SAN LORENZO DI BEFFI, IL BORGO E' SEMPRE FERMO MA A 5 ANNI DAL SISMA C'E' CHI DA' UNA SISTEMATA

- di Francesco Di Giandomenico - ( nella foto La piazza del paese a cinque anni dal sisma)

Sicuramente il 6 Aprile 2009, quella del terremoto, per L’Aquila e dintorni, è stata ed è tuttora una data da dimenticare, una data di morte fisica, spirituale e chi più ne ha più ne metta!

A San Lorenzo di Beffi (Acciano) il 6 Aprile non è stata una data di morte: strano! - direte voi.

Io dico piuttosto che questa data per San Lorenzo è stata una data di nascita, la data di nascita dell’indifferenza più assoluta e sporca.

Indifferenza tutta umana, dove per umano intendo una diabolica disumanità che si mischia con egoismo, dispetti e con la voglia di vedere distrutte le proprie origini. Un’indifferenza che viene principalmente da gran parte dei pochissimi abitanti del posto e non.

Oramai sono cinque anni che cammino, forse  inutilmente e con la stanchezza di un vecchio decrepito, tra i vicoletti bui di San Lorenzo.

Vado alla ricerca disperata di una luce che purtroppo è svanita allora e continua a nascondersi tra le case diroccate, le case della mia infanzia, dove giocato e a parlato con i saggi del posto, in maggior parte anziani.

Da loro ho appreso l’arte del ricordare le tradizioni di questo magnifico paesino della Valle Subequana, da loro ho appreso l’amore e il rispetto per le feste di paese, per San Lorenzo, per Sant’Antonio, per la Madonna, statue di santi ora rinchiuse in un dimenticatoio a prendere solo polvere e rabbia, insieme a me e forse insieme a qualcun altro che si indigna con me.

Sempre da loro, gli anziani, ho appreso la voglia di mischiarmi nelle faccende contadine, fatte di terra e di sudore, a ricordare da dove veniamo tutti noi, nessuno escluso.

Ora tutto questo non c’è più, a San Lorenzo.

Ci si saluta appena con le persone che si incontrano e ognuno cerca a suo modo una strada per lasciare perdere tutto o per ricominciare tutto da capo.

Ma sembra dominare la prima strada. E la colpa sembra essere di tutti quelli che abitano lì in qualche modo.

Vedere una chiesa Parrocchiale distrutta dal sisma e dall’indifferenza delle istituzioni, non poter più sentire le campane che suonano a festa il 10 Agosto e non poter vedere più tuo nonno che le suona con una contentezza infantile, non poter assaporare più quei momenti di vera festa, distrugge quei pochi ricordi rimasti nel cuore e ti abbatte definitivamente.

Vedere una piazza di un paese così piccolo ridotta come la foresta amazzonica, dove una volta giocavi con i tuoi amici più stretti e correvi spensierato senza sapere cosa poi sarebbe accaduto, ti fa arrabbiare e ti fa venire la voglia di distruggere quel poco che è rimasto.

Camminando però in una giornata di sole con il mio cagnolino, mi sono accorto che un po’ di erba era stata tagliata, non so come e non so da chi.

Non riuscivo a capire se ero allucinato o se quello che vedevo era realtà.

Le sembianze di quella piazza erano come quelle di una foresta, ma un minimo di erba era stata tagliata: non credevo ai miei occhi!

Mi domandavo chi fosse quel pazzo che aveva oltrepassato la famosa zona rossa, rischiando di essere denunciato, per tagliare due fili d’erba in una piazza (che oramai di ‘piazza’ ha ben poco!) di un paesino sperduto.

E poi, per quale motivo quel pazzo ha fatto quel gesto che neanche io, legatissimo come sono al mio paesino, sono riuscito a fare in tutto questo tempo?

Allora mi sono reso conto che la speranza non muore mai.

Perché anche una minima fatica può far rinascere un qualcosa di così disastrato.

Questo per me è stato un segnale di speranza, di distruzione dell’indifferenza: dopo aver visto quel quadretto così disastrato ma contemporaneamente ben architettato, per me il 6 Aprile non è esistito più. Solo per qualche momento.

Poi sono tornato nella realtà, che è quella che è, e mi sono reso conto che, nonostante l’indifferenza, la pazzia a volte può fare miracoli e smuovere le coscienze di tutti quelli che ancora riescono a percepire che un minimo di cambiamento può avvenire solo se lo vogliamo.

Voglio ringraziare quel pazzo che ha avuto cuore e soprattutto coraggio, voglio abbracciarlo per dirgli che io sono con lui e che insieme a lui e a tanti altri pazzi di questo mondo possiamo fare tanta strada per ricostruire un paesino oramai e momentaneamente morto, nonostante qualche gru che comincia a muoversi.

Certo, a qualcuno potrebbe non interessare questa notizia.

Io però vorrei indirizzarla alle autorità comunali, a quelle ecclesiastiche e a tutti quelli che hanno un minimo di buona volontà: se io avessi visto quel pazzo oltrepassare la zona rossa, da buon cittadino italiano avrei dovuto denunciare il fatto e far penalizzare, con la mia testimonianza visiva, la vita di quel pazzo.

Ma da buon amico di quel pazzo che non ho visto fare questa bellissima azione di resistenza, apparentemente passiva, io approvo quello che ha fatto con tutto me stesso, anche se, così facendo, so di trasgredire qualche regola straordinaria.

Dico queste cose solamente per ricordare a tutti che, con un minimo di fantasia e un pizzico di pazzia, si può avere un futuro sicuramente migliore.
Magari cominciassimo ad essere un po’ pazzi in questo modo così curioso.

Forse, dopo cinque anni, cambierebbe qualcosa anche a San Lorenzo!


 



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