OPERAI IN BILICO...LA GUERRA DEI SIC SUL GRAN SASSO...

- da AbruzzoWeb - Ambientalisti contro referendari. O, volendo estremizzare i termini, “sultani della mummificazione delle montagne” contro gli “anacronistici talebani dello turismo dello sci”.

Due schieramenti si scontrano intorno al presente e al futuro del Gran Sasso, e il campo di battaglia si chiama Sic, acronimo che sta per sito di interesse comunitario, codice IT7110202, uno dei 14 del Parco nazionale Gran Sasso-Monti della Laga, esteso quasi 34 mila ettari dal lago di Campotosto a Castel del Monte, ricomprendendo in pieno gli impianti sciistici e le aree di Montecristo e Fossa di Paganica.

Un’area dove deve prevalere la difesa integrale della sua biodiversità vegetale e animale, definita dalla direttiva comunitaria 43 del 1992, conosciuta come direttiva Habitat.

E che, questo il problema e l'oggetto del contendere, impedisce di realizzare nuovi impianti di risalita, e altre infrastrutture per rinnovare e rilanciare l'agonizzante stazione sciistica di Campo Imperatore, come previsto dal Piano d’area già finanziato con 40 milioni di euro. E destinato a essere bocciato proprio perchè prevede interventi non compatibili con un Sic.

Il comitato referendario, capitanato dall’ex consigliere comunale e maestro di sci Luigi Faccia, reputando questo vincolo assurdo in un'area già antropizzata nonché calato dall’alto, vorrebbe modificare o rivederne i confini con una pubblica consultazione.

Sic che, invece, viene difeso da un variegato fronte ambientalista, Wwf, Lipu, Touring Club, Mountain Wilderness Abruzzo, Salviamo l'Orso e Pro Natura Abruzzo, in quanto viene giudicato un valore in sé, un baluardo contro modelli di sviluppo distruttivi, e un attrattore di un turismo durevole e sostenibile.

La biodiversità che nel sic Gran Sasso viene tutelata è rappresentata da una ventina di uccelli rari, alcuni in via di estinzione, dal codirossone e lo stiaccino, al sordone e al passero solitario, passando per il picchio muraiolo e il fringuello alpino. Quest’ultimo salito alla ribalta delle cronache perché più volte citato con non poca ironia dal fronte referendario.

Le specie vegetali rare sono in questo sic invece l'Adonis distorta, un giallo ranuncolo originario dell’Asia, l’Androsace mathildae, una primula bianca che cresce a cespuglio e la Buxbaumia viridis, un muschio dal brillante colore giallo-verde. Tutte e tre tutelate dalla direttiva habitat che recepisce la Convenzione di Berna. Il Sic è infine frequentato dal lupo e dal camoscio.
GLI AMBIENTALISTI

“IL SIC È IL NOSTRO FUTURO”

“Le montagne sono una zona di rifugio per molte specie, sono la nostra banca della biodiversità da tutelare per le generazioni future. Esse ospitano un processo di speciazione, rimanendo isolate creano nuove specie”.

A replicare ad AbruzzoWeb dall'altro versante è Aurelio Manzi, botanico, ex componente del Comitato scientifico del Parco nazionale Gran Sasso-Monti della Laga, secondo cui il famigerato Sic non è dunque un fattore che frena lo sviluppo, ma apre anzi nuove prospettive.

“L’adonis distorta si trova solo sul Gran Sasso e qualche esemplare nella Majella così come l' Androsace mathildae - spiega - Ma in molti non si rendono conto dell’importanza di queste specie endemiche, di questi nostri tesori che andrebbero invece fatti meglio conoscere”.

Di contro, a suo dire, il turismo della neve è un business che non porta da nessuna parte.

"Il clima sta cambiando - assicura Manzi - come avviene in tanti altri stazioni sciistiche, costerà troppo innevare artificialmente le piste, sono oramai imprese a perdere. Basta osservare il ghiacciaio Calderone, che anno dopo anno sta scomparendo. Sarebbe più saggio, dunque, investire risorse economiche ingenti, non sull’impiantistica dello sci, ma per esempio sulla zootecnia, sulla pastorizia e sulle produzioni primarie, a cominciare ai prodotti caseari”.

Gli ambientalisti citano, poi, la lista delle partecipate pubbliche indebitate stilata dall'ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli, tra cui oltre 60 aziende di gestione di impianti di risalita.

