La Storia dei Vestini, antica popolazione abruzzese preromanica

 - di Sante Acitelli - Sempre tratto da: Antica topografia istorica del regno di Napoli, Volume 3 – di Domenico Romanelli – presento la storia del popolo dei Vestini, una delle antiche genti preromaniche che abitavano, all’incirca, intorno al Gran Sasso fino al mar Adriatico. Alcuni termini greci non sono riuscito a trascriverli e, di questo, mi dispiaccio ma spero di portare un contributo alla conoscenza storica del territorio.

Contermina e confinante co’ Marsi si stendeva dal  Iato del mare la regione de Vestini detti da Greci *****.  È questo il vero e germano nome di questo popolo come si raccoglie dalle monete e dalle iscrizioni che in appresso produrremo e non già *** Vistini come si legge in Appiano o *** Bestini come colla più supina ignoranza scrisse Suida: donde ne trasse gens in Italia ferinis moribus praedita invece di dire ch’ eran essi i popoli i più colti d Italia. Nacque l errore dallo scambiar che egli fece il dittongo Cu de Greci colla B T che spesso soleva avvenire come fu anche notato dal Cluverio  onde scrisse erroneamente Bestini per Festini. Si è creduto che questa nazione così fosse appellata da Vesta il cui culto era risparso in tutte le sue città e piccole comunanze. Gli storici Patri tra quali numeriamo il Gamarra il Toppi ed Febonio  affidati alle dicerie di Pier Leone Casella  fecero questa Vesta madre di Noè che dopo la generale inondazione della terra si portò in questi luoghi e die nome alla regione Vestina.  Dal Camarra invece di Vesta si nominò Titea da cui si volle ripetere l’origine di Teate, siccome da Sabazio Sango di lei compagno si derivò l’ origine de Sabini.  Noi siam troppo lontani di fermarci in queste putide favole ed opiniamo che se qualche appoggio istorico si offre al geografo nel rintracciare queste origini rimote si può soltanto supporre nel culto di Vesta che da questi popoli era generalmente adottato.  Infatti moltissime iscrizioni si son trovate con questo nome ed una se ne vede tuttora fuori la del seminario di Penne in cui si legge Vesta . Aggiunge il Toppi che questo nome era generale nelle donne Vestine come si lesse tanti titoli sepolcrali scavati in diversi luoghi della regione. Non possiam dubitare che i Vestini derivassero ancora dagli Osci da Sabini e da Sanniti come delle confinanti regioni abbiam affermato Strabone descrisse tutti questi popoli tra loro vicini come nati dallo stesso legnaggio e per tali ce li rappresentano le strette comunicazioni gli usi promiscui la forma del governo ed i riti di religione uniformi fra loro. Ma l’argomento più certo si deduce dalle rarissime monete di questa nazione riportate dall’Eckel,  dal Lanzi e dal Sestini  in cui da una parte si vede la Luna ed un astro colla leggenda osca retrograda **** cioè Vestini.  Altra moneta inedita è stata pubblicata dal sig Avellino del museo del conte Tiberj di Vasto in cui da una parte osserva una conchiglia coll’epigrafe VEZ in caratteri osci e dall’altra una bipenne con un globetto. Taluni han dubitato se codesta epigrafe debbasi riferire a Vescia ed a Minturno de’ Vestini ma è stato ben osservato dal detto sig Avellino niuna affinità si trovi o de’ tipi o della fabbrica della nostra moneta con quelle del Lazio e della Campania. La storia de Vestini ci riesce assai oscura per mancanza di storici di quei tempi rimoti. Noi abbiam fatto osservare la stessa mancanza nella storia de Marrucini de Peligni de Marsi e di altri popoli vicini. Se essi non avessero avuto delle contese co’  Romani oggi nulla sapremmo de loro fatti illustri. L’unione de’ Vestini coi Sanniti nell’anno di Roma  450 che atterrì il popolo ed il senato romano e che trasse sopra di essi tutti gli effetti di uno sdegno consumato è la prima conosciuta epoca della loro storia. Già da un anno avanti se n’era sparsa la nuova a Roma, ma nel seguente, essendo creati consoli L. Furio Camillo e Giunio Bruto niun’ altra cosa si stimò più urgente di riferirsi in senato quanto questa coalizzazione de’ Vestini.  L intima sensazione,  che produsse a Roma,  trattenne lo storico Livio a spiegarne da politico la ragione: nulla prior potiorque visa est de qua ad Senatum referrent  et quamquam nova reserattamen tanta cura patres incessit ut pariter  eam  susceptam neglectamque timerent:  ne aut impunitas eorum lascivia superbiaque aut bello poenae expetitae metu propinquo atque ira concirent finitimos populos. Quindi in senato si dichiarò l’importanza della guerra perchè mossa da popoli federati e potenti : et erat genus omne abunde bello Samnitibus par Marsi Pelignique et Marrucini a quali se si fossero aggiunti i Vestini si sarebbero avute per nemiche le federazioni sanni tiche:  ques si Vestinus attingeretur habendos hostes.  