Anche “Grotta a Male” di Assergi nei percorsi turistico-culturali dell’Abruzzo

La storia delle ricerche archeologiche nelle cavità abruzzesi vede, probabilmente, il suo inizio “ufficiale”, alla fine dell’ottocento, con le esplorazioni di Concezio Rosa nelle grotte presenti nella vallata del Salinello nel teramano. Negli anni trenta del novecento Ugo Rellini, titolare della cattedra di Paletnologia dell’Università di Roma, effettua le prime ricerche nella Grotta a Male di Assergi.
Silvano Agostini e Vincenzo D'ercole  sono stati i relatori di un convegno che si è svolto il 26 Marzo al Palazzetto dei Nobili dal titolo: "l'archeologia nelle grotte d'Abruzzo", due interventi davvero molto interessanti che hanno portato a conoscenza di tutti una realtà del nostro territorio abruzzese poco conosciuta, quella relativa all'archeologia e di conseguenza ad un bel pezzo di Storia.
Fino al 31 marzo al piano inferiore del Palazzetto dei Nobili, sarà presente una mostra speleologica fotografica a cura del Ggfaq F. De Marchi,Gruppo Speleologico Aquilano e del museo di speleologia Vincenzo Rivera. Va sottolineato che ci sono tante foto scattate nella “Grotta a Male” di Assergi (ne pubblichiamo qualcuna).
La grotta si sviluppa per 470 metri e fu esplorata per la prima volta nel 1573 da Francesco De Marchi, che la descrisse nel suo "Trattato di architettura militare", insieme alla narrazione della sua scalata alla vetta più alta dell'Appennino. A partire dagli anni '30 sono state effettuate campagne di scavo che hanno portato alla luce stratigrafie complesse riferibili al Neolitico, all'Eneolitico ed all'Età del Bronzo. Gli scavi condotti nel biennio 1995-1996 hanno consentito di individuare luoghi di sepoltura risalenti al 2500. La grotta è stata anche usata come luogo di culto per cerimonie sacre, come spesso accadeva per le divinità rupestri che venivano venerate all'interno delle grotte o in prossimità di sorgenti ritenute sacre. La collocazione dei reperti portati alla luce rappresenta una conferma di questo ulteriore modo di utilizzo. E' possibile affermare che la grotta era usata anche per la lavorazione dei metalli: ci sono scarti di fornace e forme di fusione di asce a margini rialzati, molto rari in Abruzzo. Dentro la grotta dunque c'era una vera e propria fornace che permetteva la fusione dei metalli usati per realizzare armi da difesa, indispensabili per la sopravvivenza. Oggi la cavità è munita di illuminazione elettrica che permette di ammirare le bellissime stalattiti e stalagmiti grazie ad un percorso di visita attrezzato. Molto suggestiva è la sala dell'organo così denominata per l'ammaliante suono prodotto dalla percussione delle stalattiti. Due sono i laghetti che si possono ammirare all'interno della cavità. Alla base della parete rocciosa sottostante si apre un'altra grotta: la Grotta di Santa Maria, con i resti di una cappella.
Agli inizi della seconda guerra mondiale Giovanni Annibaldi, il primo Soprintendente all’archeologia dell’Abruzzo e del Molise, conduce degli scavi nella Grotta del Colle di Rapino. Nel dopoguerra, tra gli anni ‘50 e ’70, è l’Università di Pisa che lega il suo nome a questo tipo di ricerche (concentrato soprattutto nel Fucino ma anche a Bolognano e a Civitella del Tronto) con le indagini di Antonio Radmilli, Giuliano Cremonesi, Carlo Tozzi, Renata Grifoni. A partire dagli anni ottanta del secolo scorso la Soprintendenza Archeologia Abruzzo (come oggi si chiama) riprende in mano questo filone di studi vista la presenza, nel proprio organico, di specialisti in archeologia preistorica, geologi, paleontologi, antropologi, botanici, zooarcheologi. Vengono così effettuati scavi nella grotta Beatrice Cenci di Cappadocia, nella grotta A Male di Assergi, nella grotta del Colle di Rapino, nel riparo di Monte La Difesa a Tagliacozzo, nella grotta dei Cervi a Pietrasecca e degli Orsi volanti ancora a Rapino.
L’incontro del 26 Marzo ha messo in evidenza le diverse valenze che le grotte hanno rivestito nel corso della storia abruzzese. Da rifugio, temporaneo, dei cacciatori seminomadi dell’età della pietra a stazioni di sosta lungo i percorsi della transumanza verticale dell’età del Bronzo a luoghi di sepoltura e di culto tra la protostoria e l’età romana. Nel corso della tavola rotonda sono stati affrontati, oltre ad approfondimenti di carattere archeologico, le possibilità di inserimento, corretto e consapevole, di questi particolari contenitori sotterranei (veri e propri scrigni di conoscenze storiche e ambientali) nei percorsi turistico-culturali dell’Abruzzo.


 



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