Monticchio, le idee per ripartire

 «Il taglio sul ginocchio, la bici nel fosso. Il pugno nell'occhio, ogni semaforo rosso… per arrivare a te». Vernice arancione su un muro di cinta, che porta ancora i segni del sisma. Le parole degli Articolo 31 – per una dedica speciale in un pomeriggio d’inverno – colorano un angolo del centro di Monticchio, in un isolato completamente disabitato. Ma il viaggio, stavolta, parte dal Messico, da un’allegra città di 4 milioni di persone, a due passi dal confine col Texas. Cosa c’entra Monterrey orgullo norteño, paradiso per amanti di tacos, burritos e tequila con la piccola frazione alle porte dell’Aquila? La risposta sta nella scelta del campus Queretaro dell’Istituto tecnologico di Monterrey, di collaborare con l’università del capoluogo abruzzese alla realizzazione di una proposta di progettazione urbana della ricostruzione di Monticchio. Un progetto reso possibile dall’impegno della professoressa Stefania Biondi, aquilana di origine in servizio al dipartimento di Architettura dell’ateneo messicano. La ricerca sul campo è coordinata dal professor Fabio Andreassi che ha inviato a più riprese aspiranti ingegneri e architetti a fare interviste, cercando di capire le reali esigenze dei suoi mille abitanti. «Obiettivo di questo studio è quello di elaborare un masterplan del paese, crocevia tra natura, storia e sviluppo», spiega l’ex consigliere comunale Tonino De Paolis. Un centro abitato nel cuore della Valle dell'Aterno, un’area dominata in primo luogo dalla città di Aveja. Successivamente il potere è passato a Forcona, storica sede vescovile. Il paese, originariamente noto come Monticulus (poi Montecchj, quindi Montecchio o Monticchio) si sviluppò solo a partire dal XIII secolo quando venne edificata la chiesa parrocchiale di San Nicola. Nel 1254 partecipò, con altri castelli del contado, alla fondazione dell'Aquila. Il progetto di ricostruzione si inserisce in questo contesto storico-culturale. PARTECIPAZIONE. Un’azione che vede protagonista una squadra operativa di studenti della facoltà di Ingegneria Edile Architettura: Emilia Cardamone, Primola Cardelli, Raffaele Cavallero, Sara Centi, Pierluigi Centorami, Andrea Ciammetti, Gianluca Cianfaglione, Bice Coletti, Chiara De Angelis, Daria De Petris, Andrea La Rovere, Cecilia Iacchetti, Elena Innangi, Roberta Menchini, Silvia Pacifico, Mauro Panella, Francesco Scapaticci, Angela Scarpone, Daniele Sciullo, Antonella Tempesta e Lavinia Vagnozzi. La partecipazione è intesa come la possibilità di mettere gli abitanti di questa zona in condizione di orientare le scelte, non lasciando soltanto dei pareri. Vengono elaborati così i primi schemi territoriali, passando per mappe mentali, laboratori e unità di paesaggio. «Un percorso che va per step», commenta Massimo De Simone, «con l’obiettivo di elaborare indicazioni urbanistiche dettagliate, proprio sulla base delle scelte dei nostri cittadini». Si lavora porta a porta e poi ci si confronta insieme, magari al centro anziani, l’unico vero luogo di aggregazione polivalente in paese, perché il centro polifunzionale (bello e colorato) donato dal Giornale di Brescia non è mai veramente entrato a regime. CENTRO ANZIANI Alla scuola c’è tutto, lavagne, aule e banchi. Tutto nuovo. Anche la vernice delle pareti esterne è nuova, un blu elettrico stile libero che poco si sposa con la visuale. Di bambini, però, neanche l’ombra: troppo pochi anche per formare una classe. In compenso, le attività del centro anziani, la cui sede è nello stesso edificio, vanno avanti: sala incontri, biblioteca da allestire coi libri ricevuti in dono, angolo caffè e persino palestra dove fare ginnastica posturale. Il presidente Giovanni Civisca fa gli onori di casa. Con lui c’è anche Tonino Sacchetti che spalanca la finestra e indica la montagna di Bagno: «Noi la vediamo e gli abitanti di Bagno no». Infatti, per quanti sforzi uno possa fare, non riuscirà mai a vedere il proprio naso, senza l’aiuto di uno specchio. LE STRADE. Da qui si vede anche parte del centro dove è rimasta ad abitare una sola persona in una casa rosa di via Acconci, al numero 17. Da un vicolo all’altro sbucano dei panni stesi, ma a quanto pare appartengono a famiglie che rientra regolarmente nelle case inagibili per fare il bucato. In centro abitavano 60 famiglie, per la maggiore ricollocate nei Map. Più avanti c’è la chiesa di San Nicola, i cui battenti sono chiusi dal 6 aprile. Don Cesare Cardozo celebra la messa nel container piazza principale, davanti al maxi-puntellamento realizzato per preservare la viabilità per Onna e Fossa. Le periferie risultano meno danneggiate e ospitano 2 bar, un negozio di alimentari e altre attività tra ristoranti, pizzerie e tabaccaio. Da poco ha anche riaperto l’ufficio postale, fermo a causa di una recente rapina subìta. Un fenomeno che pone il problema relativo alla sicurezza della zona, in un momento in cui il contesto socio-economico del cratere sta cambiando anche piuttosto velocenemente. CASE POPOLARI. Scenario a parte quello delle case popolari, i cui interventi di ristrutturaazione e riqualificazione vengono portati avanti dal Comune e dall’Ater. Del resto, l’edilizia residenziale presenta un capitolo a parte. Per molto tempo, ha tenuto banco la questione relativa agli abitanti di quest’area che si trova non molto lontano dal campo sportivo. Quest e case sono state classificate B, cosa che ha creato non pochi problemi alle 36 famiglie di sfollati in ragione delle regole di accesso alle graduatorie del piano Case o dei Map.

- da Il Centro -



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