La Posta chiude nell’Abruzzo dei borghi

Sono 73 in tutto: 30 in provincia dell’Aquila, 30 in quella di teramo, 7 nel Pescarese e 6 in provincia di Chieti. Sono gli uffici postali destinati a chiudere i battenti (o che hanno già abbassato la serranda) in obbedienza ai tagli e alla riorganizzazione dei servizi: meno sportelli con persone in carne e ossa dall’altra parte del vetro e più servizi telematici. Sono i numeri di un Abruzzo che scompare, sotto i colpi della modernizzazione. E’ l’Abruzzo dei piccoli comuni e delle frazioni dove la Posta è stata, per decenni, una sorta di avamposto dello Stato lontano. Il luogo dove gli anziani andavano a riscuotere la pensione o a depositare i risparmi da lasciare ai figli, ai nipoti. Ma anche un luogo per socializzare quando questa parola non era ancora entrata nel lessico. Un posto, insomma, dove ci si incontrava per scambiare quattro parole. Non solo e non tanto con l’impiegato che – dopo anni di familiarità- conosceva la situazione patrimoniale dei clienti meglio di qualsiasi redditometro. La fila allo sportello – prima che i biglietti da prendere all’ingresso la eliminassero nel nome della tutela della privacy – era uno dei luoghi deputati per scambiarsi le novità della piccola comunità: i nati e i morti, ma anche gli amori che, qualche volta sbocciavano alimentati anche dall’immobilità e dall’attesa. Sono una ventina i piccoli uffici postali chiusi totalmente o costretti a rigide turnazioni nella Marsica nel giro di pochi anni, e altrettanti rischiano di fare la stessa fine in pochi mesi. Qui, in questi paesi, appena 20 anni fa, gli anziani si incatenavano alla porta d'ingresso della Posta per scongiurarne la chiusura (basti ricordare il caso di Pagliara dei Marsi o Gallo di Tagliacozzo). Oggi, invece, a dominare, quasi ovunque, è la rassegnazione. Come per esempio a Poggio Filippo, frazione di Tagliacozzo. Qui l’ufficio postale è chiuso. E’ arrugginita l’insegna gialla con le lettere blu Pt . «Per ritirare la pensione devo prendere l'autobus alle 7 per Tagliacozzo e tornare a casa con quello delle 14», racconta Antonio, un ultraottantenne, «con il rischio che qualcuno mi porti via tutti i soldi». Sono otto gli uffici postali dell'Aquilano per i quali è stata decisa la chiusura. Un provvedimento che si sta attuando in maniera progressiva. A Tussio di Prata d'Ansidonia è già comparso il cartello che indica l'interruzione del servizio a partire dal 26 novembre, lunedì scorso. Non hanno più riaperto dopo il terremoto gli uffici postali di due delle frazioni più danneggiate, Onna e San Gregorio. Stop all'attività di sportello anche nella frazione di Rocca Santo Stefano di Tornimparte. E’ in vistal a chiusura per l'ufficio di Mascioni, frazione del Comune di Campotosto, che ora è aperto solo il giovedì e il primo martedì di ogni mese. E’ stato ridimensionato, ma ancora aperto anche se a giorni alterni, l'ufficio di Casamaina di Lucoli che apre solo il mercoledì. Per ora sembrano essersi salvate le Poste della frazione San Menna (Ville di Lucoli). Apertura ridotta per l'ufficio di Castelnuovo, frazione del comune di San Pio delle Camere: funziona il mercoledì dalle 8,15 alle 13,45, avvisa il cartello affisso alla porta. Ma non è solo l’Abruzzo interno a patire questa desertificazione. A volte accade anche in città. E’ il caso dell’ufficio postale nel quartiere di San Lorenzo, uno dei rioni periferici di Vasto. Nell’«Ultimo spettacolo» di Peter Bogdanovich,era la chiusura dell’unico cinema in un villaggio del Texas degli anni Cinquanta a segnare simbolicamente la disgregazione della comunità . In quel classico di 40 anni fa, l’ultimo film proiettato nel teatro condannato a morte, era un western, «Fiume rosso». Oggi, nell’Abruzzo dei piccoli borghi, è il nero della crisi che invoca le sue ragioni che il cuore si rifiuta di riconoscere

 



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