PASSAGGIO AD OVEST: LA "COLLINA DI ROIO"

C'è un luogo, a ovest del nostro capoluogo, tristemente noto per essere stato l'epicentro del terremoto che nel 2009 devastò la nostra terra: la “Collina di Roio”, così, all'epoca tale località venne ribattezza dalla stampa locale. Oggi quel monte non incute più alcun timore; anzi, offre di sé un'immagine alquanto rassicurante, animata da cercatori di funghi, cavalli al pascolo o da greggi che brucano gli erbaggi d’altura per poi trovare ricovero, al tramonto, in improvvisati stazi sistemati negli alvei di piccole conche celate dalla vegetazione. Persino l’erba cerca di avvincere le scritte segnate con pietre che, posate su un defilato declivio, assumono un profilo numerico che ricorda quel tragico avvenimento. In quella zona si giunge attraverso un breve percorso che si snoda dal paese di Roio Piano. Questo tratto di strada che collega l’altopiano roiano a Lucoli vide luce agli inizi degli anni settanta. In verità, qualche anno prima, nel dopoguerra, grazie ad iniziative governative volte al sostegno dell'occupazione operaia, ci fu un tentativo, poi abbandonato, di costruire una strada che fiancheggiava la collina di Ripa. Adesso il lastrico di pietre che forgia la base dell'allora costruenda via è completamente coperto di piante che hanno quasi del tutto cancellato l’antico tracciato. Infatti, se proviamo a percorrerlo, facendoci spazio tra i rovi e i querceti, solo parzialmente se ne intuisce l’esistenza. L’attuale strada sottostante è rimasta pressoché priva di manutenzione, tanto che gli alberi, in alcuni punti, si spingono oltre i loro spazi, quasi a voler congiungere le due opposte sponde boschive, invadendo l’asfalto corroso dal tempo. A tratti, poi, si sono formati degli avvallamenti e dei parziali accenni di cedimento del suolo che in futuro potrebbero rendere la carrabile impraticabile. Durante la stagione fredda, questa via secondaria è percorsa dagli amanti degli sport invernali che, a bordo di macchine a tutto punto bardate, si recano alla stazione sciistica di Campo Felice. Il transito estivo, invece, è costituito soprattutto da passanti che approfittano del bel tempo per fare salutari passeggiate. Quando si giunge sul promontorio, si capisce che la radura ivi distesa, disseminata di alberi e cespugli, offre ai gitanti la possibilità di trascorrere qualche ora in tranquillità, immersi nella natura. Affacciandosi da una naturale balconata che guarda a est, si nota nel fondovalle, a qualche miglio di distanza, la città dell’Aquila adagiata alle pendici silvestri di San Giuliano e di Monteluco: ambedue offese dagli incendi. Il sole radente dei tramonti autunnali rafforza la bellezza di questo scorcio appenninico, e la sua calda luminanza pare attenuare quelle poche brutture sparse qua e là da incoscienti che, per sbarazzarsi di ingombranti materiali di scarto, con la loro egoistica indifferenza, contribuiscono a rovinare l’ambiente circostante. In tali, per fortuna rare, piccole “oasi” di pattume si posano grigi volatili che rovistano tra laterizi, vetri infranti e suppellettili varie alla ricerca di qualcosa di cui nutrirsi. C’è dunque a ovest della nostra città un passaggio e un paesaggio che merita di essere meglio conosciuto, più curato e maggiormente valorizzato.
di Fulgenzio Ciccozzie




 



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