TRAGEDIA SUL GRAN SASSO, PROCESSO ALL'AMICO CHE SI E' SALVATO

Svolta nell’inchiesta sulla morte dell’escursionista aquilano Massimiliano Giusti, avvenuta a fine febbraio del 2012 sul Gran Sasso, inghiottito dalla bufera e dalla visibilità pari allo zero che non gli avevano lasciato scampo, dopo un volo di decine di metri. Il pm Stefano Gallo ha confermato le accuse a carico di Paolo Scimia, 34 anni, anche lui aquilano, l’amico che si era salvato, da subito iscritto sul registro degli indagati con l’accusa di omicidio colposo. Dopo esattamente un anno dal tragico ritrovamento, Scimia dovrà affrontare il processo fissato (per citazione diretta) al 26 febbraio. Per l’accusa non ci sono dubbi: la morte di Giusti (che ha lasciato una giovane compagna e una bambina) poteva essere evitata se Scimia fosse rimasto con lui invece di lasciare l’inesperto escursionista da solo. L’attività di indagine ha portato gli investigatori dei carabinieri della stazione di Assergi e della sezione di polizia giudiziaria dell’Arma presso la Procura ad acquisire non solo le drammatiche telefonate inviate dai cellulari dei due escursionisti al 118 e ai soccorritori quando la situazione si era fatta drammatica, ma anche i ricordi dello stesso Scimia postati su Facebook e alcune interviste poi apparse sugli organi di informazione locali in cui quei drammatici momenti sarebbero stati raccontati in un’altra maniera. Alcuni giornalisti nella fase delle indagini preliminari erano stati sentiti in qualità di persone informate dei fatti. L’indagato è assistito dagli avvocati Ferdinando e Manuela Paone. La parte offesa è rappresentata dall’avvocato Roberto Madama.

 



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