Fondi per L’Aquila Barca contro Cialente

 «Al governo Monti è mancato il coraggio di mettere più soldi per L’Aquila. Abbiamo 28mila persone fuori casa». Dice Cialente. «All’Aquila la classe dirigente non ha orgoglio di quanto è stato fatto. Tanta gente è rientrata a casa prima che negli altri terremoti e in periferia si è ricostruito». Ribatte il ministro Barca. Partita con le migliori intenzioni, la full immersion Cgil – cinque ore a parlare della ricostruzione, con oltre 300 persone ad ascoltare – come al solito finirà, merito o colpa di alcuni degli attori del soggetto, per essere ricordata come l’ennesimo round di un incontro di boxe infinito. Dove i colpi si prendono e si danno. E sullo sfondo i cittadini che ormai hanno abbassato la guardia e che aspettano solo di rivedere la città ricostruita. Anche se c’è chi si accontenterebbe di assistere almeno alla partenza dell’Impresa. Non prendono i telefonini, nell’Aula magna di Scienze umane stipatissima con gente seduta sugli scalini, ma tanto non serve. Qui i messaggi viaggiano in forma diretta. E stavolta a fare le pulci all’operato di Cialente e dei suoi assessori, come pure della Provincia, ma chissà perché non della Regione (che diserta l’appuntamento) non è il ministro di un governo di centrodestra. E neppure un uomo di Berlusconi. A parlare è Fabrizio Barca, delegato del governo Monti per la ricostruzione e candidato in pectore a un ruolo nel centrosinistra e nel Pd («di cui dovrebbe cominciare a prendere almeno la tessera», sibila un vecchio militante Pci-Pds-Ds-Pd). In mezzo c’è anche la presenza di amministratori e sindacalisti dell’Emilia Romagna, il che, anche inconsapevolmente, fa scattare un confronto improponibile sui due terremoti e le due ricostruzioni che viaggiano a velocità diverse. E secondo procedure, risorse, modalità e competenze diverse. Il battibecco a distanza tra ministro e sindaco non oscura, tuttavia, il poderoso lavoro di sintesi della Cgil racchiuso nella relazione del segretario generale aquilano Umberto Trasatti. LE NOVE REGOLE. Nove punti-chiave, con un unico denominatore comune: certezza di risorse e costanza nelle erogazioni, com’è scritto in rosso su ogni pagina della sintesi programmatica distribuita al pubblico. Un lavoro apprezzato da destra a sinistra ma che per essere reso concreto ha bisogno di uomini e mezzi. Ecco i nove punti che stanno a cuore alla Cgil: Democrazia e qualità nell’Aquila del 2020; L’Aquila per noi, una città universitaria europea sostenibile; Ricostruire sicuro e trasparente; Qualità del sapere e della ricerca; Politiche per gli anziani e per la ricostruzione; La Pubblica amministrazione; Terziario e reti; Industria; Politiche per l’infanzia e politiche giovanili. CORAGGIO E PIATTI CINESI. «Questo governo», affonda Cialente, «e me ne rammarico, ha perso l’occasione di dare le giuste risorse con la legge di stabilità. È mancato il coraggio quando si trattava di inserire nuovi fondi certi. Esprimo una grande preoccupazione, spero sia solo la mia e non sia condivisa. Succede una cosa molto pericolosa, ed è la prima emergenza su cui intervenire. Rispetto alle prime fasi del post-sisma, quando c’era più aspettativa, entusiasmo e voglia di rivalsa, adesso, a fronte di quasi quattro anni di insuccessi, sta subentrando una forma di sfiducia e di rassegnazione. Il pericolo più grande. Serve un intervento che modifichi questo clima e avvii la ricostruzione. Un anno fa, di questi tempi, a tarda ora mi chiamò il primo ministro per sapere cosa stesse accadendo all’Aquila. Si posero le condizioni per avviare un cambiamento. E fu indicato il ministro Barca per il cambio di governance. Abbiamo perso almeno due anni e mezzo. Non si può condannare nessuno, perché quello che è accaduto a noi non ha precedenti. Ma occorre dare un’accelerazione sennò la gente non ci crede più. Il Comune ha provato a dare nuove regole che potranno funzionare. Osservo, però, che ancora 28mila persone sono fuori casa. Non vengono ancora ricostruite le case E della periferia. C’è un problema: non abbiamo più certezza dei finanziamenti, ministro, oh, ti chiedo scusa (lo richiama mentre parla con Errani, ndr), io temo che sono finiti i soldi, speriamo di no. Quest’anno, e lo pongo come problema, possiamo accelerare ma ogni anno dobbiamo avere la certezza di avere finanziamenti per finire il 2013 e iniziare il 2014. La mancata previsione di risorse giuste è un grave errore che lascia una pesante eredità a chi verrà dopo». Poi l’efficace immagine del circo e dei piatti che rischiano di rompersi. «A causa dei ritardi e della confusione la nostra vita ricorda quando, nel circo, si vede l’esercizio che di solito fanno i cinesi che mettono un piatto e poi ne mettono un altro di corsa e quelli cominciano a girare. Bisogna cominciare a sistemare questi piatti. Ognuno deve reggerne uno». ORGOGLIO. Sentirsi dare del «Don Abbondio» non piace a nessuno. Figuriamoci se si tocca il governo e il suo ministro delegato. Sentirsi dire – anche dall’emiliano Vasco Errani – che il sistema Cassa depositi e prestiti è l’unica strada, dopo aver sostenuto che era una cosa da scordarsi; sentirsi dire dalla Provincia che la legge di stabilità non parla dei precari del Genio civile, carica a molla il ministro: «Vedo un clima di non fiducia. E non da oggi. Mi spiace che Massimo è dovuto andar via. Lo dico con la mia brutalità: nella classe dirigente locale vedo prevalere il risentimento, il volgersi indietro non per imparare lezioni ma per ricercare responsabilità di altri, e non vedo l’orgoglio per quello che ognuno ha fatto». Barca annuncia che a marzo ci sarà «la primavera dell’Aquila» e salva dalle bacchettate «solo l’assemblea cittadina e alcuni articoli della stampa che stanno sul pezzo». Altro round. Fuori i secondi.

- da Il Centro -


 



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