E le analisi di Giorgio Daidola, docente di Economia e gestione delle imprese turistiche all’università degli Studi di Trento, secondo il quale "il turismo invernale non ha più alcuno sbocco, non ha futuro. In seguito alla diminuzione dei flussi, e l'aumento dell'età media degli sciatori, segno che i giovani non sono attratti. In Val di Fassa e a Madonna di Campiglio, che sono il cuore del Trentino - prosegue ancora - il tasso di occupazione delle camere durante l’anno ormai è del 30-35 per cento e buona parte degli alberghi è in perdita”. E pertanto "è follia pura costruire impianti nuovi”.

Sulla stessa linea Luciano Di Tizio, presidente regionale del Wwf.

“Dai dati Unioncamere - assicura Di Tizio - le uniche zone d’Italia dove il Pil è in aumento sono i Parchi nazionali, e non grazie al turismo della neve, ma della natura, quello che ama luoghi integri, e selvaggi. Un turismo e anche qui parlano i numeri in forte aumento, basterebbe solo crederci e attrezzarsi meglio”.

Venendo poi al Sic Gran Sasso, per Di Tizio non vale uno degli argomenti dei referendari secondo cui non è stato corretto inserirci un territorio già antropizzato e che aveva un attività sciistica avviata sin dai tempi di Benito Mussolini.

“È un ragionamento che non regge, è come dire che se ho costruito una villa abusiva sulla valle dei templi, bisogna abbattere le emergenze archeologiche con essa incompatibili”, fa notare.

Come è da respingere al mittente l'argomento secondo il quale tanto la flora protetta dal Sic Gran Sasso si trova anche in tante altre aree italiane, e non è poi questa assoluta rarità.

"È come dire - commenta ironicamente Di Tizio - che siccome in Italia ci sono altri castelli molto simili al Forte spagnolo dell'Aquila, è lecito pensare anche di buttarlo giù".

Non è poi pensabile, come suggerisce il quesito referendario, creare dei "buchi", dei "salti" nell’area Sic, lì dove devono essere realizzati gli impianti.

“Gli endemismi - spiega Di Tizio - si trovano anche nella Fossa di Paganica e a Monte Cristo. Il Sic è un habitat che va visto nel suo insieme e nella sua integrità, e nella sua continuità, non può essere concepito a comparto stagno, e può essere modificato solo dopo una seria e rigorosa valutazione scientifica. Bisogna dimostrare che non si incide negativamente sull’habitat”.

E infine Di Tizio ricorda che “grazie alla presenza di queste aree protette speciali, dall’Europa sono arrivati negli anni ingenti finanziamenti, è stato possibile portare lavoro e opportunità anche per tanti giovani delle aree interne. Ora non si può dire all'Europa che il Sic non lo vogliamo più, sarebbe troppo comodo”.

Anche perché, ricorda il presidente Wwf, saranno inevitabili pesanti multe.

“Nel sic della Foce del Sangro è stato costruito il porto turistico di Fossacesia, e l’Italia ha sta questo pagando pesanti sanzioni - sostiene - Sul Gran Sasso bisogna capire che certe attività, certi interventi non sono compatibili con la straordinaria e biodiversità e fragile bellezza che abbiamo il compito di lasciare in eredità alle generazioni future”.

L'errore insomma per gli ambietalisti è stato fatto "dalla politica miope che ha insistito in modelli di sviluppo impattante come quello del Piano d'Area, prevedendo anche investimenti milionari, in territori protetti da norme comunitarie. La colpa però non è dei vincoli, ma di chi conoscendo perfettamente l'esistenza dei vincoli, ha insistito con progetti irrealizzabili".
I REFERENDARI

‘’IL SIC DESERTIFICA LA MONTAGNA”

“Le grandi montagne hanno il valore degli uomini che le salgono, altrimenti non sarebbero altro che un cumulo di sassi”.

Cita Walter Bonatti, grande alpinista, Fausto Tatone, maestro di sci e operatore turistico, uno dei promotori del referendum, che nel Sic Gran Sasso vede più che altro un’imposizione dall'alto che alla fine comporterà la scomparsa dell’attività umana, che invece deve essere a pieno titolo ricompresa, nella sua visione, nell'habitat delle montagne, al pari del fringuello alpino e dell'adonis distorta.