Dopo molto dibattimento il popolo per autorità del senato ordinò la guerra contro i Vestini: bellum ex patrum populus adversus Vestinos jussit . Divise le provincie ai consoli,  la Vestina toccò a Bruto.  Appena vi diresse l’esercito dovette azzuffarsi in varie riprese e con vario evento ma poi col devastare le campagne e col diroccare e bruciare i tetti ed i seminati li costrinse a venire in aperto campo dove con un solo attacco si decise della sorte de’ Vestini quantunque con molta perdita de Romani. Il console inseguì dappertutto e loro non bastò di essersi ritirati negli accampamenti e nel vallo e ne’ fossi. Finalmente i Vestini presero asilo nelle loro munite fortezze cioè Cutina ed a Cingilia dove dal console furono assaliti non ostante una pioggia immensa di dardi che cadeva dalle mura: ma coll’aiuto delle scale se ne rese padrone e per dare un compenso a soldati che molto avean sofferto nell’ attacco loro distribuì la ricca preda che vi fu trovata.  Fin qui Livio.  Restarono i Vestini assai turbati dopo così infausto avvenimento  senzachè da’ Sanniti,  a favor de quali aveano prese le armi ricevuto avessero alcun soccorso. Pensarono adunque di tornare all’ amicizia de Romani che nell’ anno di Roma 451 felicemente si ottenne. Così lo stesso autore: eodem anno Romae cum Vestitila pelentibus amicitiam ictum est foedus.  Noi non troviamo alcun autore il quale ci narri che questi popoli avessero mai mancato a questa fedeltà giurata a Romani.  Sarà ciò derivato non solo per effetto del  loro carattere quanto ancora per la piccolezza delle loro forze e per la ristrettezza del loro territorio che non somministrava grandi mezzi per effettuire una rivolta.  Ci racconta anzi Polibio  che nell’ imminente venuta di Annibale i  Vestini co’ confinanti popoli Marrucini,  Frentani e Marsi  per mostrare il loro attaccamento alla repubblica offerirono nelle tavole militari un soccorso di 24 mila pedoni e di quattro mila a cavallo. Questo numero è ben grande alla ristrettezza del territorio occupato da queste quattro nazioni che oggi forma appena Apruzzi. Da questo punto d’ istoria architettò Silio Italico il suo poema sulla guerra punica. Parlando de’ Vestini e de’ confinanti popoli già nominati da Polibio,  li fe a comparire nel campo adorni di tutte quelle prerogative proprie del loro paese cioè come assuefatti alla caccia delle fiere e specialmente degli orsi di cui eran pieni i loro boschi colle cui pelli ricoprivano i loro petti armati di sparo o di un leggiero ricurvo dardo e muniti di fionda colla quale aveano l’abilità di colpire finanche gli uccelli che per l’ aria. Restarono in questo stato sino alla famosa guerra sociale allorché al dire di Appiano a scoppiata la congiura tutti i popoli presero l’ armi per difendere i loro diritti nativi tra quali si numerarono i Vestini,  i Marsi,  i Peligni ed i Marrucini: aperta defectione omnes finitimi arma corripiunt Marsi Peligni Vestini Marrucini.  In questo rincontro si narra da Valerio Massimo la bella e nobile azione del giovine Pultone Vestino nativo di Penne colla quale rese celebre il suo nome. Era egli capo del presidio che custodiva la sua patria assediata da Romani e trovossi nel duro passo o di permettere l’ entrata a nemici che se ne volevano impadronire o di vedere il suo padre già fatto prigioniere in preda de soldati massacrato alla sua presenza.  Che fece il giovine Pultone in questa infelice e difficile situazione?  Egli pieno di valore di animo e di forze avventandosi contro a’ nemici strappò dalle loro mani il vecchio suo genitore nel mentre,  che non permettendo ad essi   l’ entrata, non tradì, ma salvò la sua patria. Il passo di Valerio è degno di riportarsi: Eadem charitas Italico bello Pinnensem juvenem cui Pultoni erat cognomen tanto animi corporisque robore armavit ut cum obsessae urbis suae claustris praesiderei et romanus imperator patrem ej us captivum in conspectu ipsius constitutum districtis militum gladiis circumdedisset occisurum se minitans nisi irruptioni suae iter praebuisset solus e manibus senem rapuerit duplici pietate memorandus quod et patris servator nec patriae fuerit proditor.

cifone


 



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