Referendum sul Parco: il comitato "Save Gran Sasso" va avanti

 Non si ferma il comitato #Save Gran Sasso, che sta raccogliendo adesioni per proporre un referendum sulla rimodulazione dei confini del Parco Gran Sasso-Laga e per limitare i Sic, i siti di interesse comunitario, che gravano sull’area dei comprensori sciistici. Un’iniziativa nata dopo l’ennesimo stop arrivato al progetto di sostituzione della seggiovia delle Fontari. La risposta all’appello lanciato dal sindaco Massimo Cialente, che ha invocato l’unità per difendere la montagna aquilana, «ma senza referendum», è perentoria: «Noi andiamo avanti», dicono i sostenitori della consultazione popolare. E immediata è anche la replica di Cialente: «Possiamo fare mille referendum, ma non otterremmo niente». Insomma, il dibattito sul futuro del Gran Sasso scalda gli ultimi scampoli d’estate, in attesa di sapere se e quando potrà partire la nuova stagione invernale. «Noi andiamo avanti per la strada del referendum», afferma Fausto Tatone del comitato #Save Gran Sasso, «sempre più forti dell’appoggio di tutti i montanari, degli amanti dello sport e della natura, degli agricoltori e degli allevatori, degli operatori turistici e della città. Il nostro referendum non è per uscire dal Parco, ma per rimettere al centro del sistema le popolazioni, prese in giro da 20 anni. Dietro di noi non c’è la “politica”, ma solo un territorio, senza né colori, né santi. Solo passione, dedizione, volontariato e tanta voglia di fare». Si dice «molto deluso», il coordinatore del comitato Luigi Faccia: «Caro sindaco, lei mistifica la realtà. La battaglia per unire un territorio contro i santoni dell’ambiente non si fa con la politica, ma vivendo insieme al territorio. Lei ha perso l’ennesima occasione per schierarsi con chi vuole bene al Gran Sasso e non lo vuole vedere in queste condizioni. Non si dimostra “amore” alla moglie promettendo il mondo e facendo regali costosi, ma condividendone le difficoltà, cercando di superarle con onestà e capacità. Non le permetteremo», conclude Faccia, «di portare la discussione sul campo politico. Sono molto deluso delle sue reazioni a una presunta lesa maestà». Risponde il sindaco: «Caro Luigi, io non mistifico, ma se permetti uso il buon senso e formulo precisi giudizi politici. Posto che devi riconoscermi che per la prima volta, dopo 80 anni, questa è la prima amministrazione che investe seriamente, e su un progetto politico di sviluppo credibile e documentato, ti dico che possiamo fare anche mille referendum, ma non otterremmo niente. Anzi, daremmo ancora più libertà di manovra ai veri nemici del Gran Sasso e del suo sviluppo. Dobbiamo invece premere sulla Regione e, se necessario, rivolgerci anche alle diverse sedi della giustizia. Io non vedo buona fede in alcuni esponenti del Parco. Ripeto il mio giudizio politico. Se si fosse trattato della sola sostituzione delle Fontari non avremmo avuto problemi. Al contrario, è un attacco all’intero progetto. Non capire questo vuol dire sbagliare completamente diagnosi e quindi la soluzione terapeutica. La senatrice Blundo ha presentato un esposto. Ebbene, ora tocca a noi capire cosa è successo nel Parco, ma tutto: spese, scelte, consulenze. Non vorrei che alcuni elementi dell’ente ci ritengano specie indigena, incapace di ragionare e autodeterminarsi, e con l’anello al naso. Lobby potente, ma noi non siamo sprovveduti».

- da Il Centro -


 



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