Tre scosse nelle province dell’Aquila e di Pescara

 Tre scosse di terremoto, ieri in Abruzzo, nelle province dell’Aquila e di Pescara. Due scosse sono state registrate, in mattinata, all’Aquila e provincia nel distretto sismico del Gran Sasso. Le località prossime all’epicentro sono state, oltre al capoluogo, Barete, Capitignano e Pizzoli. Secondo i rilievi dell’Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia), il primo terremoto si è verificato alle 5.27 con magnitudo 2.9, il secondo alle 11.08 con intensità 2.5 Una scossa di terremoto di magnitudo 2.1 è stata, invece, chiaramente avvertita nel Pescarese alle 10 e mezza circa. Prima un boato e poi uno scuotimento del terreno, percepito in modo sussultorio, hanno spaventato la popolazione soprattutto a Lettomanoppello e Abbateggio. L'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia localizza l'epicentro sulla Maiella, nella zona intono ai territori dei due centri. A Lettomanoppello la scossa ha avuto effetti maggiori tanto che il sindaco Giuseppe Esposito di concerto con le autorità scolastiche ha sgomberato le scuole cittadine. Tante gente in strada impaurita. Anche ad Abbateggio, il sindaco Antonio Di Marco, ha disposto l'evacuazione della scuola dell'infanzia. Sempre ieri, il tema dei terremoti e quello della prevenzione sono stati al centro di un convegno che si è svolto nella sede dell’università d’Annunzio a Chieti, al quale ha partecipato anche il capo dipartimento della Protezione civile nazio nale, Franco Gabrielli, ex prefetto dell’Aquila all’epoca del terremoto del 6 aprile 2009. In Italia manca la cultura della prevenzione, ha detto Gabrielli intervenendo all’incontro organizzato dall’Ordine dei geologi e intitolato «Fenomeni naturali e catastrofi attese: il difficile ruolo della prevenzione in Italia». «Non si può dare tutta la colpa alla politica», ha detto Gabrielli, «la politica è l’espressione di questo Paese: se la politica ha poca sensibilità su questi temi è perché interessano poco alla società civile. Il problema non sono le risorse, ma la cultura: più cultura avremo, meglio utilizzeremo le risorse». Una scarsa attenzione che non tiene conto dell’ambiente in cui si vive. Infatti, in Italia il 10 per cento del territorio è a rischio geologico, un’eventualità che coinvolge l’89 per cento dei comuni e 6 milioni di persone. Oltre al metà del territorio italiano è soggetto alla possibilità che si verifichi un terremoto: il 36 per cento dei comuni, 22 milioni di cittadini in tutto. Troppo spesso, negli ultimi anni, le cronache hanno raccontato di tragedie causate da fenomeni naturali, più o meno prevedibili: che fossero terremoti o esondazioni, quel che manca è la sicurezza. Per questo, il presidente del Consiglio nazionale dei geologi, Gian Vito Graziano, in vista delle prossime elezioni politiche ha consegnato a tutti i candidati premier un documento in dodici punti con le regole per la messa in sicurezza del territorio. Un manifesto che, ha detto Graziano, può diventare «il Risorgimento della scienza» in questo campo. «Manca una spinta dall’alto, dalla politica», ha detto il geologo. «Noi vogliamo impegnarci a diffondere la cultura della scienza della terra a cominciare dal basso, dalle scuole». In occasione della sua visita in Abruzzo, Gabrielli ha anche commentato la recente sentenza di primo grado del tribunale dell’Aquila che ha condannato a sei anni di carcere i sette componenti la Commissione Grandi rischi, per omicidio colposo plurimo e lesioni, in riferimento alla riunione tenuta pochi giorni prima del terremoto del 6 aprile 2009. «Le presunte responsabilità della comunità scientifica», ha detto Gabrielli, «sono le



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