“I siti di interesse comunitario - premette Tatone - hanno l’obiettivo di individuare delle aree con particolari specie di habitat (flora) e con scarsa presenza delle attività umane (rurali e turistiche) con lo scopo di conservare le specie a rischio con il conseguente allontanamento dell’uomo” premette Tatone che a questo punto si chiede "come sia stato possibile, con quale criterio sono stati inseriti nel Sic Gran Sasso, senza interpellare nessuno, solo in base alle ricerche botaniche aree dove già c’erano alberghi, strade trafficate una funivia, impianti da sci e centri abitati?”.

Da qui un sospetto tremendo.

“Inizialmente tra il 1995 e 1998 il sic Gran Sasso non era unico, ma composto da una quindicina di aree delimitate. Poi nel 2004 è stato tutto accorpato in unico Sic, ricomprendendo anche le aree che noi vogliamo adesso escludere, e mi chiedo: perché sono state aggiunte aree che prima erano state escluse? Perché gli scienziati e biologi non si erano accorti che anche in quelle zone c’erano gli endemismi rari che prima non avevano visto? Oppure c’è dell’altro? C’è stato un disegno volto a impedire lo sviluppo turistico del Gran Sasso e la realizzazione del Piano d’area di cui, guarda caso proprio nel 2003 si cominciava a parlare”.

Un teorema che sembra dal punto di vista dei referendari trovare conferma nell’evoluzione dei Sic, previsti dalla direttiva habitat, in Zone speciali di conservazioni (Zsc), di tutela integrale, e con vincoli e limiti all'attività antropica ancora più stringenti.

“Il processo si chiama 'rewilding' - insinua Tatone - riportare cioè allo stato selvaggio intere aree montane, questo secondo me l’obiettivo nascosto delle politiche di tutela integrale dei Sic. Se passa questa logica, tanto vale farci confinare sulla costa, e in recinti chiamati aree metropolitane, perchè per l'uomo non sarà più possibile vivere nelle montagne, creare economie locali. E a Campo Imperatore tanto vale buttare giù funivia, impianti e alberghi, spopolando le zone interne e metterle a disposizioni della natura selvaggia. Il tutto per la felicità di alcuni professori con lo stipendio garantito”.

Ciò che fa poi arrabbiare Tatone è che il Sic Gran Sasso rappresenta un'eccezione. Dalle cartine colorate esibite infatti da Faccia durante la conferenza stampa di presentazione dei quesiti referendari, il sic Monte Sirente e Monte Velino, senza andare troppo lontano, abbraccia solo le aree montane e selvagge del Parco regionale Sirente Velino, ma fa salve le aree antropizzate, e dove ci sono gli impianti sciistici di Campo Felice e Ovindoli. Idem per il sic Majella, che non comprende Campo di Giove e gli impianti di Passo lanciano, Le Piane, e Majelletta.

Come il Sic nel Parco nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise fa salve le aree turistiche e sciistiche di Monte Pratello, Pizzalto e Aremogna.

Per andare più lontano in uno dei templi del turismo montano, e mondano, a Cortina, in Veneto, anche qui le aree antropizzate e dalla valenza economica e turistica sono tutte escluse dai Sic.

Tatone ricorda infine che con il referendum si vogliono cancellare solo 1.200 ettari del Sic Gran Sasso, che di ettari ne ha 34.000 ed è, dunque, oltremodo improprio parlare di "cementificazione nel cuore del Gran Sasso".

“Non credo che con questo piccolo ridimesionamento - afferma Tatone - si mettano a rischio uccelli e piante protette, si crei disturbo al lupo e al camoscio. Anzi, si potrebbero finalmente rimuovere i sette impianti con 140 piloni abbandonati e arrugginiti che esposti alle intemperie producono inquinanti, sostituendoli con due soli impianti di risalita. L’antropizzazione insomma diminuirebbe".

"Inoltre voglio ricordare che è solo grazie agli investimenti del Piano d’area che può reggere economicamente la funivia, e senza di essa non sarebbe possibile neanche il turismo naturalistico ed estivo, non solo quello invernale dello sci. Il che significa che su a Campo Imperatore ci si salirà solo con l’automobile, producendo cioè molto più inquinamento", scrive ancora.

Infine l'ultima stoccata:  "Wwf, e altre associazioni ambientaliste fanno bene  dire che andrebbe valorizzato e promosso il turismo naturalistico, delle escursioni e dell'osservazione della flora e della fauna. Mi chiedo però cosa hanno fatto loro in tutti questi anni, visto che da una recente ricerca, l'80 per cento dei cittadini europei un Sic non sanno nemmeno cosa sia".




 



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