Sospetta il tradimento e picchia il “rivale” in amore

Picchia il presunto amante della moglie, della quale l’altro era collega di lavoro, ma poi scopre che i suoi sospetti non poggiavano su solide basi: le botte sono state reali ma il rapporto fedifrago era soltanto nelle fantasie dell’imputato. All’accusato, comunque, i giudici di Corte d’Appello hanno ridotto, sia pure di poco, la pena, visto che in primo grado gli erano stati inflitti sei mesi di reclusione mentre in secondo grado la condanna è stata di quattro mesi con i benefìci di legge. L’imputato, di 37 anni, residente a Scoppito, ma nato all’Aquila, ha agito contro il suo falso rivale accecato dall’ira. Si tratta, comunque, di fatti avvenuti nel 2008. Gli episodi sono tre. Nel primo si contestava il fatto che l’uomo, in sella a una moto, avrebbe accostato una Opel Corsa condotta dal «rivale» facendo impennate e colpendo il mezzo con calci e pugni in modo da provocare la rottura di un fascione del parafango anteriore costringendo la «vittima» ad accostare la macchina. Nella stessa occasione l’imputato ha minacciato un male ingiusto con più telefonate alla parte civile pronunciando frasi di questo tenore: «Ti impicco, ti gonfio, ti meno, ti ammazzo». Tre giorni dopo, però, c’è stato un pestaggio in piena regola. Infatti all’imputato, persona già nota in questura, è stato contestato di aver fatto cadere dal motorino l’uomo, parte civile, colpendolo poi con pugni e calci provocando lesioni personali che hanno comportato l’impossibilità di lavorare per poco meno di due mesi. Per cui si sono concretizzate le accuse di lesioni, tentata violenza privata e minacce continuate. La pena, dunque, è stata ridotta ma è stata confermata la condanna alle spese. Nel corso del procedimento penale la parte civile è stata assistita dall’avvocato Guglielmo Santella mentre l’imputato è stato difeso dall’avvocato Roberto Tinari, il quale ricorrerà per Cassazione.


 



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