cui “mille difficoltà di fede non fanno un dubbio di fede”. Le difficoltà fanno parte della nostra condizione esistenziale. Una delle spine del suo episcopato all’Aquila ha riguardato i cosiddetti debiti della diocesi di cui anche il Centro si è occupato più volte. Ricordo che appena sono diventato arcivescovo dell’Aquila c’era la possibilità che venisse un Visitatore anche per verificare lo stato degli atti. Ma se io l’avessi chiesto forse avrei finito per alimentare polemiche strumentali o pettegolezzi che non avrebbero fatto bene alla Chiesa aquilana. Io ho trovato situazioni da sanare e poco a poco ho cercato di farlo. Per il resto se abbiamo impiegato delle somme lo abbiamo fatto per esempio per acquistare l’area della nuova parrocchia di Cansatessa e abbiamo dovuto fare un mutuo ma quell’area sta lì , sta tutto lì. Molti l’hanno definita come l’amico di Berlusconi. E’ vero? Ma no, anche su questo credo si sia fatta un po’ troppa confusione. Io ho sempre ricevuto tutti e lo feci anche con Berlusconi nel dicembre del 2008 quando lui venne all’Aquila per la campagna elettorale di Chiodi. Mi fu chiesto e io lo ricevetti, anzi ne approfittai per evidenziare a lui la grave crisi occupazionale della città e consegnai una lettera che i sindacati mi avevano chiesto di scrivere e di far arrivare al governo. Lui, Berlusconi, mi rispose che avrebbe affidato la questione a Gianni Letta. Poi c’è stato il terremoto e l’ho incontrato spesso in situazioni ufficiali e anzi ho sempre chiesto a lui e a tutti di evitare scontri e litigi perché solo stando insieme si ricostruisce la città. Un vescovo non fa politica come la si intende normalmente, noi abbiamo come riferimento la dottrina sociale della Chiesa che non è né di destra e né di sinistra. Tra l’altro ricordo che molto prima di incontrare Berlusconi mi fu chiesto di ricevere Francesco Rutelli e lo feci senza problemi. Chi conosce la mia storia sa che sono di origini contadine e mio padre ha fatto anche l’operaio. Sono quindi lontano da certe etichettature. Secondo lei c’è bisogno oggi di un partito cattolico come lo è stata la Dc? Rispondo con le parole di Giovanni Paolo II in un convegno a Palermo nel 1995: la Chiesa non si sposa con nessun gruppo politico particolare. Inoltre, lo ribadiscono i documenti della Cei , da un’unica fede non viene fuori necessariamente una unica opzione politica. Per noi cattolici la convergenza deve essere sui valori _ la vita, la famiglia, la bioetica, la solidarietà, l’attenzione ai deboli e tanto altro _ non su appartenenze di tipo politico. Ogni cattolico deve porsi la domanda se ciò che fa è coerente con la propria fede. Quali sono i suoi rapporti con il sindaco Massimo Cialente? Dal punto di vista umano nessun problema, è una persona buona ed è stato presente anche alle iniziative per i miei 50 anni di sacerdozio. A volte gli ho detto che deve far funzionare un po’ meglio il Comune. Certo nessuno ha la bacchetta magica però sono convinto che con l’impegno di tutti, lavorando insieme, con tanta umiltà si può uscire dalla tragedia che ci ha colpito. Purtroppo finora abbiamo assistito spesso a divisioni politiche, a eccesso di burocrazia, a ordinanze contraddittorie. La Diocesi di recente ha pubblicato una sorta di manuale con precise indicazioni su come ricostruire o ristrutturare i propri beni fra cui naturalmente le chiese. Perché è nato questo manuale? Perché abbiamo voluto dare un contributo al processo di rinascita indicando quali sono le nostre proposte. Le mettiamo a disposizione di tutti. Lei a metà gennaio 2013 compie 75 anni . Se il Papa dovesse chiederle di restare ancora un po’ lei accetterebbe ? Ho sempre obbedito al Papa e farò quello che lui deciderà. Se le chiedessero un parere sul suo successore, indicando magari il suo ausiliare monsignor D’Ercole, lei cosa direbbe ? Non posso rispondere a questa domanda. Sono cose che non dipendono da me. Anche qui a decidere sarà il Papa. Il caso Traversi e la presunta truffa con i fondi Giovanardi in cui anche la Curia è stata coinvolta cosa le ha insegnato? Che bisogna essere prudenti, molto prudenti

(Da Il Centro)



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