Violentata e messa incinta al "Terminal di Collemaggio"

Pensava che quei tre ragazzi di etnia macedone, amici della sua migliore amica, fossero ragazzi tranquilli. Ma per Maria (nome di fantasia perché all’epoca dei fatti minorenne), studentessa aquilana di 16 anni, frequentatrice di una scuola privata, quella conoscenza è costata caro: una violenza sessuale fuori il terminal di Collemaggio e una gravidanza, interrotta all’ospedale di Teramo. Ora per quel fatto il pm del Tribunale dei minori, Antonio Altobelli, a seguito delle indagini dei carabinieri del Reparto operativo, Nucleo informativo diretto dal capitano Roberto Ragucci, e della sezione di polizia giudiziaria della Polizia di Stato della Procura minorile, diretta da Raffaela Cattivera, ha rinviato a giudizio i tre minori. L’inquietante vicenda, nata da fonti confidenziali dei carabinieri che parlavano di ragazze importunate al terminal di Collemaggio, all’interno del parco del Sole e al centro commerciale L’Aquilone, da una banda di ragazzi stranieri, culminate talvolta in violenze sessuali, è raccontata dalla stessa vittima negli uffici degli investigatori. «Più volte Fathmir (nome di fantasia) mi aveva fatto la proposta di avere con lui rapporti sessuali, ma io ho sempre risposto in maniera negativa. Un giorno ero al terminal di Collemaggio e sono stata raggiunta da lui che era in compagnia di altri due amici, anche loro macedoni. Lui ha chiesto con forza di avere un rapporto sessuale con me, ho chiesto aiuto ai suoi amici, nessuno mi ha aiutata. Lui mi ha portato dietro un container e ha avuto un rapporto sessuale con me abbassandomi i pantaloni e facendolo di schiena. Sono riuscita dopo poco a fuggire, chiedendo aiuto alla mia amica Luisa (nome di fantasia, giovane aquilana) e siamo state accompagnate da altri due ragazzi a casa». «Ricordo che avevano i lividi al braccio – prosegue lo sconcertante racconto della minore –. La settimana successiva ho incontrato Fathmir con fare aggressivo e mi ha detto che aveva raggiunto l’orgasmo dentro di me. Poco dopo tempo non avendo il ciclo, quando ho iniziato ad avere le nausee ho sospettato di essere rimasta incinta. Mia madre mi ha accompagnato dalla ginecologa e lì si è accorta che ero incinta. Le ho spiegato tutto quello che era accaduto. All’inizio non ho voluto denunciare il fatto perché non voglio far sapere non tanto che mi ha fatto del male quanto che sono stata costretta a dover perdere il bambino. I miei genitori mi sono stati vicini e ora sono seguita da una psicologa. Fathmir incontrando la mia amica le ha detto che se mi avesse incontrata mi avrebbe picchiata». Gli investigatori hanno in mano sia le testimonianze di chi era presente in quel momento alla violenza ma anche i silenzi del terzetto macedone

 



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