Boom dei soccorsi in montagna sono tutti gratis, paga la Regione

 I ragazzi dispersi nella nebbia qualche giorno fa sul sentiero che da Prati di Tivo porta a Pietracamela. Il pensionato settantenne che a giugno è stato ritrovato grazie all’uso di un cane cosiddetto “molecolare”, un bestia che riesce a rintracciare i dispersi grazie all’olfatto sensibilissimo e di cui esistono sette esemplari in tutt’Italia. Poi la morte di Massimiliano Giusti precipitato nel 2012 nella Valle dell’Inferno e i ragazzi rimasti seppelliti nel febbraio 2011 sotto il peso di una slavina all’Aremogna, di cui uno perse la vita. E come non ricordare la giovane Sarolta Tripolszki, la turista ungherese che per 6 giorni e sei notti è rimasta confinata in maglietta e calzoncini in un canalone, in località Fonte Tettone, sul monte Amaro (Maiella) e sopravvissuta mangiando radici e bevendo acqua di ruscello. Sono storie che rappresentano soltanto la punta dell’iceberg del lavoro alle quali il Soccorso alpino e speleologico d’Abruzzo è chiamato a prendere parte ogni volta che c’è un disperso in montagna o un incidente, in un contesto in cui cresce costantemente il numero degli escursionisti che, spesso, non conoscono la montagna. Non è un caso che il numero dei soccorsi alpini e speleo nel 2013 sia arrivato a 115 contro gli 82 dell’anno scorso. Ma soltanto il 5% ha coinvolto alpinisti. Gli interventi del soccorso alpino hanno bisogno di preparazione tecnica e conoscenza della montagna, temerarietà e passione. Ma anche di risorse economiche ingenti che arrivano per lo più dallo Stato. Dietro a un intervento di soccorso alpino c’è tutta una macchina organizzativa che si muove. I volontari e le guide alpine pagano personalmente i propri corsi di formazione e aggiornamento. Sullo Stato, invece, non pesa solo il costo di mezzi, carburante e manutenzione (basti pensare che un elicottero del 118 costa 120 euro al minuto, spesa in Abruzzo “coperta” dalla Regione con un accordo che prevede 25mila euro per 5 anni); ma anche l’eventuale mancata giornata lavorativa del volontario chiamato a intervenire. La grande famiglia del Cnsas. «Il Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico è una struttura operativa del Club alpino italiano, basata su volontari», spiega il presidente del Soccorso alpino e speleologico abruzzese, Luigi De Angelis, «pur essendo su base volontaristica, si tratta di un’attività di tipo professionale, basata su una selezione molto stringente». Alpinisti e speleologi devono seguire, infatti, un addestramento prima di diventare volontari del Sasa (Soccorso alpino e speleologico d’Abruzzo), addestramento che coinvolge anche i medici volontari, la cui presenza nel Corpo rappresenta un’unicità. Del Cnsas possono fare parte anche le guide alpine e gli accompagnatori di media montagna: le figure abilitate ad accompagnare ufficialmente i tecnici dell’elisoccorso del 118. I volontari sono distribuiti in modo omogeneo e capillare su tutto il territorio nazionale, come se fossero «caserme dei carabinieri, in ogni paesino», dice De Angelis. In Abruzzo sono 130 i volontari di Cnsas, così strutturati: operatori e tecnici di soccorso alpino e speleologico; tecnici di elisoccorso; medici e unità cinofile. E sono distribuiti in otto stazioni a Teramo, L’Aquila, Penne, Chieti, Sulmona e Avezzano più una stazione speleo e una forre. Tutti i volontari sono reperibili 24 ore su 24. E il lavoro intenso: gli interventi del soccorso alpino speleologico Abruzzonel 2013 sono stati 115, tra cui2 per valanga,16 per ricerca dispersi, 79 su terreno impervio in ambiente montano o ipogeo,6 su piste da sci, mentre 43 sono stati gli interventi con elicottero da parte di polizia e corpo forestale. Come parte l’intervento. Ma che cosa si deve fare quando si scivola in una forra e ci si fa male? Oppure se ci si perde e non si trova più l’orientamento? Di solito il Sasa viene allertato da una telefonata che può arrivare da carabinieri, vigili del fuoco, 118, dal diretto interessato o da amici o familiari. A quel punto, si deve decidere come intervenire: tutto dipende dalla “gravità” del soccorso. Se le condizioni meteo lo permettono, per prima cosa si fa intervenire l'elicottero del 118 e che chiede il supporto delle stazioni territoriali. L’elisoccorso ha base negli aeroporti di Preturo e di Pescara. A seconda del tipo di intervento che si sceglie, poi, la strategia per il recupero dell'infortunato. In caso di maltempo intervengono le squadre a terra con il supporto di guardia di finanza, Corpo forestale e vigili del fuoco. La chiamata va fatta al 118, che tra qualche anno diventerà numero unico per le emergenze, come in America. Pagare o non pagare? Agli amici alpinisti che l’estate scorsa si sono persi sulle Dolomiti per sfidare il maltempo e, forse, anche le loro reali capacità, il Soccorso alpino locale che intervenne con un elisoccorso per portarli in salvo consegnò una fattura di 900 euro. Increduli, i nove alpinisti cacciarono cento euro tondi tondi ciascuno. Sono tre le regioni che, tramite leggi regionali, hanno cambiato rotta e messo fine alla gratuità assoluta degli interventi di soccorso alpino. A carico dello Stato restano solo quelli “sanitari”, ossia dovuti a incidenti o malori. Gli “sprovveduti” che si perdono o che affrontano un sentiero al di sopra delle loro capacità, pagano. Accade in Trentino Alto Adige, Veneto, Valle d’Aosta. E in Abruzzo? Nella nostra regione esiste una legge che stabilisce che il soccorso non- sanitario è a pagamento. Si tratta della numero 1 del 10 gennaio 2011. Una legge di bilancio finanziario che non si sa per quale motivo, ancora non viene applicata. Ma la “pacchia”, se la legge esiste, è destinata a finire.

- da Il Centro -



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